16 agosto 2023
Ma tutte queste cose, al giovane Takashi, non interessano. Mica ci crede, lui. Lui è un'uomo di scienza, vuole fare il medico, non crede a certe cose. Eppure, da quando si trasferisce nella casa dei Moriyama, subito qualcosa lo colpisce. Continua a provare una sensazione simile a quella che lo portò, quel giorno, a fermarsi e bussare. È colpito e attratto dalla bellezza. La bellezza del pudore, dei gesti, della modestia, del modo in cui le persone stanno insieme, parlano, mangiano, vivono, pregano. Ma anche la bellezza della storia dei loro antenati.
La chiesa, anzi la Cattedrale, costruita nel 1925, è a pochi passi dalla casa dei Moriyama. Takashi non ci va. Lui è Nagai Takashi, di casta samurai e, a certe cose, non ci crede. Però crede nell'importanza di farsi domande. Perché i Moriyama vanno in chiesa? Cosa ci troveranno mai? Non possiamo sapere quale fosse il livello di preparazione dottrinale di quelle persone, né di cosa e come parlassero con il nostro studente di medicina durante le tante conversazioni, ma sappiamo che, in segreto, pregavano per la conversione del giovane. È l'inverno del 1932, Takashi si è laureato da poco e si specializza in radiologia. Ha occasione di avere tra i suoi pazienti anche un prete appartenente all'Ordine francescano, un missionario polacco... un certo Massimiliano Kolbe, dal quale rimane profondamente colpito.
Si avvicina il Natale, di cui lui non sa praticamente niente. Ormai c'è una bella confidenza con le persone che lo ospitano e che lo invitano ad assistere alla Messa di Natale. Il giovane è riluttante, ma non vuole offenderli, così accetta. In seguito avrà modo di raccontare che, ancora una volta, rimase folgorato dalla bellezza, e dalla sensazione di sentire Qualcuno che gli stava vicino con la confidenza di chi ti conosce bene, ma che lui non conosceva, non ancora almeno.
In quei giorni è presente anche la figlia dei signori Moriyama, Midori Marina, che è maestra e che normalmente vive lontano da casa. Una notte la giovane sta male: appendicite. Nevica. Takashi se la carica sulle spalle e la porta in ospedale. Le condizioni sono più gravi di quanto sembrasse e bisogna operare d'urgenza. Una sera, dopo la degenza, Midori bussa alla porta di Takashi perché lo vuole ringraziare. Gli porge un maglione fatto da lei e si inchina. Ancora una volta la bellezza e la profonda dignità lasciano il segno nell'animo del nostro. Ma il Giappone è in guerra con la Cina e Takashi deve partire per il fronte. Midori gli scrive. Gli spedisce dei regali, tra cui un Catechismo. È sorpreso dalla gentilezza di quella ragazza, che in fondo ha conosciuto davvero poco, ma che si preoccupa per lui.
La guerra, le violenze, la morte... sconquassano lo spirito del ragazzo, incrinano le sue certezze, rendono pressanti tante domande senza risposta. Ma ha ricevuto in dono un Catechismo, e comincia a leggerlo. E comincia a provare vergogna di sé.
Quando torna a Nagasaki, sente subito il bisogno di parlare con Midori. Vuole scusarsi, non sa bene per cosa, ma vuole scusarsi. Lei gli fa capire che non è con lei che deve scusarsi, ma con Qualcun altro, che pazientemente lo aspetta da tanto tempo. Takashi va a cercare il prete che aveva celebrato la Messa di Natale a cui aveva assistito. Dopo pochi giorni chiede il Battesimo. Suo padre è contrario, perché i cattolici non sono visti di buon occhio in Giappone, perché non sarà un bene per la sua carriera... perché loro sono discendenti di samurai e, a certe cose, non ci credono. Ma lui se ne frega. Come nome sceglie "Paolo" ("paulus" significa "piccolo", "di modesta quantità"). Ora si chiama Nagai Takashi Paolo.
L'amicizia con Midori Marina diventa sempre più stretta ed evolve in qualcosa di più, di molto di più.
Nell'agosto del 1934 si sposano. Hanno quattro figli, due dei quali purtroppo muoiono molto piccoli.Durante la guerra sino-giapponese, pur essendo un fervente patriota, si occupa di feriti e moribondi tanto giapponesi quanto cinesi. Il coinvolgimento del Giappone nel secondo conflitto mondiale è per lui un colpo durissimo. Continua a fare il medico senza risparmiarsi, con tutte le sue energie. Impara ad allestire rapidamente campi di soccorso, ad intervenire tempestivamente sotto bombardamenti ancora in corso, addirittura a costruire piccoli bunker per mettere i feriti al riparo dalle bombe. Mentre la guerra devasta il suo Paese, qualcosa devasta il suo corpo: all'inizio del 1945 si autodiagnostica una leucemia mieloide, quasi sicuramente provocata dal suo lavoro come radiologo. Sa che potrà sopravvivere ancora solo pochi anni. Come sempre è sua moglie il suo conforto, è lei che gli ricorda che ogni dolore è già stato messo in conto al momento delle loro reciproche promesse nuziali e che tutto si affronta con l'abbandono alla volontà di Dio.
Tre giorni dopo la terribile esplosione di Hiroshima, il 9 agosto, viene sganciata la seconda atomica su Nagasaki, l'epicentro è vicinissimo alla Cattedrale, proprio nel loro quartiere di Urakami. Takashi Paolo si salva, cavandosela con una lesione all'arteria temporale destra, perché sta lavorando: le strutture perimetrali degli ambienti destinati alla radiologia sono tali da fornire protezione dalle radiazioni, per di più il laboratorio è seminterrato. Chi è fuori viene letteralmente spazzato via da un terrificante vento di fuoco. Per un caso fortuito, i bambini sono fuori città, con la nonna. Midori no. Dopo qualche ora dall'esplosione, Takashi si trascina fuori, malconcio ma vivo, e trova l'orrore, un paesaggio di devastazione e morte. Cammina verso casa e, quando vi arriva, trova poche ossa carbonizzate e un Rosario quasi completamente sciolto. Sono i resti di sua moglie.
Il giorno seguente riuscirà a ricongiungersi ai suoi bambini.
La sua ferita alla testa non riesce a rimarginarsi e, dopo poche settimane, lo danno per spacciato a causa dell'emorragia. Una voce di donna gli dice di chiedere l'intercessione, pregando, di quel francescano che aveva incontrato tanti anni fa... quel Padre Kolbe... Takashi lo fa. L'emorragia si arresta.
Nel mese di ottobre torna a vivere nella casa del quartiere di Urakami, parzialmente ricostruita, ma nel 1948, dopo che l'avanzare della sua leucemia lo ha costretto a letto, decide di passare il tempo che gli rimane in una capanna di poco più di due metri per due. Scrive e prega.
Comincia un via vai di persone, di tutti i tipi, che vogliono vederlo, perché si è sparsa la voce che è un uomo felice, e questo non è accettabile. E ancor meno è accettabile che, da quell'uomo ossuto, malato e morente, sprigioni bellezza, quella stessa bellezza che lo aveva attratto e aveva gettato in lui il seme della conversione, quella bellezza che è l'unica autentica, perché è inseparabile dalla verità. Tra la popolazione iniziano a chiamarlo "il Santo di Urakami", ma il fatto che sia cattolico ad alcuni proprio non va giù, tanto che c'è chi protesta quando, nel 1949, è nominato cittadino onorario della città di Nagasaki. Nello stesso anno riceve la visita dell'Imperatore Hirohito in persona e del Cardinale Norman Thomas Gilroy, emissario di Papa Pio XII, che gli fa dono di un Rosario (inviato per Takashi Paolo dal Pontefice stesso).
Il tempo passa e la sua fama si diffonde sempre più, mentre la sua attività di scrittore non si arresta. La gente dice: «Due sono state le bombe atomiche, ma a Hiroshima si grida, mentre a Nagasaki si prega». E tutti sanno che la differenza l'ha fatta il Dottor Nagai.
Arriviamo alla primavera del 1951. Il primo giorno di maggio Takashi Paolo chiede di essere accompagnato in chiesa. Prega. Muore poco dopo, stringendo tra le mani il Rosario che gli aveva regalato Pio XII. Sulla sua lapide campeggia l'epitaffio che aveva richiesto: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare» (Luca 17,10). Perché lui era Nagai Takashi Paolo, medico, discendente da un'antica famiglia di samurai, che certe cose le aveva capite, e si era convertito, rimanendo un samurai.
« [ ... ] Raccolsi in un secchio di ferro quei resti che mi sembravano ancora caldi. Stringendo forte il secchio fra le braccia, mi diressi verso la tomba. Perché non ero morto io? Perché la provvidenza aveva condannato lei e salvato me? Camminavo abbracciando il secchio. Le ossa di lei urtavano il ferro e sembravano dirmi: "Perdonami, perdonami…".
Dio mio, grazie, perché le hai concesso di morire pregando.
Oh Madre Addolorata, grazie, per essere stata vicina alla mia fedele Midori nell’ora della sua morte. Oh buon Gesù, nostro Salvatore, Tu che hai sudato sangue e hai portato la Tua pesante croce e vi sei stato crocifisso, illumina adesso, con la Tua pace, il mistero del dolore e della morte, della mia amata Midori e mia.[ ... ] »
(Filippo Mancini)
Nagai Takashi Paolo (3 febbraio 1908 - 1 maggio 1951)
Nessun commento:
Posta un commento