Settimo Cielo
di Sandro Magister
12 set 23
*
(s.m.) Le battaglie che papa Francesco ha rinunciato a combattere sono quelle in difesa delle vita nascente, della visione cristiana della generazione e della famiglia. Certo, egli non omette di condannare l’aborto o l’ideologia del “gender”, talora con parole persino più crude – “sicari”, “assassini”… – di quelle dei predecessori, ma queste sue condanne trovano pochissima risonanza nei media, ed è come se lui si adatti a questo silenzio. Niente di lontanamente paragonabile, ad esempio, con la strenua battaglia che Giovanni Paolo II combatté nel 1994, prima e durante la conferenza internazionale convocata al Cairo dall’Organizzazione delle Nazioni Unite al fine dichiarato di “assicurare i diritti riproduttivi”, in realtà il diritto d’aborto, e che diventò sui media mondiali una disfida tra quel papa e i potenti della terra, con sul posto i più celebri inviati di guerra, per la CNN Christiane Amanpour.
In quello stesso anno, il 1994, la domenica di Pasqua, moriva “un grande cristiano del XX secolo, un uomo per il quale la difesa della vita era diventata un apostolato”, come lo definì Giovanni Paolo II in una commossa lettera esequiale.
Il suo nome era Jérôme Lejeune. Biologo di fama mondiale e cristiano integerrimo, si deve a lui la creazione della Pontificia accademia per la vita, di cui fu il primo presidente. Tre anni dopo la morte, nel 1997, Giovanni Paolo II si recò sulla sua tomba nel villaggio di Chalo-Saint-Mars, poco distante da Parigi. È in corso la sua causa di beatificazione e nel 2021 è stato dichiarato “venerabile”. La postulatrice della causa, Aude Dugast, ha pubblicato nel 2019 in Francia una sua documentata e avvincente biografia, che tra pochi giorni, il 15 settembre, uscirà anche in versione italiana, edita da Cantagalli.
Il titolo del libro è “Jérôme Lejeune. La libertà dello scienziato” e nel sito dell’editore lo si può acquistare e sono offerti in lettura i primi due capitoli.
Qui di seguito ne è riprodotto un altro estratto, che testimonia la vivacità della battaglia in cui Lejeune si impegnò sull’onda della pubblicazione nel 1987 dell’istruzione “Donum vitae”, firmata dall’allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger.
Dal racconto balza evidente la profonda comunanza di visione e di azione che legava Lejeune a Ratzinger, a Giovanni Paolo II e all’allora arcivescovo di Parigi Jean-Marie Lustiger.
Ma balza evidente anche la distanza tra la vivacità di quegli anni, ai vertici della Chiesa, su quei temi cruciali, e la fiacchezza dell’oggi.
*
“VESCOVI, NON ABBIATE PAURA”
(Da “Jérôme Lejeune. La libertà dello scienziato”, pp. 386-393)
A novembre del 1987 Jérôme Lejeune parte per Roma, dove interviene al sinodo dei vescovi sui laici. Ha il privilegio di essere invitato a partecipare alla messa mattutina nella cappella privata del papa, Giovanni Paolo II, che poi lo trattiene per la colazione. Questa è, come sempre, una grande gioia per Jérôme, particolarmente apprezzata in quei tempi difficili. E l’attualità, soprattutto con la recente pubblicazione dell’istruzione “Donum vitae”, offre loro molti argomenti di discussione.
La congregazione per la dottrina della fede propone, in questa istruzione, una riflessione sul rispetto della vita umana nascente e sulla dignità della procreazione, e Jérôme, che difende la dignità dell’embrione umano davanti al parlamento francese e a quelli stranieri, apprezza la qualità, la misura e la bellezza di questo documento. […]
Ma l’istruzione non è ben accolta da gran parte dell’opinione pubblica, compresi molti ecclesiastici e fedeli cattolici francesi, per i quali la sofferenza dell’infertilità legittima il ricorso alle tecniche di procreazione medica. Il nobile fine di dare la vita giustifica, ai loro occhi, i mezzi. Ora, l’istruzione espone i limiti di questa pratica, che introduce una terza persona nell’atto coniugale, e mostra che questa sostituzione di persona è dannosa per la coppia. È la prima voce che si leva per mettere in guardia le famiglie sulla portata di queste tecniche, mentre il mercato della procreazione comincia a svilupparsi.
L’istruzione suscita dunque vivaci reazioni e […] dire che Jérôme difende l’istruzione “Donum vitae” non significa solo riferirsi alle sue interviste sui media, ma anche agli interventi concreti e coraggiosi che è chiamato a fare, col rischio di attirarsi le ire della comunità scientifica e dell’opinione pubblica.
In particolare Jérôme dovrà confrontarsi con un’équipe di medici dell’ospedale parigino di Notre-Dame-du-Bon-Secours che, come indica il nome, è cattolico e appartiene a una congregazione di suore. È lo stesso ospedale per il quale, prima della legge Veil, Jérôme si era recato, su richiesta della madre superiora, dal vescovo ausiliare di Parigi perché vi facesse cessare gli aborti. Invano. Ma tredici anni dopo, con il nuovo arcivescovo, le cose sarebbero cambiate.
Questa volta il cardinale Lustiger avvia un’inchiesta all’interno dell’ospedale. La superiora, suor Jeanne, contatta Jérôme per pregarlo di occupare il posto vacante nel consiglio di amministrazione. Spera che potrà aiutarle, dall’interno, a fermare gli aborti e le fecondazioni in vitro iniziate nel 1984 e praticate dal dr. Chartier. […] Il cardinale Lustiger nomina Jérôme nel consiglio di amministrazione dell’ospedale e il 15 settembre 1987 il consiglio vota la cessazione degli aborti e delle fecondazioni “in vitro”. I medici responsabili di questi atti illegittimi in quell’ospedale cattolico si dimettono e se ne vanno infuriati. Il dr. Chartier in testa.
Pochi mesi dopo, all’inizio del 1988, inizia una campagna di stampa che denuncia l’oscurantismo e l’arroganza del magistero romano, rappresentato dal cardinale Ratzinger e dal suo difensore, Jérôme Lejeune. I media, invece, vantano i meriti del dr. Chartier, presentato in termini elogiativi come medico cattolico praticante e dalla mente così aperta da poter criticare il magistero. La campagna a favore di Chartier viene rilanciata da decine di media, tra cui il quotidiano “La Croix”. […] Queste turbolenze portano all’annullamento di una conferenza che Jérôme doveva tenere sulla “Donum vitae” all’università cattolica di Lille, su invito degli studenti. Una quindicina di giorni prima della data prevista, Jérôme riceve una lettera in cui gli si comunica che il rettore, venuto a conoscenza del nome del relatore scelto dagli studenti, ha emesso un veto senza appello. “Bell’esempio di libertà di espressione in una facoltà cosiddetta ‘cattolica’. Il papa è all’indice ed è proibito essere d’accordo con lui”, si lascia sfuggire Jérôme quando apprende la notizia. […]
Questo rettore, come altri cattolici favorevoli ai metodi di procreazione medicalmente assistita, rimprovera al Vaticano di non aver interpellato i medici che praticano la fecondazione “in vitro”. Ma Jérôme si trova in una posizione privilegiata per sapere quanto siano infondate queste critiche, dal momento che la Pontificia accademia delle scienze ha, come sempre, interpellato i maggiori specialisti in materia. Jérôme lo spiega al giornale “Famille Chrétienne”: “Il dr. Edwards, l’inventore della tecnica, e il dr. Frydman, il promotore in Francia del metodo, hanno presentato le loro opinioni davanti alla Pontificia accademia delle scienze”.
Jérôme viene ancora interpellato sull’istruzione da numerosi corrispondenti, ai quali risponde tra l’altro […]: “Il cardinale Ratzinger, con la ‘Donum vitae’, dice agli uomini la vera morale nel tentativo di proteggerli da un formidabile abuso della tecnica capace di portare a un crollo totale dei costumi. Rileggete Il mondo nuovo di Huxley, rileggete Goethe e il secondo Faust e vedrete l’immensa necessità del richiamo della ‘Donum vitae’”.
Jérôme fa poi sul cardinale Ratzinger un commento che gli sta a cuore:
“A proposito del cardinale Ratzinger, l’ho visto e sentito durante una sessione di lavoro subire, non c’è altra parola, attacchi personali molto duri e ragionamenti teologici demenziali senza perdere per un istante la sua calma e la sua bontà! Poi ha ripreso tutto l’argomento in pochi minuti e ha rimesso a posto tutto ciò che era sottosopra, con un rispetto per le persone che i suoi interlocutori non avevano quasi mai dimostrato. Nella discussione è la mente più illuminata e caritatevole che abbia mai incontrato. Si inchina solo davanti alla verità. Ma sa cercarla”.
Quando Jérôme partecipa a questi dibattiti per difendere la bellezza della vita e della famiglia umana, è consapevole delle violente critiche a cui andrà incontro, ma […] come Giovanni Paolo II, anche lui invita a non avere paura. Ed è proprio in questi termini che si rivolge ai vescovi, in occasione del sinodo sui laici a Roma nel 1987:
“Voi che siete per la famiglia sarete derisi. Si agiterà contro di voi lo spettro della scienza, apparentemente imbavagliata da una morale superata, si sventolerà contro di voi la bandiera tirannica della sperimentazione a oltranza. Vescovi, non abbiate paura. Voi avete le parole di vita”.
12 set 23
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(s.m.) Le battaglie che papa Francesco ha rinunciato a combattere sono quelle in difesa delle vita nascente, della visione cristiana della generazione e della famiglia. Certo, egli non omette di condannare l’aborto o l’ideologia del “gender”, talora con parole persino più crude – “sicari”, “assassini”… – di quelle dei predecessori, ma queste sue condanne trovano pochissima risonanza nei media, ed è come se lui si adatti a questo silenzio. Niente di lontanamente paragonabile, ad esempio, con la strenua battaglia che Giovanni Paolo II combatté nel 1994, prima e durante la conferenza internazionale convocata al Cairo dall’Organizzazione delle Nazioni Unite al fine dichiarato di “assicurare i diritti riproduttivi”, in realtà il diritto d’aborto, e che diventò sui media mondiali una disfida tra quel papa e i potenti della terra, con sul posto i più celebri inviati di guerra, per la CNN Christiane Amanpour.
In quello stesso anno, il 1994, la domenica di Pasqua, moriva “un grande cristiano del XX secolo, un uomo per il quale la difesa della vita era diventata un apostolato”, come lo definì Giovanni Paolo II in una commossa lettera esequiale.
Il suo nome era Jérôme Lejeune. Biologo di fama mondiale e cristiano integerrimo, si deve a lui la creazione della Pontificia accademia per la vita, di cui fu il primo presidente. Tre anni dopo la morte, nel 1997, Giovanni Paolo II si recò sulla sua tomba nel villaggio di Chalo-Saint-Mars, poco distante da Parigi. È in corso la sua causa di beatificazione e nel 2021 è stato dichiarato “venerabile”. La postulatrice della causa, Aude Dugast, ha pubblicato nel 2019 in Francia una sua documentata e avvincente biografia, che tra pochi giorni, il 15 settembre, uscirà anche in versione italiana, edita da Cantagalli.
Il titolo del libro è “Jérôme Lejeune. La libertà dello scienziato” e nel sito dell’editore lo si può acquistare e sono offerti in lettura i primi due capitoli.
Qui di seguito ne è riprodotto un altro estratto, che testimonia la vivacità della battaglia in cui Lejeune si impegnò sull’onda della pubblicazione nel 1987 dell’istruzione “Donum vitae”, firmata dall’allora prefetto della congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger.
Dal racconto balza evidente la profonda comunanza di visione e di azione che legava Lejeune a Ratzinger, a Giovanni Paolo II e all’allora arcivescovo di Parigi Jean-Marie Lustiger.
Ma balza evidente anche la distanza tra la vivacità di quegli anni, ai vertici della Chiesa, su quei temi cruciali, e la fiacchezza dell’oggi.
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“VESCOVI, NON ABBIATE PAURA”
(Da “Jérôme Lejeune. La libertà dello scienziato”, pp. 386-393)
A novembre del 1987 Jérôme Lejeune parte per Roma, dove interviene al sinodo dei vescovi sui laici. Ha il privilegio di essere invitato a partecipare alla messa mattutina nella cappella privata del papa, Giovanni Paolo II, che poi lo trattiene per la colazione. Questa è, come sempre, una grande gioia per Jérôme, particolarmente apprezzata in quei tempi difficili. E l’attualità, soprattutto con la recente pubblicazione dell’istruzione “Donum vitae”, offre loro molti argomenti di discussione.
La congregazione per la dottrina della fede propone, in questa istruzione, una riflessione sul rispetto della vita umana nascente e sulla dignità della procreazione, e Jérôme, che difende la dignità dell’embrione umano davanti al parlamento francese e a quelli stranieri, apprezza la qualità, la misura e la bellezza di questo documento. […]
Ma l’istruzione non è ben accolta da gran parte dell’opinione pubblica, compresi molti ecclesiastici e fedeli cattolici francesi, per i quali la sofferenza dell’infertilità legittima il ricorso alle tecniche di procreazione medica. Il nobile fine di dare la vita giustifica, ai loro occhi, i mezzi. Ora, l’istruzione espone i limiti di questa pratica, che introduce una terza persona nell’atto coniugale, e mostra che questa sostituzione di persona è dannosa per la coppia. È la prima voce che si leva per mettere in guardia le famiglie sulla portata di queste tecniche, mentre il mercato della procreazione comincia a svilupparsi.
L’istruzione suscita dunque vivaci reazioni e […] dire che Jérôme difende l’istruzione “Donum vitae” non significa solo riferirsi alle sue interviste sui media, ma anche agli interventi concreti e coraggiosi che è chiamato a fare, col rischio di attirarsi le ire della comunità scientifica e dell’opinione pubblica.
In particolare Jérôme dovrà confrontarsi con un’équipe di medici dell’ospedale parigino di Notre-Dame-du-Bon-Secours che, come indica il nome, è cattolico e appartiene a una congregazione di suore. È lo stesso ospedale per il quale, prima della legge Veil, Jérôme si era recato, su richiesta della madre superiora, dal vescovo ausiliare di Parigi perché vi facesse cessare gli aborti. Invano. Ma tredici anni dopo, con il nuovo arcivescovo, le cose sarebbero cambiate.
Questa volta il cardinale Lustiger avvia un’inchiesta all’interno dell’ospedale. La superiora, suor Jeanne, contatta Jérôme per pregarlo di occupare il posto vacante nel consiglio di amministrazione. Spera che potrà aiutarle, dall’interno, a fermare gli aborti e le fecondazioni in vitro iniziate nel 1984 e praticate dal dr. Chartier. […] Il cardinale Lustiger nomina Jérôme nel consiglio di amministrazione dell’ospedale e il 15 settembre 1987 il consiglio vota la cessazione degli aborti e delle fecondazioni “in vitro”. I medici responsabili di questi atti illegittimi in quell’ospedale cattolico si dimettono e se ne vanno infuriati. Il dr. Chartier in testa.
Pochi mesi dopo, all’inizio del 1988, inizia una campagna di stampa che denuncia l’oscurantismo e l’arroganza del magistero romano, rappresentato dal cardinale Ratzinger e dal suo difensore, Jérôme Lejeune. I media, invece, vantano i meriti del dr. Chartier, presentato in termini elogiativi come medico cattolico praticante e dalla mente così aperta da poter criticare il magistero. La campagna a favore di Chartier viene rilanciata da decine di media, tra cui il quotidiano “La Croix”. […] Queste turbolenze portano all’annullamento di una conferenza che Jérôme doveva tenere sulla “Donum vitae” all’università cattolica di Lille, su invito degli studenti. Una quindicina di giorni prima della data prevista, Jérôme riceve una lettera in cui gli si comunica che il rettore, venuto a conoscenza del nome del relatore scelto dagli studenti, ha emesso un veto senza appello. “Bell’esempio di libertà di espressione in una facoltà cosiddetta ‘cattolica’. Il papa è all’indice ed è proibito essere d’accordo con lui”, si lascia sfuggire Jérôme quando apprende la notizia. […]
Questo rettore, come altri cattolici favorevoli ai metodi di procreazione medicalmente assistita, rimprovera al Vaticano di non aver interpellato i medici che praticano la fecondazione “in vitro”. Ma Jérôme si trova in una posizione privilegiata per sapere quanto siano infondate queste critiche, dal momento che la Pontificia accademia delle scienze ha, come sempre, interpellato i maggiori specialisti in materia. Jérôme lo spiega al giornale “Famille Chrétienne”: “Il dr. Edwards, l’inventore della tecnica, e il dr. Frydman, il promotore in Francia del metodo, hanno presentato le loro opinioni davanti alla Pontificia accademia delle scienze”.
Jérôme viene ancora interpellato sull’istruzione da numerosi corrispondenti, ai quali risponde tra l’altro […]: “Il cardinale Ratzinger, con la ‘Donum vitae’, dice agli uomini la vera morale nel tentativo di proteggerli da un formidabile abuso della tecnica capace di portare a un crollo totale dei costumi. Rileggete Il mondo nuovo di Huxley, rileggete Goethe e il secondo Faust e vedrete l’immensa necessità del richiamo della ‘Donum vitae’”.
Jérôme fa poi sul cardinale Ratzinger un commento che gli sta a cuore:
“A proposito del cardinale Ratzinger, l’ho visto e sentito durante una sessione di lavoro subire, non c’è altra parola, attacchi personali molto duri e ragionamenti teologici demenziali senza perdere per un istante la sua calma e la sua bontà! Poi ha ripreso tutto l’argomento in pochi minuti e ha rimesso a posto tutto ciò che era sottosopra, con un rispetto per le persone che i suoi interlocutori non avevano quasi mai dimostrato. Nella discussione è la mente più illuminata e caritatevole che abbia mai incontrato. Si inchina solo davanti alla verità. Ma sa cercarla”.
Quando Jérôme partecipa a questi dibattiti per difendere la bellezza della vita e della famiglia umana, è consapevole delle violente critiche a cui andrà incontro, ma […] come Giovanni Paolo II, anche lui invita a non avere paura. Ed è proprio in questi termini che si rivolge ai vescovi, in occasione del sinodo sui laici a Roma nel 1987:
“Voi che siete per la famiglia sarete derisi. Si agiterà contro di voi lo spettro della scienza, apparentemente imbavagliata da una morale superata, si sventolerà contro di voi la bandiera tirannica della sperimentazione a oltranza. Vescovi, non abbiate paura. Voi avete le parole di vita”.
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