venerdì 15 settembre 2023

La «famiglia scelta» cerca di rimuovere la famiglia naturale



La «famiglia scelta» cerca di rimuovere la famiglia naturale. Veneziani, Murgia, Andreozzi, Hadjadj



Di Silvio Brachetta, 14 SET 2023

Marcello Veneziani ha scritto recentemente della nuova frontiera della cultura queer, tipica di quel mondo omoerotico riunito attorno alle dottrine del gender e dei gruppi LGBT. Più che frontiera, è una novità lessicale. Si tratta della «famiglia scelta», esplicitamente contrapposta alla famiglia naturale che, però, il mondo LGBT chiama «famiglia tradizionale», quasi per sottolinearne una presunta artificiosità.

Cos’è dunque una famiglia scelta, una famiglia queer? – si chiede Veneziani. Lo spiegava Michela Murgia, recentemente scomparsa, sostenitrice di questo particolare tipo di gruppo aperto: è «una famiglia ibrida fondata sullo ius voluntatis, sul diritto della volontà». Per i motivi che vedremo, si potrebbe anche aggiungere, però, che si tratta di una volontà slegata dalla ragione. Ed è pretestuoso sostenere che una volontà cieca abbia dei diritti.

Vediamo di saperne di più. Si possono trovare anche delle definizioni, quasi da vocabolario: «Una famiglia scelta è formata da tutte quelle persone che, aggregandosi volontariamente, svolgono reciprocamente funzioni di conforto, insegnamento e sostegno, slegate da un’effettiva parentela». E qua abbiamo elementi certamente di carattere famigliare, ma non solo famigliare. Il conforto, l’insegnamento e il sostegno si trovano anche in ambiti esterni alla famiglia: amicizia, mondo del lavoro, psicologia, arte, letteratura, religione.

Si comprende il bisogno di cercare un affetto o un conforto in un gruppo, ma non è chiaro il perché si è voluto coinvolgere il termine «famiglia», che ha qualcosa in più di una semplice assemblea di persone.

Altrove si legge che la famiglia scelta non è altro che la family of choice che, nella cultura anglosassone, indica un certo istituto dove il singolo gode di un supporto sociale continuo. Una family of choice, quindi, può essere una coppia omoerotica, ma anche un gruppo di veterani o di amici che desiderano vivere in comunità.

È ragionevole, inoltre, affermare che «la storia della “famiglia scelta” è lunga e complessa, ma non è niente di nuovo ed esiste da secoli». Da millenni l’uomo si associa alla ricerca di protezione, di fiducia, di cibo o di lavoro – questo è vero. Non solo, ma anche alla ricerca di altro: è almeno dai tempi del Simposio di Platone che si parla di amore platonico o di pederastia. Non è questo a fare problema, non è il gruppo. È l’uso della parola «famiglia», associato ad certo gruppo, ad essere irrazionale. La pederastia nell’antica Grecia, anzi, era anche un pretesto per uscire dalla famiglia.

L’attrice Michela Andreozzi – citata anche da Veneziani – appartiene alla stessa cultura della Murgia e afferma, in modo apodittico, che «la famiglia è una scelta» (nel senso che è “solo” una scelta). E rincara: «La famiglia non c’entra nulla con i suoi membri. È il grande gesto d’amore che facciamo nella nostra vita […]. Il sangue non c’entra nulla: ci sono tante singole alternative che bisogna far rientrare nel concetto di famiglia, che di tradizionale non ha proprio niente».

Anche in questo caso la Andreozzi parla del gesto d’amore, della libertà, della felicità, dell’affetto. Tutte cose presenti nella famiglia, ma non peculiari della famiglia, poiché condivise con altre società o gruppi umani. L’ideologia queer non riconosce la peculiarità della famiglia naturale e cade nella negazione della realtà.

La famiglia è invece un unicum, analoga ma differente nella sostanza da qualsiasi altra società, sotto diversi punti di vista. È «fontale», in quanto origine del singolo e di ogni altra società. È «naturale», perché affine all’essenza che costituisce l’uomo. È «biologica», per via del suo esistere legato alla sessualità maschile e femminile. Ed è pure «trascendente», poiché la famiglia è un «mistero grande», collegato «a Cristo e alla Chiesa» (Ef 5, 32).

Fabrice Hadjadj, nel suo libro Ma che cos’è una Famiglia? (Ares, 2015) scrive che tutti i nomi parentali – padre, madre, figli, fratelli, suoceri, – non solo hanno un evidente presupposto sessuale, ma dal sesso medesimo si sviluppano «tre tipi di differenza», che Aristotele paragona alle tre forme di regime politico (regalità, aristocrazia, repubblica). In particolare, Aristotele sostiene che «la regalità si riferisce alla relazione del padre con i suoi figli; l’aristocrazia alla relazione dell’uomo con la donna; la repubblica alla relazione tra i fratelli».

È poi vero – continua Hadjadj – che affetto, amore, libertà o autorità sono virtù (e sentimenti) condivisi dalla famiglia, così come da altre società o associazioni, però in ambito famigliare hanno delle peculiarità evidenti. Quanto all’amore, all’autorità e alla libertà, ad esempio, Hadjadj vede delle differenze tra le società civili e la società fondativa (la famiglia). L’amore familiare – sostiene – è un «amore senza preferenza», al contrario di un «club elettivo o selettivo», dove si scelgono i più simpatici o i più capaci.

Il legame educativo familiare, poi, è un’«autorità senza competenza», poiché la «paternità ci cade addosso» e prevede di accogliere il figlio come un mistero. Nella scuola, viceversa, tutto è programmato e si cerca di non lasciare nulla al caso. Nella famiglia, infine, «si esercita una libertà senza indipendenza»: vi è sempre un certo lasso tra una libertà di mera decisione e una verità «di consenso a ciò che è dato». Ovvero una libertà che non può non tenere conto dei rapporti di dipendenza e di sussistenza reciproca, perché il padre resta sempre il padre, così come la moglie e i figli. Nella società civile, invece, un governo è in carica solo per un certo periodo, cessato il quale i deputati hanno piena indipendenza da quell’ufficio. Sono proprio queste specificità della famiglia, che la rendono una realtà unica nel suo genere.

La famiglia, nella sua essenza, è inoltre un «focolare irradiante», nel senso di un punto focale, da cui si sviluppa una prospettiva. E dunque l’uomo, figlio degli antenati e generatore della posterità, non può «dissociare il logico e il genealogico». La famiglia poi è non solo il luogo dell’«esistenza», ma pure quello della «resistenza» al «politicamente corretto, alla programmazione» scientista, ponendosi come «contrappunto all’artificio».

Siamo allora, nel caso della famiglia, in presenza dello «zoccolo carnale dell’apertura alla trascendenza», a Dio, senza di cui ci si potrebbe chiedere perché mai si dovrebbe continuare ad «alimentare il cimitero». Ed è così che «la sessualità spinge la ragione a volgersi verso quello che c’è di più trascendente», se non altro perché «ciò che c’è di più fisico in noi esige una risposta metafisica».

Per realizzare tutto questo l’atto di volontà non può essere cieco, come prevede la cultura queer, ma deve unirsi sempre alla retta ragione.

Silvio Brachetta









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