Mons. Schneider ha detto che è emersa all’interno della Chiesa una fazione con l’obiettivo di cambiare ufficiosamente la dottrina sui sacramenti.
di Emmanuele Barbieri (17-12-2015)
Mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare della diocesi di Astana in Kazakhstan, e segretario generale della Conferenza dei vescovi cattolici di quel Paese, ha tenuto il 26 novembre, alla Fondazione Lepanto, una applauditissima conferenza sul tema del matrimonio cristiano.
Il vescovo ha esordito ricordando che Nostro Signore Gesù Cristo, restaurò la dignità originale della natura umana, ferita dal peccato, anche per quanto riguarda la sessualità dell’essere umano. I farisei e gli scribi cercarono di far legittimare da Gesù la pratica del divorzio, introdotta da Mosé a causa della durezza di cuore del popolo ebraico, ma Gesù proclamò loro e continua a proclamare agli uomini di tutti i tempi la verità divina, sul matrimonio, «non ammettendo alcun sofisma né alcuna eccezione in virtù di una pretesa prassi pastorale, come pretendevano i farisei e gli scribi».
Nel Suo insegnamento Egli arriva persino a proclamare: «Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore» (Mt 5, 28). «Questo comandamento di Cristo – ha ribadito mons. Schneider – è universalmente valido e significa che desiderare in maniera lussuriosa una persona che non è il proprio marito o la propria moglie, agli occhi di Dio è già, nell’intenzione, un peccato contro il sesto comandamento. Cristo quindi ha condannato ogni deliberato atto sessuale mentale e, a fortiori, corporale, al di fuori del matrimonio, in quanto contrario alla volontà di Dio».
Mons. Schneider ha aggiunto che negli ultimi anni è emersa all’interno della Chiesa una fazione, composta da sacerdoti e persino da vescovi e cardinali, con l’obiettivo di cambiare la pratica immemorabile della Chiesa cattolica, per la quale le persone divorziate, che vivono una relazione di adulterio permanente, non possono ricevere la Santa Comunione.
Gli argomenti usati da questa fazione ricordano quelli degli gnostici dell’era paleocristiana, secondo i quali era di fatto possibile una contraddizione tra la dottrina e la pratica, e la teoria di Martin Lutero sulla forza salvifica della fede, indipendentemente dal proprio stile di vita e persino dal pentimento e dalla vera emendazione. Tale fazione tenta di giustificare con sofismi anche il peccato degli atti omosessuali, adducendo a giustificazione di tali coppie le loro buone qualità. Ma la verità della Parola di Dio nella Sacra Scrittura resta pienamente valida in merito ai nostri giorni come lo fu al tempo di Gesù: «Non vi ingannate: né i lussuriosi, né gli adulteri, né quelli che praticano atti omosessuali erediteranno il regno di Dio» (1Cor 6, 9).
Se esponenti del clero perorano, la causa dell’ammissione dei divorziati alla Santa Comunione, di fatto – ha continuato il vescovo – solennizzano l’adulterio ed il peccato contro il sesto Comandamento di Dio. «Tali chierici trasmettono ai fedeli il messaggio secondo cui il loro divorzio e la loro continua violazione del proprio vincolo sacramentale può alla fine diventare una realtà positiva. In altre parole: mentono».
Questa nuova fazione clericale per giustificare l’accettazione degli atti sessuali compiuti al di fuori del matrimonio e persino quelli contro natura, invoca “uno stile pastorale di benvenuto”, abusando così sentimentalmente di tale espressione. Ma, come affermava San Pio X: «La dottrina cattolica ci insegna che il primo dovere della carità non consiste nella tolleranza delle convinzioni erronee, per quanto sincere esse siano, né nell’indifferenza teorica o pratica per l’errore o per il vizio, in cui vediamo essere immersi i nostri fratelli, ma nello zelo per il loro miglioramento intellettuale e morale, non meno che per il loro benessere materiale» (Notre charge Apostolique, 15 agosto 1910).
© Corrispondenza Romana (17-12-2015)
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