venerdì 23 gennaio 2015

La cultura della vita alla riscossa








Qui sotto l'editoriale di oggi (quanti quotidiani italiani avranno dato notizia dell'annuale Marcia per la vita di Washington svoltasi oggi?)




di Mario Adinolfi

Mezzo milione di persone si metteranno oggi in cammino per il “mall” di Washington nella più vasta March for life della storia americana: una marcia per il diritto alla vita, contro la cultura dell’aborto, a difesa di chi non ha voce. E’ stata definita dagli organizzatori “la più vasta manifestazione per i diritti civili che si sia mai tenuta in terra statunitense”. Ed è vero. Così come è vero ed intelligente essersi appropriati della locuzione “diritti civili” perché non c’è diritto più incivile che quello della donna di uccidere il bambino nel proprio grembo. Diceva bene Madre Teresa di Calcutta che siamo senza speranza se consideriamo elemento di libertà lasciare che una mamma possa sopprimere il proprio figlio indifeso, perché se questo è consentito allora chi ci fermerà dall’ucciderci l’un l’altro.

La cultura della vita contro la cultura dello scarto è stata anche al centro del discorso tenuto da Papa Francesco all’udienza generale del mercoledì che fa seguito al suo viaggio in Sri Lanka e Filippine: “Ogni figlio è una benedizione”, ha detto il Santo Padre anche per fugare alcuni dubbi interpretativi (che noi non abbiamo avuto, l’ha spiegato bene Giovanni Marcotullio ieri su queste pagine) dopo la frase sui “conigli” pronunciate in aereo conversando con i giornalisti al seguito del viaggio papale. Le famiglie numerose ringraziano il pontefice per la frase grata e rassicurante loro riservata: semmai è stato possibile qualche dubbio attorno all’amore che Francesco ha per la famiglia feconda, certo è stato definitivamente fugato.

Stiamo assistendo a un risveglio della cultura della vita, potremmo parlare di una vera e propria riscossa che qua e là porta mobilitazioni di popolo che fanno ben sperare, che si sia al convegno sulla famiglia iperpartecipato di Milano o alla marcia di Washington che si annuncia più che imponente. Certo, i nemici della vita e i portatori di una cultura mortifera sono potenti e molto ben finanziati, sostenuti dalla quasi totalità dei mass media mainstream. Ma a livello popolare la sorgente calda che si oppone a questo nichilismo sta producendo un fiume di carità e speranza.

In questo contesto vanno lette anche alcune dichiarazioni che ho rilasciato sul ruolo fondante della donna nella famiglia cristiana (subito assimilate ad una richiesta di “sottomissione” femminile che ovviamente non esiste nel mio pensiero né nella dottrina, se non nel senso paolino della donna che è pietra “messa sotto” l’unità familiare, rappresentandone le fondamenta) e anche sul più prosaico dibattito riguardo l’uso del preservativo, a mio avviso completamente inutile nella battaglia reale anche contro le malattie a trasmissione sessuale se prima non si avvia una riflessione operativa sulla sessualità responsabile. 

Ancora una volta solo la cultura della vita può battere o almeno significativamente minare la cultura della morte. A chi crede che, ad esempio, dall’Aids ci si protegga con il preservativo propongo questo interrogativo: se vostro figlio una sera vi chiedesse dei quattrini per andare a prostitute con gli amici voi gli insegnereste a mettersi il preservativo o lo terreste a casa magari con una bella ramanzina? Io sceglierei la seconda strada e riterrei d’averlo protetto dall’Aids più così che allungandogli cento euro e un deresponsabilizzante aggeggio di lattice.

Se riprende vigore la cultura della vita c’è qualcosa in cui sperare, abbattendo i meccanismi di denatalità e riaprendoci alla dimensione indicata da Francesco: accogliere ogni figlio come una benedizione.







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