LA SOLENNITÀ
DOTTRINA SOCIALE
Stefano Fontana, 08-12-2021
Tutte le festività religiose hanno dei collegamenti fondamentali con la Dottrina sociale della Chiesa. La lex orandi esprime la lex credendi ed ambedue orientano e animano la lex operandi. Tra di esse la festività dell’immacolata concezione di Maria Santissima ne ha alcuni di molto particolari. Il dogma dell’immacolata concezione di Maria, stabilito da Pio IX nel 1854, riguarda intimamente la Dottrina sociale della Chiesa perché contiene la negazione del “naturalismo” e, quindi, stabilisce dogmaticamente quanto Leone XIII scrive nella Rerum novarum: “Non c’è soluzione alla questione sociale fuori del Vangelo”. Con le sue forze naturali e senza la grazia di Dio, l’uomo non ce la fa a sistemare non solo, come ovvio, le cose dell’altro mondo, ma nemmeno le cose di questo mondo. È qui che si inserisce appunto la Dottrina sociale della Chiesa, se la concepiamo nel quadro della lex orandi della Chiesa - che è anche lex credendi - e non come generico umanesimo solidareggiante.
Con la parola naturalismo si intende “il sistema in virtù del quale si concede alla ragione una competenza assoluta a risolvere da sola e senza l’aiuto di Dio tutti i problemi relativi all’ordine politico, a quello religioso, a quello sociale e a quello umano, presuppone nella ragione stessa una sovranità completa e un indipendenza assoluta … affermare tutto ciò di Dio è negarlo” (M. De Corte). Il naturalismo minaccia tutti gli aspetti della vita cristiana, separando natura e grazia, ragione e fede, credente e cittadino. Esso concerne la visione della stessa fede: Pelagio sosteneva che la risposta della persona alla proposta di fede di Dio poteva essere data con la sola natura senza la spinta della grazia. San Tommaso e tutta la teologia ufficiale cattolica sostengono invece che la fede è un atto dell’intelletto spinto dalla volontà a sua volta animata dalla grazia. Per il naturalismo il “sì” di Maria sarebbe solo una risposta di natura e non anche di grazia divina.
Si può dire che la Dottrina sociale della Chiesa nasce nella seconda metà dell’Ottocento proprio per correggere gli errori del naturalismo. Leone XIII nella Immortale Dei condanna il naturalismo perché “afferma nella società il principio dell’uomo indipendente da Dio”. Nell’enciclica Sapientiae chrstianae, lo stesso pontefice dice che i naturalisti “trasferiscono alla natura umana il dominio strappato a Dio e sostengono che si deve ricercare nella natura il principio e la norma di ogni verità; da essa emanano e ad essa dovrebbero essere ricondotti tutti i doveri religiosi”.
Il dogma dell’immacolata concezione di Maria attesta invece che c’è il peccato originale, il quale impedisce alla natura indebolita di poter fare da sé, e che la condizione prima per poter organizzare nel bene le cose di questo mondo, è di vincere il peccato. Senza la dottrina del peccato originale e senza il dogma dell’Immacolata, la Dottrina sociale della Chiesa rimane priva di fondamento e si trasforma in una serie di interventi condotti sul piano naturale, semplici ritocchi delle strutture sociali e politiche, interventi di solidarietà, di fraternità, di accoglienza umane.
La secolarizzazione della religione cattolica è implicita nel naturalismo ed è contestata dal dogma dell’Immacolata. Oggi la teologia dominante dice che la secolarizzazione è frutto del cristianesimo. Si dovrebbe però camminare con maggiore cautela su questi terreni resi pericolosi dalle sabbie mobili. Da quando la natura è stata indebolita dal peccato delle origini non è più capace non solo di raggiungere da sola i suoi fini naturali ma nemmeno di restare in equilibrio: se non viene salvata dall’alto precipita in basso nella sotto-natura: “l’uomo che fugge da Dio deve perdere anche se stesso perché cade nel mondo” (C. Fabro). Étienne Gilson scriveva che “la natura non riesce a realizzarsi, né a mantenersi come tale, quando pretende di fare a meno della grazia”. Bisognerebbe ricordare tutto ciò quando si parla di laicità.
Non solo la natura non riesce a conseguire i propri fini, non solo non riesce a mantenersi in equilibrio e cade in basso. Purtroppo accade anche un’altra involuzione tragica: questo suo processo verso il basso assume una forza religiosa nel senso di anti-religiosa: “Coloro che negano Dio sono obbligati a divinizzare la natura” (Fabro). Il naturalismo di oggi è innaturalismo, ossia non promozione ma negazione della natura, e per di più lo è attribuendosi degli attributi religiosi e “oppone alla religione dell’Uomo-Dio, la religione del dio-uomo” (De Corte). L’innaturalismo di tante leggi odierne conferma questa diagnosi.
Il naturalismo è oggi molto presente e influente nelle pieghe della Chiesa cattolica. Lo si vede nel diffusissimo personalismo, secondo cui sarebbe la persona umana e non Dio il principio, il fondamento e il fine della vita sociale e politica. Lo si vede anche nell’idea secondo cui il criterio della validità delle verità di fede dipende dal servire esse il bene della persona, o dall’essere esse accolte anche dal pensiero ateo o agnostico considerate come conferme naturali. Lo si riscontra nel far dipendere l’assoluto pluralismo religioso dalla natura umana, o nel chiamare naturale qualsiasi relazione tra i sessi fuori del matrimonio religioso.
Con la parola naturalismo si intende “il sistema in virtù del quale si concede alla ragione una competenza assoluta a risolvere da sola e senza l’aiuto di Dio tutti i problemi relativi all’ordine politico, a quello religioso, a quello sociale e a quello umano, presuppone nella ragione stessa una sovranità completa e un indipendenza assoluta … affermare tutto ciò di Dio è negarlo” (M. De Corte). Il naturalismo minaccia tutti gli aspetti della vita cristiana, separando natura e grazia, ragione e fede, credente e cittadino. Esso concerne la visione della stessa fede: Pelagio sosteneva che la risposta della persona alla proposta di fede di Dio poteva essere data con la sola natura senza la spinta della grazia. San Tommaso e tutta la teologia ufficiale cattolica sostengono invece che la fede è un atto dell’intelletto spinto dalla volontà a sua volta animata dalla grazia. Per il naturalismo il “sì” di Maria sarebbe solo una risposta di natura e non anche di grazia divina.
Si può dire che la Dottrina sociale della Chiesa nasce nella seconda metà dell’Ottocento proprio per correggere gli errori del naturalismo. Leone XIII nella Immortale Dei condanna il naturalismo perché “afferma nella società il principio dell’uomo indipendente da Dio”. Nell’enciclica Sapientiae chrstianae, lo stesso pontefice dice che i naturalisti “trasferiscono alla natura umana il dominio strappato a Dio e sostengono che si deve ricercare nella natura il principio e la norma di ogni verità; da essa emanano e ad essa dovrebbero essere ricondotti tutti i doveri religiosi”.
Il dogma dell’immacolata concezione di Maria attesta invece che c’è il peccato originale, il quale impedisce alla natura indebolita di poter fare da sé, e che la condizione prima per poter organizzare nel bene le cose di questo mondo, è di vincere il peccato. Senza la dottrina del peccato originale e senza il dogma dell’Immacolata, la Dottrina sociale della Chiesa rimane priva di fondamento e si trasforma in una serie di interventi condotti sul piano naturale, semplici ritocchi delle strutture sociali e politiche, interventi di solidarietà, di fraternità, di accoglienza umane.
La secolarizzazione della religione cattolica è implicita nel naturalismo ed è contestata dal dogma dell’Immacolata. Oggi la teologia dominante dice che la secolarizzazione è frutto del cristianesimo. Si dovrebbe però camminare con maggiore cautela su questi terreni resi pericolosi dalle sabbie mobili. Da quando la natura è stata indebolita dal peccato delle origini non è più capace non solo di raggiungere da sola i suoi fini naturali ma nemmeno di restare in equilibrio: se non viene salvata dall’alto precipita in basso nella sotto-natura: “l’uomo che fugge da Dio deve perdere anche se stesso perché cade nel mondo” (C. Fabro). Étienne Gilson scriveva che “la natura non riesce a realizzarsi, né a mantenersi come tale, quando pretende di fare a meno della grazia”. Bisognerebbe ricordare tutto ciò quando si parla di laicità.
Non solo la natura non riesce a conseguire i propri fini, non solo non riesce a mantenersi in equilibrio e cade in basso. Purtroppo accade anche un’altra involuzione tragica: questo suo processo verso il basso assume una forza religiosa nel senso di anti-religiosa: “Coloro che negano Dio sono obbligati a divinizzare la natura” (Fabro). Il naturalismo di oggi è innaturalismo, ossia non promozione ma negazione della natura, e per di più lo è attribuendosi degli attributi religiosi e “oppone alla religione dell’Uomo-Dio, la religione del dio-uomo” (De Corte). L’innaturalismo di tante leggi odierne conferma questa diagnosi.
Il naturalismo è oggi molto presente e influente nelle pieghe della Chiesa cattolica. Lo si vede nel diffusissimo personalismo, secondo cui sarebbe la persona umana e non Dio il principio, il fondamento e il fine della vita sociale e politica. Lo si vede anche nell’idea secondo cui il criterio della validità delle verità di fede dipende dal servire esse il bene della persona, o dall’essere esse accolte anche dal pensiero ateo o agnostico considerate come conferme naturali. Lo si riscontra nel far dipendere l’assoluto pluralismo religioso dalla natura umana, o nel chiamare naturale qualsiasi relazione tra i sessi fuori del matrimonio religioso.
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