Nella foto, “Angels Unawares”, di Timothy Schmalz, in piazza San Pietro
DinGuido Vignelli, 25 SET 2023
Venite, abbiamo bisogno di voi, è l’appello che Mons. Francesco Montenegro rivolge ai migranti: “le frontiere chiuse non servono, senza figli fra qualche anno saremo noi a cercarli” dichiara a la Repubblica. Nella edizione di Palermo gli fa eco Mons. Corrado Lorefice che con tono perentorio rimprovera gli eventuali dissenzienti : “non c’è nessuna invasione o emergenza… basta menzogne sui migranti“.
Sull’onda della drammatica crescita degli sbarchi d’immigrati irregolari recentemente avvenuti sulle coste siciliane e calabresi, alcune personalità politiche – e purtroppo anche ecclesiastiche – sono tornate a disinformare e disorientare l’opinione pubblica sul fenomeno migratorio. Esse hanno semplicemente negato ch’esso costituisca una emergenza crescente che sta mettendo in pericolo la tenuta politica, sociale ed economica della nostra nazione già così indebolita.
A quanto pare, il “politicamente (ed ecclesialmente) corretto”, mentre condanna ogni forma di “negazionismo”, per contro impone di negare l’esistenza del pericolo migratorio. Inoltre, mentre pretende di ridimensionare l’attività economica fino al livello “ecologicamente sostenibile”, vuole impedire che gli ingressi irregolari vengano ridotti fino al livello socialmente sostenibile per la società accogliente.
Eppure, fino a pochi anni fa, perfino il quotidiano della C.E.I. ammetteva che i Governi hanno diritto di limitare e selezionare l’ingresso delle folle che pretendono d’immigrare per i più svariati motivi, spesso non tali da giustificare l’accoglienza come rifugiati (cfr. P. Lambruschi, C’è una via sensata, su “Avvenire”, 27-9-2019).
Oggi si preferisce attribuire i problemi causati dalla invasione migratoria al comportamento del popolo italiano, accusandolo di considerare gl’immigrati non come “graditi ospiti”, o almeno come una “utile risorsa”, ma come invasori che mettono in crisi l’ordine pubblico e il mercato del lavoro, a tutto vantaggio dei mestatori politici e della criminalità organizzata. Il che è proprio ciò che sta accadendo da decenni.
Se si cercano responsabilità pregresse – non solo economiche ma anche politiche – della crisi attuale, bisogna trovarle soprattutto a livello internazionale, attribuendole a istituzioni che da decenni si occupano del fenomeno migratorio: ossia le commissioni dell’Unione Europea e gli uffici dell’O.N.U. come la F.A.O., la I.O.M. (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e l’U.N.H.C.R. (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). Costoro prima hanno preparato le condizioni geopolitiche per spingere asiatici e africani a rifugiarsi in Europa, poi hanno fatto propaganda da noi sostenendo che l’accoglienza indiscriminata era necessaria o almeno inevitabile.
Le Organizzazioni Non-Governative e le “agenzie caritatevoli” che favoriscono e difendono i criminali “traghettatori di uomini”, non fanno che eseguire i piani da decenni progettati da quelle istituzioni internazionali per trasformare l’Italia in una società globalizzata e “multicolore”. E così, il vecchio motto anticolonialista “ciascuno resti padrone a casa sua!” è stato rovesciato nel motto immigrazionista “tutti vengano a casa nostra!”
Le autorità politiche e religiose devono ricordarsi che la legge morale e il “diritto delle genti” non ammettono un supposto dovere assoluto di accogliere sempre, comunque e chiunque; l’accoglienza degl’immigrati dev’essere limitata e selezionata, al fine di renderla compatibile col bene comune (anche religioso) del popolo ospitante e quindi proporzionata alle sue concrete possibilità di una vera integrazione.
Esortiamo quindi giornalisti, politici ed ecclesiastici a evitare che l’Italia segua il cattivo esempio dato da nazioni – come Francia, Belgio, Olanda, Germania e Inghilterra – che hanno commesso l’imprudenza di accogliere tutti e hanno perfino cambiato il concetto di “Stato di diritto”, pur di permettere alle associazioni immigrate di vivere secondo la loro cultura e la loro legge etica e giuridica. L’attuale grave situazione di quelle nazioni ci sia di monito, se non per ragioni religiose e morali, almeno per ragioni economiche e di pubblica sicurezza.
Guido Vignelli
http://www.societadomani.it
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