Il cardinale Raymond Burke, patrono dell’Ordine di Malta, sul National Catholic Register commenta il recente editoriale del direttore della Civiltà Cattolica, p. Antonio Spadaro SJ, a proposito del sinodo 2015.
In particolare fa alcune valutazioni a partire dal sommario del testo di p. Spadaro:
Il Sinodo ha pure voluto toccare le persone e le coppie ferite per accompagnarle e sanarle in un processo di integrazione e di riconciliazione senza barriere. Circa l’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati civilmente, il Sinodo ha formulato la via del discernimento e del «foro interno», ponendone le basi e aprendo una porta che invece nel Sinodo precedente era rimasta chiusa.
“A parte il fatto”, scrive Burke, “che molti padri sinodali affermano che il Sinodo ha confermato la pratica costante della Chiesa per quanto riguarda coloro che vivono una unione irregolare”, il fatto è “che il Sinodo non poteva aprire una porta che non esiste e non può esistere, vale a dire, un discernimento in coscienza che contraddica la verità sulla suprema santità della Eucaristia e dell’indissolubilità del matrimonio.”
“Il Sinodo, come la Chiesa ha sempre insegnato e praticato, ha voluto mostrare l’amore verso le persone che si trovano in una situazione che non è coerente con gli insegnamenti di Cristo e della sua Chiesa. (…) L’amore di Cristo accompagna la persona sulla via del pentimento e della riparazione, in modo che possa ancora essere pronto ad incontrare Cristo nei sacramenti.”
Per questo, scrive Burke, “la via del discernimento con cui il sacerdote accompagna il penitente che vive in una unione irregolare aiuta il penitente a conformare la sua coscienza verso la verità della Santissima Eucaristia e alla verità del matrimonio a cui è legato.”
“Papa Giovanni Paolo II”, specifica il porporato statunitense, “ha descritto la prassi della Chiesa nel “foro interno” nel n ° 84 della Familiaris Consortio. La dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi del 24 giugno 2000, illustra l’insegnamento nel n 84 di Familiaris consortio. Entrambi questi documenti sono citati nel rapporto finale del sinodo, purtroppo in modo ingannevole.” Così si potrebbe “dare l’impressione che vi possa essere un’altra pratica del “foro interno”, che permetterebbe ad una persona che vive una unione irregolare di avere accesso ai sacramenti, in modo che la coscienza può essere in conflitto con la verità della fede.”
“Questo suggerimento”, conclude Burke, “pone i sacerdoti in una situazione impossibile, l’aspettativa di poter “aprire una porta” per il penitente che, di fatto, non esiste e non può esistere. In ultima analisi, e per il più grave danno della Chiesa universale, si crea l’aspettativa che il Romano Pontefice possa sanzionare una pratica che è in contrasto con le verità della fede. Il Sinodo dei Vescovi, in accordo con la sua natura e finalità, non può essere lo strumento di una tale aspettativa.”
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