di GIUSEPPE RUSCONI – su www.rossoporpora.org – 14 dicembre 2015
Tante cose sono successe nei due anni caratterizzati dallo sviluppo del dibattito sinodale sulla famiglia. Cerchiamo di ripercorrere sinteticamente il biennio - in sé non ancora concluso poiché si attende il documento magisteriale conclusivo di papa Francesco – evidenziandone i momenti che riteniamo più significativi di un itinerario molto tormentato.
Nel momento in cui scriviamo queste righe ancora le bocce non sono ferme. Il lungo percorso sinodale incominciato con l’annuncio del 2013 attende di concludersi con il documento magisteriale che papa Francesco promulgherà, secondo le previsioni, in tempi non lunghi e probabilmente in relazione con il Giubileo iniziato l’8 dicembre. Per il momento Jorge Mario Bergoglio si vuole prendere un certo tempo per ulteriori riflessioni in materia, almeno stando a quanto ha detto egli stesso. In ogni caso suscita attenzione, dati gli stretti rapporti dell’autore con Casa Santa Marta, l’ampio commento ragionato sul Sinodo che padre Spadaro ha pubblicato recentemente sul quindicinale di cui è direttore, ‘La Civiltà Cattolica”. Nella sua interpretazione l’autore evidenzia tra l’altro che il Sinodo avrebbe aperto le porte nella Relazione finale all’accesso dei divorziati risposati ai sacramenti. Dunque il solco è tracciato e indietro non si torna: questa la linea dettata da padre Spadaro (e seguita pedestremente da non pochi massmedia turiferari, come già è accaduto a partire dall’annuncio stesso dei due Sinodi sulla famiglia). Spadaro è corroborato nella sua tesi dallo stesso suo Generale, padre Adolfo Nicolas, che – in un’intervista al ‘Corriere della Sera’ del 26 ottobre - così definisce il documento conclusivo del recente Sinodo: “Il fatto che la relazione finale sia stata approvata, che tutti i punti abbiano superato i due terzi, è importante. E’ un documento che lascia le mani libere a Francesco. Il Papa può fare ciò che considera buono, opportuno o necessario. Nella mente di tutti, in commissione, c’era l’idea di preparare un documento che lasciasse le porte aperte: perché il Papa potesse entrare o uscire, fare come crede”. E’ chiaro?
QUESTIONARIO E SINODO 2014
Ripercorriamo sinteticamente il lungo cammino sinodale incominciato due anni fa. Dapprima fu il Questionario con la sua quarantina di domande a beneficio dei fedeli (non solo: in Svizzera, ad esempio, anche di non-cattolici o non-credenti, legati magari per convivenza a un fedele): difficile valutarne il riscontro globale in termini numerici. Si può solo dire che in alcuni Paesi dell’Europa occidentale come Germania, Francia, Svizzera, Austria, Belgio una parte non indifferente della ‘base’ cattolica si è sentita coinvolta. Attivi in quel caso soprattutto i gruppi cosiddetti ‘progressisti’, con le loro richieste di accesso alla Comunione per i divorziati risposati e di benedizione per le unioni tra persone dello stesso sesso. Le risposte furono considerate, insieme naturalmente con il parere degli episcopati nazionali, per la stesura dell’ Instrumentum laboris per il Sinodo straordinario – di due settimane - dell’ottobre 2014. In occasione del Concistoro del febbraio 2014 il cardinale Kasper tenne poi una relazione genericamente ‘aperturista’, con un’insistenza particolare sull’accoglienza dei divorziati risposati. Il Sinodo dell’ottobre 2014 (preceduto da forti polemiche rossoporpora per la pubblicazione di un volume con saggi di cinque cardinali fedeli alla vigente dottrina sociale della Chiesa) risultò molto travagliato, data anche l’evidente manipolazione cui era stato sottoposto. Basti pensare alla relazione intermedia (Post disceptationem ) ufficialmente a firma del cardinale ungherese Peter Erdö, ma dallo stesso clamorosamente rinnegata in conferenza-stampa in alcuni punti delicati, frutto di mani altrui. Tale relazione fu poi sostanzialmente stracciata nell’ultima parte del Sinodo per far posto alla più equilibrata Relazione finale, dopo altre turbolenze, in virù delle quali papa Francesco fu costretto a includere nella Commissione (fino ad allora quasi monocolore) per la stesura del testo conclusivo anche il cardinale africano Napier e un vescovo australiano. Ci si ricorderà che tre punti della Relazione finale non raccolsero la maggioranza qualificata dei due terzi: riguardavano proprio l’accoglienza fino ad un “eventuale accesso ai sacramenti “ dei divorziati risposati e quella degli omosessuali (in quest’ultimo caso i voti contrari erano da annoverare tra la minoranza ‘progressista’, irritata per la forte correzione di rotta apportata in materia rispetto alla Relazione intermedia).
IL PERIODO INTERSINODALE
Venne poi il periodo ‘intersinodale’. Nuovo Questionario e stavolta la ‘base’ dei già citati Paesi dell’Europa occidentale ha partecipato in genere in minor misura, forse (per la parte ‘progressista’) assai delusa per la Relazione finale del Sinodo 2014. Nuovo Instrumentum laboris e, in avvicinamento al Sinodo, nuove polemiche per un rinnovato e più coordinato attivismo del fronte ‘conservatore’ (un volume con saggi di undici cardinali di tutto il mondo e un altro con contributi di undici presuli africani, fra cui sette cardinali, oltre a convegni vari, tra cui quello organizzato da ‘La Nuova Bussola quotidiana’ e da ‘Il Timone’ il 30 settembre presso l’Angelicum, con i cardinali Burke e Caffarra). Nel contempo papa Francesco emanava l’8 settembre due Motu proprio (uno anche per le Chiese orientali) sullo snellimento dei processi di nullità matrimoniale, documenti nei quali non pochi hanno intravisto un potenziale allargamento a dismisura del numero di tali processi e l’introduzione de facto di un ‘divorzio cattolico’. Fatto sta che con tali Motu proprio Jorge Mario Bergoglio ha imposto in effetti al Sinodo una procedura che difficilmente, se ne avesse avuto la possibilità, il Sinodo avrebbe accolto così com’era stata formulata (compreso l’incredibile “ecc…” alla fine dell’elenco delle possibili cause di nullità).
IL SINODO 2015: LE TURBOLENZE
Ed eccoci al secondo Sinodo sulla famiglia, svoltosi lungo tre settimane di lavori dal 5 al 25 ottobre. Molte le novità procedurali, a partire dall’abolizione della Relazione intermedia e della Commissione per il Messaggio: fondamentale anche la forte valorizzazione del lavoro nei Circuli minores linguistici. Non sono mancate neppure le turbolenze, a partire dal tentativo di influenzare il Sinodo operato dalla nota lobby alla vigilia dell’apertura con la clamorosa e pubblica esternazione omosessuale di mons. Charamsa. Un tentativo che è apparso a dir poco controproducente per la nota causa, tanto è vero che il tema è risultato de facto inesistente nei lavori assembleari. Di ‘cospirazione’ si è parlato poi a sproposito per la lettera di 13 cardinali consegnata al Papa nel primo giorno effettivo di lavori , lunedì 5 febbraio. Era una lettera che esprimeva le legittime e giustificate preoccupazioni di chi voleva evitare che si ripetessero le manipolazioni tentate e concretizzate nel Sinodo dell’anno precedente. Indubbiamente la lettera ha avuto il suo effetto positivo, poiché ha stimolato nella maggioranza dei padri sinodali una maggiore attenzione verso le procedure previste dalla Segreteria generale. Un terzo momento di tensione si è avuto per la pubblicazione di notizie rassicuranti e inquietanti nel contempo (tumore benigno al cervello) sulla salute del papa: più che altro sembra essere stato un grave infortunio di un giornalismo tentato sempre più dal sensazionalismo. In ogni caso associare da parte del coro dei turiferari tre fatti distinti come l’esternazione di mons. Charamsa, la lettera dei tredici cardinali e la notizia giornalistica sulla salute del Papa per suggerire all’opinione pubblica la tesi di un complotto antipapale è parsa una manovra non solo scorretta, ma anche risibile.
IL SINODO 2015: LA MAGGIORANZA CONSERVATRICE E L’ENORME TRUFFA MEDIATICA
Che anche il secondo Sinodo sulla famiglia contasse su una maggioranza di padri fedeli alla dottrina sociale della Chiesa sembra assodato. Questo nonostante che papa Francesco, violando il Regolamento del Sinodo (art. 5, paragrafo 4: “Alle singole assemblee (NdR: sinodali) partecipano anche i membri, vescovi o religiosi in rappresentanti degli Istituti Religiosi Clericali o anche ecclesiastici esperti, nominati dal Romano Pontefice, fino al 15% del numero totale dei membri), abbia nominato 45 padri (ovvero il 17% del totale di 270 membri), in grande maggioranza ‘progressisti’. Malgrado ciò la maggioranza ‘conservatrice’ era evidente: basti pensare ai risultati delle elezioni per il nuovo Consiglio sinodale, con il numero massiccio di voti raccolto da suoi esponenti come l’arcivescovo di Filadelfia Chaput e i cardinali Pell, Sarah, Napier. Anche la Relazione finale rispecchia tale situazione. Tuttavia i membri di nomina pontificia (ripetiamo: nominati in un numero che violava il Regolamento) sono risultati decisivi nei voti sui punti più contrastati, assicurandone di stretta misura l’approvazione con la maggioranza qualificata. Per quale motivo? Sui punti in questione (i numeri 84, 85, 86), riguardanti i divorziati risposati, la maggioranza ‘conservatrice’ si era divisa tra chi era disposto, pur se controvoglia, a una potenziale ‘apertura’ in nome di una vagheggiata ‘unità della Chiesa’ e chi invece non era disposto a nessuna concessione fosse pure solo potenziale.
Il testo approvato (certo elaborato in italiano da mani ‘progressiste’ molto abili) non parla certo di accesso alla comunione per i divorziati risposati (anzi è stata tolta l’espressione dal passo della relazione del gruppo linguistico tedesco cui chiaramente è ispirato): tuttavia è vagamente connotato da una certa ambiguità sul tema. E di tale ambiguità si sono subito (scorrettamente) impossessati cardinali, altri padri e la nutrita schiera dei turiferari che vegetano nei grandi mezzi di informazione (agenzie di stampa comprese) per proclamare a gran voce che il Sinodo aveva votato per il ‘sì’ alla comunione per i divorziati risposati. Un’enorme truffa mediatica che ha ingannato l’opinione pubblica, seminando tra l’altro sconcerto tra molti cattolici. Ora il cerchio si chiuderà con il pronunciamento di papa Francesco: terrà conto Jorge Mario Bergoglio della volontà vera del Sinodo?
P.S. L’articolo in versione cartacea appare nel ‘Primo piano’ del numero di dicembre 2015 del mensile italiano di apologetica cattolica “il Timone”.
Nel momento in cui scriviamo queste righe ancora le bocce non sono ferme. Il lungo percorso sinodale incominciato con l’annuncio del 2013 attende di concludersi con il documento magisteriale che papa Francesco promulgherà, secondo le previsioni, in tempi non lunghi e probabilmente in relazione con il Giubileo iniziato l’8 dicembre. Per il momento Jorge Mario Bergoglio si vuole prendere un certo tempo per ulteriori riflessioni in materia, almeno stando a quanto ha detto egli stesso. In ogni caso suscita attenzione, dati gli stretti rapporti dell’autore con Casa Santa Marta, l’ampio commento ragionato sul Sinodo che padre Spadaro ha pubblicato recentemente sul quindicinale di cui è direttore, ‘La Civiltà Cattolica”. Nella sua interpretazione l’autore evidenzia tra l’altro che il Sinodo avrebbe aperto le porte nella Relazione finale all’accesso dei divorziati risposati ai sacramenti. Dunque il solco è tracciato e indietro non si torna: questa la linea dettata da padre Spadaro (e seguita pedestremente da non pochi massmedia turiferari, come già è accaduto a partire dall’annuncio stesso dei due Sinodi sulla famiglia). Spadaro è corroborato nella sua tesi dallo stesso suo Generale, padre Adolfo Nicolas, che – in un’intervista al ‘Corriere della Sera’ del 26 ottobre - così definisce il documento conclusivo del recente Sinodo: “Il fatto che la relazione finale sia stata approvata, che tutti i punti abbiano superato i due terzi, è importante. E’ un documento che lascia le mani libere a Francesco. Il Papa può fare ciò che considera buono, opportuno o necessario. Nella mente di tutti, in commissione, c’era l’idea di preparare un documento che lasciasse le porte aperte: perché il Papa potesse entrare o uscire, fare come crede”. E’ chiaro?
QUESTIONARIO E SINODO 2014
Ripercorriamo sinteticamente il lungo cammino sinodale incominciato due anni fa. Dapprima fu il Questionario con la sua quarantina di domande a beneficio dei fedeli (non solo: in Svizzera, ad esempio, anche di non-cattolici o non-credenti, legati magari per convivenza a un fedele): difficile valutarne il riscontro globale in termini numerici. Si può solo dire che in alcuni Paesi dell’Europa occidentale come Germania, Francia, Svizzera, Austria, Belgio una parte non indifferente della ‘base’ cattolica si è sentita coinvolta. Attivi in quel caso soprattutto i gruppi cosiddetti ‘progressisti’, con le loro richieste di accesso alla Comunione per i divorziati risposati e di benedizione per le unioni tra persone dello stesso sesso. Le risposte furono considerate, insieme naturalmente con il parere degli episcopati nazionali, per la stesura dell’ Instrumentum laboris per il Sinodo straordinario – di due settimane - dell’ottobre 2014. In occasione del Concistoro del febbraio 2014 il cardinale Kasper tenne poi una relazione genericamente ‘aperturista’, con un’insistenza particolare sull’accoglienza dei divorziati risposati. Il Sinodo dell’ottobre 2014 (preceduto da forti polemiche rossoporpora per la pubblicazione di un volume con saggi di cinque cardinali fedeli alla vigente dottrina sociale della Chiesa) risultò molto travagliato, data anche l’evidente manipolazione cui era stato sottoposto. Basti pensare alla relazione intermedia (Post disceptationem ) ufficialmente a firma del cardinale ungherese Peter Erdö, ma dallo stesso clamorosamente rinnegata in conferenza-stampa in alcuni punti delicati, frutto di mani altrui. Tale relazione fu poi sostanzialmente stracciata nell’ultima parte del Sinodo per far posto alla più equilibrata Relazione finale, dopo altre turbolenze, in virù delle quali papa Francesco fu costretto a includere nella Commissione (fino ad allora quasi monocolore) per la stesura del testo conclusivo anche il cardinale africano Napier e un vescovo australiano. Ci si ricorderà che tre punti della Relazione finale non raccolsero la maggioranza qualificata dei due terzi: riguardavano proprio l’accoglienza fino ad un “eventuale accesso ai sacramenti “ dei divorziati risposati e quella degli omosessuali (in quest’ultimo caso i voti contrari erano da annoverare tra la minoranza ‘progressista’, irritata per la forte correzione di rotta apportata in materia rispetto alla Relazione intermedia).
IL PERIODO INTERSINODALE
Venne poi il periodo ‘intersinodale’. Nuovo Questionario e stavolta la ‘base’ dei già citati Paesi dell’Europa occidentale ha partecipato in genere in minor misura, forse (per la parte ‘progressista’) assai delusa per la Relazione finale del Sinodo 2014. Nuovo Instrumentum laboris e, in avvicinamento al Sinodo, nuove polemiche per un rinnovato e più coordinato attivismo del fronte ‘conservatore’ (un volume con saggi di undici cardinali di tutto il mondo e un altro con contributi di undici presuli africani, fra cui sette cardinali, oltre a convegni vari, tra cui quello organizzato da ‘La Nuova Bussola quotidiana’ e da ‘Il Timone’ il 30 settembre presso l’Angelicum, con i cardinali Burke e Caffarra). Nel contempo papa Francesco emanava l’8 settembre due Motu proprio (uno anche per le Chiese orientali) sullo snellimento dei processi di nullità matrimoniale, documenti nei quali non pochi hanno intravisto un potenziale allargamento a dismisura del numero di tali processi e l’introduzione de facto di un ‘divorzio cattolico’. Fatto sta che con tali Motu proprio Jorge Mario Bergoglio ha imposto in effetti al Sinodo una procedura che difficilmente, se ne avesse avuto la possibilità, il Sinodo avrebbe accolto così com’era stata formulata (compreso l’incredibile “ecc…” alla fine dell’elenco delle possibili cause di nullità).
IL SINODO 2015: LE TURBOLENZE
Ed eccoci al secondo Sinodo sulla famiglia, svoltosi lungo tre settimane di lavori dal 5 al 25 ottobre. Molte le novità procedurali, a partire dall’abolizione della Relazione intermedia e della Commissione per il Messaggio: fondamentale anche la forte valorizzazione del lavoro nei Circuli minores linguistici. Non sono mancate neppure le turbolenze, a partire dal tentativo di influenzare il Sinodo operato dalla nota lobby alla vigilia dell’apertura con la clamorosa e pubblica esternazione omosessuale di mons. Charamsa. Un tentativo che è apparso a dir poco controproducente per la nota causa, tanto è vero che il tema è risultato de facto inesistente nei lavori assembleari. Di ‘cospirazione’ si è parlato poi a sproposito per la lettera di 13 cardinali consegnata al Papa nel primo giorno effettivo di lavori , lunedì 5 febbraio. Era una lettera che esprimeva le legittime e giustificate preoccupazioni di chi voleva evitare che si ripetessero le manipolazioni tentate e concretizzate nel Sinodo dell’anno precedente. Indubbiamente la lettera ha avuto il suo effetto positivo, poiché ha stimolato nella maggioranza dei padri sinodali una maggiore attenzione verso le procedure previste dalla Segreteria generale. Un terzo momento di tensione si è avuto per la pubblicazione di notizie rassicuranti e inquietanti nel contempo (tumore benigno al cervello) sulla salute del papa: più che altro sembra essere stato un grave infortunio di un giornalismo tentato sempre più dal sensazionalismo. In ogni caso associare da parte del coro dei turiferari tre fatti distinti come l’esternazione di mons. Charamsa, la lettera dei tredici cardinali e la notizia giornalistica sulla salute del Papa per suggerire all’opinione pubblica la tesi di un complotto antipapale è parsa una manovra non solo scorretta, ma anche risibile.
IL SINODO 2015: LA MAGGIORANZA CONSERVATRICE E L’ENORME TRUFFA MEDIATICA
Che anche il secondo Sinodo sulla famiglia contasse su una maggioranza di padri fedeli alla dottrina sociale della Chiesa sembra assodato. Questo nonostante che papa Francesco, violando il Regolamento del Sinodo (art. 5, paragrafo 4: “Alle singole assemblee (NdR: sinodali) partecipano anche i membri, vescovi o religiosi in rappresentanti degli Istituti Religiosi Clericali o anche ecclesiastici esperti, nominati dal Romano Pontefice, fino al 15% del numero totale dei membri), abbia nominato 45 padri (ovvero il 17% del totale di 270 membri), in grande maggioranza ‘progressisti’. Malgrado ciò la maggioranza ‘conservatrice’ era evidente: basti pensare ai risultati delle elezioni per il nuovo Consiglio sinodale, con il numero massiccio di voti raccolto da suoi esponenti come l’arcivescovo di Filadelfia Chaput e i cardinali Pell, Sarah, Napier. Anche la Relazione finale rispecchia tale situazione. Tuttavia i membri di nomina pontificia (ripetiamo: nominati in un numero che violava il Regolamento) sono risultati decisivi nei voti sui punti più contrastati, assicurandone di stretta misura l’approvazione con la maggioranza qualificata. Per quale motivo? Sui punti in questione (i numeri 84, 85, 86), riguardanti i divorziati risposati, la maggioranza ‘conservatrice’ si era divisa tra chi era disposto, pur se controvoglia, a una potenziale ‘apertura’ in nome di una vagheggiata ‘unità della Chiesa’ e chi invece non era disposto a nessuna concessione fosse pure solo potenziale.
Il testo approvato (certo elaborato in italiano da mani ‘progressiste’ molto abili) non parla certo di accesso alla comunione per i divorziati risposati (anzi è stata tolta l’espressione dal passo della relazione del gruppo linguistico tedesco cui chiaramente è ispirato): tuttavia è vagamente connotato da una certa ambiguità sul tema. E di tale ambiguità si sono subito (scorrettamente) impossessati cardinali, altri padri e la nutrita schiera dei turiferari che vegetano nei grandi mezzi di informazione (agenzie di stampa comprese) per proclamare a gran voce che il Sinodo aveva votato per il ‘sì’ alla comunione per i divorziati risposati. Un’enorme truffa mediatica che ha ingannato l’opinione pubblica, seminando tra l’altro sconcerto tra molti cattolici. Ora il cerchio si chiuderà con il pronunciamento di papa Francesco: terrà conto Jorge Mario Bergoglio della volontà vera del Sinodo?
P.S. L’articolo in versione cartacea appare nel ‘Primo piano’ del numero di dicembre 2015 del mensile italiano di apologetica cattolica “il Timone”.
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