Giotto, Natività, Basilica inferiore di San Francesco, Assisi
Natale del Signore
(Is 9,1-6; Sal 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14 – Is 62,11-12; Sal 96; Tt 3,4-7; Lc 2,15-20 – Is 52,7-10; Sal 97; Eb 1,1-6; Gv 1,1-18)
di Alberto Strumia
Nella solennità del Natale del Signore la liturgia ci fa “toccare con mano” Dio, che in Gesù Cristo si rivela e si offre, nella visibilità della Sua umanità, alla nostra adorazione come «centro del cosmo e della storia» (Redemptor hominis, n. 1).
– L’aspetto affettivo del Natale. Mostrandosi come un Bambino appena nato, ci raggiunge, prima di tutto, passando attraverso quella “porta” della nostra anima che è il “sentimento”, suscitando in noi l’“affetto”, verso la Sua la tenerezza, la dolcezza: «un Bambino è nato per noi, ci è stato dato un Figlio» (prima lettura della Notte). Se un ultimo residuo cristiano ancora è rimasto legato alla parola “Natale”, nella mente di una parte, almeno, della gente – pur soffocato dal cinismo di un umanitarismo che si illude e illude di poter fare il bene senza Cristo, o con un “falso cristo” addomesticato ai loro deviati arbitri – è l’associazione ad una qualche idea di bontà, di bene per qualcuno, di dolcezza e di tenerezza. L’idea del Natale come il giorno nel quale si è invitati ad “essere buoni” è un’ultima traccia di questo richiamo affettivo a Gesù Bambino. Per i più anziani è un dolce ricordo d’infanzia che sembra destinato a finire con la loro generazione.
– L’aspetto storico del Natale. Ma le letture della liturgia della Notte vanno immediatamente più in profondità, guidandoci dal “sentimento” alla “realtà storica”, dicendoci che Gesù Cristo è il Figlio di Dio che in Maria è nato come uomo “nella realtà della storia dell’umanità”, in un’epoca ben precisa, in un anno e in un luogo geografico che si conoscono, in coincidenza con un censimento della popolazione dell’Impero Romano («un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria», Vangelo della Notte). Ci viene detto che che il cristianesimo è fondato su un “fatto storicamente avvenuto”: Gesù è realmente esistito, non è una figura mitologica.
– L’aspetto sperimentale e razionale del Natale. Subito dopo l’ingresso di Cristo attraverso la “porta” della dimensione “affettiva” della nostra anima, e poi attraverso la “porta” del “dato storico”, Gesù Cristo si inoltra nella mente attraverso la “porta” dell’“esperienza” («dopo averlo visto») e dell’“intelligenza”. Intelligenza che non è solo quella degli studiosi, ma è quella di base, della quale tutti, come esseri umani, siamo dotati. I pastori, dei quali si parla nel Vangelo della Notte e in quello dell’Aurora, dimostrano di “ragionare”, di fronte ad un “avvenimento” – la Nascita di Gesù – che si dimostrava come “straordinario” («la gloria del Signore li avvolse di luce») e non come la nascita di un bambino qualunque («i pastori dicevano l’un l’altro: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro», Vangelo dell’Aurora). Un’intelligenza guidata dalla Grazia, che agì attraverso qualcuno che li chiamò («Un angelo del Signore si presentò a loro») al quale essi ebbero stringenti ragioni per prestare “fiducia”. La “fede” è sempre un atto della “ragione” illuminata dalla “Grazia”, che muove a decidere con la “volontà” che quanto viene detto è credibile e va riconosciuto come la verità.
– L’aspetto soprannaturale e dottrinale del Natale. Una “fede intelligente” ha fatto riconoscere in quel Bambino il Figlio di Dio, oltre che di Maria. Il Vangelo del Giorno, il Prologo di Giovanni, guida la nostra “intelligenza di fede” a guardare, nel suo significato profondo, alla nascita di Cristo. Ci viene detto che è Dio stesso, il Figlio, la seconda persona della Santissima Trinità, Colui che ha unito indissolubilmente la natura umana alla natura divina: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Vangelo del Giorno). Ci viene rivelata così l’identità di Gesù, dicendoci chi è Lui nella realtà, insegnandoci, tra l’altro, che per comprendere ciò che è visibile occorre sempre imparare a riconoscere anche ciò che non è visibile. Un principio di metodo che vale sempre, in ogni scienza.
– L’aspetto soteriologico del Natale. Tutto questo non è solo fine a sé stesso, non è solo un modo con il quale Dio rivela all’umanità la vera spiegazione di tutto ciò che esiste, il senso della vita e della storia, e parla della Sua Gloria. Ma è soprattutto per la “Salvezza” dell’umanità («è nato per voi un Salvatore», Vangelo della Notte; «Egli ci ha salvati», Seconda lettura dell’aurora; «tutti i confini della terra vedranno la Salvezza del nostro Dio», Prima lettura del Giorno). Ma “Salvezza” da che cosa? E per che cosa? Solo la nostra epoca storica è così cieca da non capirlo più e da pensarsi autosufficiente. In tutte le altre epoche ci si è rivolti a Dio, rendendosi conto di non bastare a sé stessi per poter vivere e anche per saper morire. Sarà, allora, il fallimento progressivo di questo tentativo dell’uomo di costruire tutto pretendendo di essere lui stesso un fabbricatore di dèi, di sé come un dio, ottenendo alla fine solo idoli che si sbriciolano, un mondo che non si regge. Cristo, così, finirà per entrare anche attraverso la “porta” della negazione dell’evidenza! Forse è proprio questo il prossimo Natale che ci aspetta, il Natale della Sua seconda venuta. Oggi celebriamo in anticipo anche questo Natale che dimostrerà al mondo che c’è la Salvezza dalla sciagura dell’uomo che vuole fare tutto da solo. La Salvezza che restituisce l’uomo all’uomo, perché gli restituisce la “giustizia originale” del suo rapporto con Dio Creatore, riparando il “peccato originale” che è stato proprio il rifiuto di quella giustizia.
La Madre di Cristo, di Dio, e san Giuseppe, oggi, sono i maestri che insegnano a noi, e all’umanità intera, a stargli vicino e a vivere l’esistenza in ogni sua dimensione riconoscendolo come centro e fondamento di tutto ciò che esiste. Con loro vogliamo essere anche noi, in quella grotta che san Giuseppe scelse come luogo più dignitoso di quell’albergo, un caravan serraglio, nel quale non ci sarebbe stato uno spazio adatto («non c’era un posto per loro nell’albergo», Vangelo della Notte) perché Maria potesse dare alla luce il Figlio di Dio.
Puer natus est nobis, venite adoremus!
Bologna, 25 dicembre 2021
Alberto Strumia, sacerdote, teologo, già docente ordinario di fisica-matematica presso le università di Bologna e Bari. È direttore del sito albertostrumia.it
Nessun commento:
Posta un commento