18GIU
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by Aldo Maria Valli
di Investigatore Biblico
In questi tempi dottrinalmente cupi e nebulosi, mi sono chiesto più e più volte quale sia la vera radice delle eresie contemporanee.
In questo stato confusionale, che ormai pervade anche Roma, ci deve essere, mi dico, un’eresia “madre”, che apre la porta alle altre.
Facendo ironia – nonostante sia tragico -, mi pare si assista a una certa “gara buonista e mondana” in cui anche da parte di alti prelati vengono fatte affermazioni pubbliche che si allontanano sempre più dalla Tradizione e dalla dottrina che abbiamo sempre ricevuto come insegnamento.
Probabilmente i ragazzi di vent’anni sono ormai ignari del catechismo con i suoi contenuti, che noi più vecchiotti abbiamo ricevuto. Un grande danno, sicuramente. Essi non hanno la possibilità, se non per Grazia ricevuta, di avere quel “termometro” che fa rizzare le antenne all’udire qualche strafalcione teologico.
Ultimamente ho fatto una sana chiacchierata con un amico e collega teologo, mentre Duilio ci serviva del tè. Sostiene, il mio collega, di aver udito da fonti attendibili un’informazione che riguarda un uso e costume degli inquilini delle sacre stanze vaticane.
Trattasi di di un libro di un gesuita belga, teologo, padre Roger Lenaers, intitolato Gesù di Nazaret. Uomo come noi? Penserete: e cosa c’è di tanto eclatante, caro Investigatore Biblico?
Bene, in questo libro padre Roger sostiene di voler (parole sue) emancipare la nozione di resurrezione dal rivestimento mitologico che l’avvolge.
Leggete questo articolo per approfondire: Padre Lenaers riscrive la resurrezione.
In sintesi, il libro fa di tutto per “demitizzare” la risurrezione di Gesù, riducendo questa Verità di fede storica a una semplice “enfatizzazione” degli evangelisti.
Gli evangelisti avrebbero, quindi, “ingrandito” il resoconto dei fatti, e ai giorni d’oggi credere che Cristo sia risuscitato davvero risulterebbe una posizione insensata. Per l’autore non si può definire la questione con l’espressione “risurrezione della carne”. Meglio, secondo il teologo, parlare di “risurrezione filosofica” dell’uomo. Concludendo l’iperbole del “sapiente” padre Lenaers, Gesù non è diverso da noi: non è Dio, pertanto non è risorto.
Penso sia offensivo per qualsiasi cristiano immaginare un sacerdote che parli in questi termini. Mi chiedo perché non abbia già aderito a qualche confraternita di atei razionalisti, facendo a tutti il piacere di lasciare oltre la tonaca, anche gli argomenti che tratta.
Rinfreschiamoci l’anima con il buon vecchio e intramontabile san Paolo, e grazie al cielo abbiamo queste parole a disposizione per difenderci da questi diavoli in divisa da teologi: “Se Cristo non è risuscitato allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede” (1 Cor 15,14).
Che belle e semplice parole. Senza sfumature da interpretare. Grazie, san Paolo, per averci lasciato questa frase lapidaria. Interessante segnalare il concetto di “chiesa orizzontale” (leggi qui) , che mi sembra ben lontana dalla Chiesa fondata da Gesù Cristo.
La cosa allarmante, purtroppo, è che questi testi, degni di essere un ottimo materiale per accendere il mio camino, siano letture considerate privilegiate da chi dovrebbe traghettare i fedeli.
Dopo questo concentrato di immondizia, nemmeno differenziata, vorrei invece sollevare gli animi afflitti con la lettura di una meditazione di Benedetto XVI, datata mercoledì 26 marzo 2008.
Quando leggo riflessioni del calibro delle righe che ora leggerete, sento il cuore di nuovo ardere. Dio non ci tolga mai queste consolazioni.
Significato della Pasqua
Cari fratelli e sorelle!
“Et resurrexit tertia die secundum Scripturas – il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture”. Ogni domenica, con il Credo, rinnoviamo la nostra professione di fede nella risurrezione di Cristo, evento sorprendente che costituisce la chiave di volta del cristianesimo. Nella Chiesa tutto si comprende a partire da questo grande mistero, che ha cambiato il corso della storia e che si rende attuale in ogni celebrazione eucaristica. Esiste però un tempo liturgico in cui questa realtà centrale della fede cristiana, nella sua ricchezza dottrinale e inesauribile vitalità, viene proposta ai fedeli in modo più intenso, perché sempre più la riscoprano e più fedelmente la vivano: è il tempo pasquale. Ogni anno, nel “Santissimo Triduo del Cristo crocifisso, morto e risorto”, come lo chiama sant’Agostino, la Chiesa ripercorre, in un clima di preghiera e di penitenza, le tappe conclusive della vita terrena di Gesù: la sua condanna a morte, la salita al Calvario portando la croce, il suo sacrificio per la nostra salvezza, la sua deposizione nel sepolcro. Il “terzo giorno”, poi, la Chiesa rivive la sua risurrezione: è la Pasqua, passaggio di Gesù dalla morte alla vita, in cui si compiono in pienezza le antiche profezie. Tutta la liturgia del tempo pasquale canta la certezza e la gioia della risurrezione del Cristo.
Cari fratelli e sorelle, dobbiamo costantemente rinnovare la nostra adesione al Cristo morto e risorto per noi: la sua Pasqua è anche la nostra Pasqua, perché nel Cristo risorto ci è data la certezza della nostra risurrezione. La notizia della sua risurrezione dai morti non invecchia e Gesù è sempre vivo; e vivo è il suo Vangelo. “La fede dei cristiani – osserva sant’Agostino – è la risurrezione di Cristo”. Gli Atti degli Apostoli lo spiegano chiaramente: “Dio ha dato a tutti gli uomini una prova sicura su Gesù risuscitandolo da morte” (17,31). Non era infatti sufficiente la morte per dimostrare che Gesù è veramente il Figlio di Dio, l’atteso Messia. Nel corso della storia quanti hanno consacrato la loro vita a una causa ritenuta giusta e sono morti! E morti sono rimasti. La morte del Signore dimostra l’immenso amore con cui Egli ci ha amati sino a sacrificarsi per noi; ma solo la sua risurrezione è “prova sicura”, è certezza che quanto Egli afferma è verità che vale anche per noi, per tutti i tempi. Risuscitandolo, il Padre lo ha glorificato. San Paolo così scrive nella Lettera ai Romani: “Se confesserai con la bocca che Gesù è il Signore e crederai con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti sarai salvo” (10,9).
È importante ribadire questa verità fondamentale della nostra fede, la cui verità storica è ampiamente documentata, anche se oggi, come in passato, non manca chi in modi diversi la pone in dubbio o addirittura la nega. L’affievolirsi della fede nella risurrezione di Gesù rende di conseguenza debole la testimonianza dei credenti. Se infatti viene meno nella Chiesa la fede nella risurrezione, tutto si ferma, tutto si sfalda. Al contrario, l’adesione del cuore e della mente a Cristo morto e risuscitato cambia la vita e illumina l’intera esistenza delle persone e dei popoli. Non è forse la certezza che Cristo è risorto a imprimere coraggio, audacia profetica e perseveranza ai martiri di ogni epoca? Non è l’incontro con Gesù vivo a convertire e ad affascinare tanti uomini e donne, che fin dagli inizi del cristianesimo continuano a lasciare tutto per seguirlo e mettere la propria vita a servizio del Vangelo? “Se Cristo non è risuscitato, diceva l’apostolo Paolo, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la nostra fede” (1 Cor 15, 14). Ma è risuscitato!
L’annuncio che in questi giorni riascoltiamo costantemente è proprio questo: Gesù è risorto, è il Vivente e noi lo possiamo incontrare. Come lo incontrarono le donne che, al mattino del terzo giorno, il giorno dopo il sabato, si erano recate al sepolcro; come lo incontrarono i discepoli, sorpresi e sconvolti da quanto avevano riferito loro le donne; come lo incontrarono tanti altri testimoni nei giorni che seguirono la sua risurrezione. E, anche dopo la sua Ascensione, Gesù ha continuato a restare presente tra i suoi amici come del resto aveva promesso: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Il Signore è con noi, con la sua Chiesa, fino alla fine dei tempi. Illuminati dallo Spirito Santo, i membri della Chiesa primitiva hanno incominciato a proclamare l’annuncio pasquale apertamente e senza paura. E quest’annuncio, tramandatosi di generazione in generazione, è giunto sino a noi e risuona ogni anno a Pasqua con potenza sempre nuova.
Specialmente in quest’Ottava di Pasqua la liturgia ci invita ad incontrare personalmente il Risorto e a riconoscerne l’azione vivificatrice negli eventi della storia e del nostro vivere quotidiano. Oggi mercoledì, ad esempio, ci viene riproposto l’episodio commovente dei due discepoli di Emmaus (cfr Lc 24,13-35). Dopo la crocifissione di Gesù, immersi nella tristezza e nella delusione, essi facevano ritorno a casa sconsolati. Durante il cammino discorrevano tra loro di ciò che era accaduto in quei giorni a Gerusalemme; fu allora che Gesù si avvicinò, si mise a discorrere con loro e ad ammaestrarli: “Stolti e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti… Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,25 -26). Cominciando poi da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. L’insegnamento di Cristo – la spiegazione delle profezie – fu per i discepoli di Emmaus come una rivelazione inaspettata, luminosa e confortante. Gesù dava una nuova chiave di lettura della Bibbia e tutto appariva adesso chiaro, orientato proprio verso questo momento. Conquistati dalle parole dello sconosciuto viandante, gli chiesero di fermarsi a cena con loro. Ed Egli accettò e si mise a tavola con loro. Riferisce l’evangelista Luca: “Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro” (Lc 24,29-30). E fu proprio in quel momento che si aprirono gli occhi dei due discepoli e lo riconobbero, “ma lui sparì dallo loro vista” (Lc 24,31). Ed essi, pieni di stupore e di gioia, commentarono: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?” (Lc 24,32).
In tutto l’anno liturgico, particolarmente nella Settimana Santa e nella Settimana di Pasqua, il Signore è in cammino con noi e ci spiega le Scritture, ci fa capire questo mistero: tutto parla di Lui. E questo dovrebbe far ardere anche i nostri cuori, così che possano aprirsi anche i nostri occhi. Il Signore è con noi, ci mostra la vera via. Come i due discepoli riconobbero Gesù nello spezzare il pane, così oggi, nello spezzare il pane, anche noi riconosciamo la sua presenza. I discepoli di Emmaus lo riconobbero e si ricordarono dei momenti in cui Gesù aveva spezzato il pane. E questo spezzare il pane ci fa pensare proprio alla prima Eucaristia celebrata nel contesto dell’Ultima Cena, dove Gesù spezzò il pane e così anticipò la sua morte e la sua risurrezione, dando se stesso ai discepoli. Gesù spezza il pane anche con noi e per noi, si fa presente con noi nella Santa Eucaristia, ci dona se stesso e apre i nostri cuori. Nella Santa Eucaristia, nell’incontro con la sua Parola, possiamo anche noi incontrare e conoscere Gesù, in questa duplice Mensa della Parola e del Pane e del Vino consacrati. Ogni domenica la comunità rivive così la Pasqua del Signore e raccoglie dal Salvatore il suo testamento di amore e di servizio fraterno. Cari fratelli e sorelle, la gioia di questi giorni renda ancor più salda la nostra fedele adesione a Cristo crocifisso e risorto. Soprattutto, lasciamoci conquistare dal fascino della sua risurrezione. Ci aiuti Maria ad essere messaggeri della luce e della gioia della Pasqua per tanti nostri fratelli. Ancora a tutti voi cordiali auguri di Buona Pasqua.
(da Udienze di Benedetto XVI, anno 2008)
Abitanti del Vaticano, queste sono le letture da far girare!
Fonte: investigatorebiblico.wordpress.com
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