lunedì 7 dicembre 2015

Una domanda al nuovo Vescovo di Palermo. Costituzione, Vangelo e Corano


 


di Assuntina Morresi 
 
Il nuovo vescovo di Palermo, don Corrado Lorefice – così vuole essere chiamato, senza l’Eccellenza, e con il “tu” – il giorno del suo insediamento in città ha scelto di leggere non passi del Vangelo, ma l’articolo tre della costituzione italiana, quello che recita “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, assicurando i suoi nuovi concittadini che sarà questa la “bussola del suo operato”.
 
Rispettando le sue richieste, gli chiediamo: caro Don Corrado, chi secondo te a Palermo dovrebbe citare il Vangelo, a questo punto? Il sindaco Orlando, il prefetto antimafia, oppure chi? Chi spiegherà ai palermitani la lezione di papa Francesco, che incessantemente ci ricorda che è il Vangelo che ispira la sua pastorale della povertà, che è la buona novella quella che lui porta agli emarginati, agli ultimi, alle periferie del mondo? 
 
E d'altra parte, se bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare, lasciamo che siano le autorità laiche a citare la legge, e a dichiarare che la costituzione sarà la "bussola" del loro operato. 
 
Per chi è preposto a coltivare le vigne del Signore, la bussola immagino sia costituita dalle parole di Gesù, che nel mondo di oggi sono sempre più dimenticate, o strumentalizzate. 
 
Forse bisognerebbe ricordare anche che i concetti di laicità, di uguaglianza e dignità affondano le radici proprio nel Vangelo; è il cristianesimo che li ha introdotti nel pensiero dell'occidente, ed è da lì che si sono sviluppati, sono diventati patrimonio comune, e infine sono penetrati nelle costituzioni. 
L'uguaglianza e la dignità di ogni essere umano derivano dall’essere tutti figli di Dio, quel Dio che ci ha mandato Suo Figlio per salvarci: non sarebbe magari utile ripeterlo, se si sceglie di citare la costituzione? 
 
Senza qualche accenno a tutto questo, l'insediamento di un vescovo rischia di assomigliare un po' troppo ai convegni di Giustizia e Libertà con Zagreblesky, con i cattolici sempre più confusi e disorientati. 
 
Nel frattempo, altre comunità, in questo stesso paese, agitano il proprio libro sacro come la fonte di ogni verità, anche storica: impressiona quello che è accaduto in una scuola milanese, di cui si è finalmente accorta anche la grande stampa, visto che erano proprio due giornalisti del Corriere ad animare la discussione con gli studenti. 
 
La divisione tra sunniti e sciiti, secondo il gruppetto di ragazzi islamici presenti al dibattito, non va spiegata con altri libri a parte il Corano: basta leggere questo, il resto è superfluo: tutte bugie. 
L'operazione compiuta dal vescovo di Palermo è insieme, contraria e convergente: citiamo la costituzione, perché è il testo laico quello più importante per guidare il nostro operato. 
 
Se siamo i primi a ignorare le radici cristiane del nostro mondo, se persino il vescovo sceglie di non ricordare che è quello il libro che guida le nostre vite e ispira le nostre azioni, non è in pericolo la fede cristiana (quella vive nei cuori e nelle opere dei credenti) ma proprio la costituzione. 

 
 
 
 
 
 

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