venerdì 16 gennaio 2015

Susanna Tamaro: cosa chiede il mondo alla Chiesa?


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Cosa accade nella Chiesa cattolica di Germania? Nella terra di Benedetto XVI si consuma, non da oggi, uno scontro tra visioni contrapposte: quelle incarnate da una parte dai cardinali Brandmüller e Müller (autori, con altri cardinali e teologi, di un importante testo sul matrimonio cattolico, “Permanere nella verità di Cristo”, Cantagalli), e quella di cui sono interpreti altri due alti prelati tedeschi, Kasper e Marx. Ma quali i fatti? La situazione della chiesa tedesca sembra essere questa: abbondanza di soldi, ma altrettanta povertà di vocazioni e di fedeli. Lorenzo Bertocchi, giornalista sempre serio, informato e puntuale, sull’Osservatorio Sinodo 2015 della Nuova Bussola quotidiana, scrive: “La Chiesa tedesca solo nel 2013 ha visto un calo del 10% dei partecipanti alla Messa… Il numero di sacerdoti è in costante e inesorabile calo. Ciò che rimane alto però è il volume d’affari: nel 2013 l’imposta di culto ha fruttato qualcosa come 5,2 miliardi di euro… Il pagamento della tassa (presente anche in Austria e Svizzera) è moralmente obbligatorio per i fedeli, visto che viene proposta sotto pena di distacco dalla Chiesa, una scomunica comminata dal “fisco”. Molti commentatori dicono che la voglia di riforme della Chiesa tedesca, soprattutto per l’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati e, perché no, anche alla benedizione delle coppie omosessuali, riposa in questioni non troppo spirituali, ma legate alla garanzia del gettito “fiscale”. Affari di cassa”.

Difficile, se non impossibile, sapere se le cose stanno proprio così, o se la cassa e l’influsso protestante tirano nella medesima direzione. Certamente le confessioni più “progressiste”, a partire da quelle protestanti sino alla chiesa cattolica tedesca, non possono vantare altro che una diminuzione costante di fedeli e di vitalità. Sono le rivoluzioni dottrinali, allora, quelle di cui il mondo ha bisogno? Con la parola mondo il Vangelo indica due realtà ben distinte: il mondo posto sotto il maligno, regno della superbia e dell’orgoglio, e il mondo che cerca la Salvezza. Anche oggi vi sono due mondi: quello che esalta ogni innovazione, dipingendola come espressione di misericordia, e quello che invece cerca oasi in cui riposare, sorgenti di acqua fresca, messaggi forti, di vera misericordia e resurrezione.

Per capire cosa il mondo, in questa seconda accezione, chieda, più o meno consapevolmente, alla Chiesa e ai cristiani, si possono a mio avviso leggere le rubriche che la scrittrice Susanna Tamaro ha tenuto, da ottobre a dicembre, sul quotidiano Avvenire. Prendendo le mosse da un suo precedente articolo sul Corriere del 2010. Susanna Tamaro vi scriveva di provenire “da un ambiente ateo, anticlericale e massone”, e di trovarsi da anni in “una posizione di confine”: sempre più vicina alla Chiesa cattolica, ma con un cruccio. Come mai, si chiedeva, la sete di fede sua e di tanti amici passati attraverso le esperienze più varie, aveva incontrato così pochi “padri” spirituali all’altezza, così poca coerenza, così poca soprannaturalità: “Questa sete di verità e bellezza (che c’è in tanti, ndr) non può venire soddisfatta dalla mediocrità delle vite e delle testimonianze né da una liturgia che ha abbandonato il sacro diventando sempre più simile a sorta di intrattenimento televisivo. Se una nuova evangelizzazione ci deve essere, dovrebbe dunque riguardare prima di tutti gli uomini e le donne della chiesa, responsabili purtroppo – in molti, troppi casi – dell’allontanamento dalla fede di tante persone di valore”.

Cosa chiede, allora, il mondo alla Chiesa? Tamaro, allora, si rispondeva così: anime arrese alla Grazia, capaci così di convertire e dissetare; non sacerdoti che “trafficano, organizzano, o si assopiscono sui loro privilegi”. Ebbene, nella recente rubrica citata, intitolata “Cuore pensante”, la Tamaro ha chiesto ai cattolici di avere, appunto, un cuore pensante: non solo un cuore, ma anche un pensiero; non solo un pensiero, radicato nel soprannaturale, ma anche un cuore. L’11 dicembre scriveva: “Anche nella Chiesa il discorso del combattimento è stato per lo più abbandonato. La capacità di distinguere il male dentro di sé, e di combatterlo con strenua fermezza, ha lasciato il posto ad una generica idea di buona volontà. Personalmente, tutta questa melassa giustificatoria nelle Scritture non riesco a vederla, mentre vedo benissimo ovunque in movimento l’energia del combattimento. Taci ed esci! Ordina Gesù allo spirito immondo. Non dice: Abbracciamoci e vogliamoci bene comunque, che è la cosa più importante”. Quale giorno dopo, Tamaro fondava la sua rubrica su una parola ormai desueta tra gli stessi credenti: “Eternità”. In un’altra rubrica ancora, rievocando, a quanto capisco, sofferenze familiari infantili, spiegava che l’amore desiderato dai figli, qualora venga “tradito o deluso”, crea uno “squarcio”, lacera l’anima, e “da questa lacerazione entrano tutte le negatività, tutte le distruzioni”.

E’ proprio per questi bambini, oltre che per gli sposi, che il mondo chiede alla Chiesa, anche in Germania, di continuare, nonostante il sentire dei tempi, a proclamare la possibilità e la bellezza dell’amore coniugale, per sempre. Che è immagine dell’eternità dell’amore di Dio; che richiede, anche, capacità di combattimento interiore.








Il Foglio, 16/1/2015






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