Trasformano Notre Dame nella cattedrale del politically correct
Rino Cammilleri, 26 dicembre 2021
I giacobini distrussero ogni chiesa, cappella e abbazia di Francia. A Parigi non scampò di certo Notre Dame, dove una ballerina vestita da Dea Ragione si esibì sull’altare semidemolito. In Notre Dame c’erano anche le statue degli antichi re di Francia. Ebbene, decapitarono pure quelle, non bastando ai sanculotti le teste vere. I diavoli si accanirono particolarmente sulla Primogenita della Chiesa, ben sapendo che, infettando questa, il morbo si sarebbe diffuso ovunque. E rimase pervicace.
Nel 1905 l’ex seminarista Émile Combes, divenuto capo del governo, con una furia degna di miglior causa riprovò a fare tabula rasa del cattolicesimo francese, questa volta per via amministrativa. Tutte le chiese, cappelle, abbazie ancora in piedi o restaurate dopo le follie rivoluzionarie, come Notre Dame, vennero espropriate dalla République. La quale, perciò, oggi è proprietaria di Notre Dame e la sua ricostruzione post-incendio è a carico non più della Chiesa ma del contribuente, anche quello ateo o musulmano. Bel boomerang. A proposito, a che punto sono le indagini sul rogo? Continuano o sono finite sotto al tappeto?
Infatti, nella Francia macroniana dove la laïcité viene insegnata obbligatoriamente a scuola, sotto al tappeto ci sono anche le centinaia di vandalismi a danno di chiese, cimiteri e simboli cristiani che ogni anno vengono colà perpetrati. E Notre Dame è l’edificio cristiano principale dell’ex Primogenita. A questo proposito, negli anni Novanta finì in mondovisione il rogo della torinese cappella del Guarini, e la Sindone fu salvata a stento da un eroico pompiere. Accidentale anche quell’incendio? O anch’esso sotto il tappeto? L’odio contro i maggiori simboli cristiani dell’Occidente ex cristiano (nelle élites, il popolo ancora regge) andrebbe forse spiegato non dai sociologi ma dagli esorcisti.
Ebbene, poiché Notre Dame deve risorgere a furor di popolo (ricordate le immagini della gente che pregava con le lacrime agli occhi vedendo ardere la guglia di Viollet le Duc?), come ai tempi di Combes magari bisogna ricorrere ad altri mezzi. Cioè: ricostruita, sì, però snaturata nel suo contenuto. E questa volta, duole dirlo, con la spensierata partecipazione del clero progressista. Cappelle a tema. Effetti sonori. Luci laser. Percorsi tematici. Temi ecologici e inclusivi. Insomma, il tempio multimediale della Religione Unica, quella del “volemose bene tutti quanti” attorno alla rousseauiana Natura. Non è l’Essere Supremo di Robespierre, né il Grande Architetto dei massoni, tranquilli. È il Pantheon del dio del XXI secolo: il kitsch. Ma il popolo di cui si diceva è insorto: no alla Disneyland politicamente corretta nel cuore (letterale, non geografico) della Francia.
Grazie al cielo c’è ancora una Francia vandeana che resiste. E c’è sempre stata. Quando, nella Grande Guerra, i soldati francesi si cucivano l’immagine del Sacro Cuore sulla giubba, il governo «laico» intervenne a vietarlo. Ma quando i tedeschi arrivarono quasi a Parigi il generalissimo Foche fece di testa sua e consacrò personalmente l’intera Armée al Sacro Cuore. E in breve tempo i tedeschi cominciarono a indietreggiare.
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