di Luigi Santambrogio
Chi è più Charlie? Il tormentone è arrivato alla sua farsa finale, alla zuffa per il copyright, il marchio di fabbrica brevettato e regolarmente depositato. Charlie c'est moi, "Basta con i finti Charlie", intima il Giornale. L'Hebdo impazza, le sue vignette sono qui e in ogni luogo: su Facebook, sui blog, negli instant book: il Corriere della Sera l'annuncia per domani, magari con una breve prefazione di Vauro o Forattini. Le più feroci e blasfeme sono già state pubblicate (la stampa italiana e mondiale ha sfoderato il suo cuor di leone solo a strage avvenuta), almeno quelle che fanno a pezzi il Profeta Maometto e i suoi mullah in terra. Nessuno però, tra i grandi media laici e illuminati, ha ricordato che i vignettari di Charlie menavano gran colpi di matita anche sulla testa dei Papi e della triade a capo della Chiesa cattolica: Padre, Figlio e Spirito Santo. Tanto meno hanno offerto qualche esempio illustrato di questa satira no limits e no religion delle nuove Marianne del lapis made in France.
Non tutti, però. Qualcuno ha pensato a riempire il vuoto di informazione pubblicando, senza censura le vignette blasfeme anti Papa e anti Cristo. L’ha fatto la rivista Études, prestigioso e serioso mensile della Compagnia di Gesù, fondato a Parigi nel 1856. Strano, ma vero. Da sant Ignazio di Loyola a sant Charlie de Paris: la notizia ha il sapore della burla, quasi uno scherzo in stile con lo spirito irriverente e dissacratorio della satira di Hebdo. Potrebbero averla inventata anche loro: purtroppo (ma questo dipende dai punti di vista) non è così. Le vignette appaiono davvero sulla impegnatissima revue dei gesuiti francesi. Con motivazioni davvero “ridicole”, ma non nel senso che fanno ridere. Anzi.
Spiega Études, gemella dell’italiana La Civiltà Cattolica: «Abbiamo deciso di mettere on-line alcuni cartoni di Charlie Hebdo che si riferiscono al cattolicesimo». E tutti questi disegni, infatti, si riferiscono al pontefice e al Vaticano. Protagonisti Cristo, Ratzinger e Papa Francesco. «È un segno di forza», sta scritto sul sito della rivista diretta da Francois Euvè, «essere in grado di ridere di alcuni aspetti dell’istituzione a cui apparteniamo, perché è un modo per dire che ciò che apprezziamo è al di là delle forme sempre transitorie e imperfette». L’umorismo nella fede è «un buon antidoto contro il fanatismo» e, aggiungono nell'intervento firmato dalla redazione e intitolato Noi siamo Charlie, la vittima del terrorismo è stata anche «la libertà di espressione». Inoltre, «le reazioni unanimi, da destra e sinistra, da credenti e non, invitano», concludono i gesuiti, «a non cedere alla paura e a difendere una società plurale». Vabbè, nulla di nuovo e di più rispetto alla marea di retorica e laicitè pret-à-porter rovesciata sull’opinione pubblica da giornali e Tv. E questo è il problema perché dalla voce della Compagnia ignaziana era lecito aspettarsi qualcosa di più. Qualche idea diversa e originale circa l’identità cristiana messa alla prova dal massacro di Parigi.
Chissà, forse il direttore s’è sentito obbligato a prendere sul serio l’invito di papa Francesco (pure lui gesuita) ai vescovi della Curia romana: non siate persone «burbere e arcigne, le quali ritengono che per essere seri occorra dipingere il volto di malinconia, di severità». Dunque, fatevi una bella risata, venerati confratelli, ma, aggiungeva Francesco, datevi anche una bella regolata perché di cose da correggere ne avete. L’invito a sorridere, infatti, precedeva sonore e dolorose bacchettate ai vizi delle eccellenze curiali. Insomma: castigat ridendo mores. Ecco, i gesuiti hanno preso alla lettera solo la prima parte della lezione di Bergoglio e ci hanno aggiunto pure le figure: quelle di Charlie con Benedetto XVI che dopo le dimissioni e libero dagli impegni vaticani può finalmente amoreggiare con una guardia svizzera. O quella con Gesù che chiede ai cardinali di schiodarlo dalla croce perché vuole andare a votare per il nuovo Pontefice, mentre dal cielo scende la scritta: «Ancora un’elezione truccata». E quella di papa Francesco desnudo in Brasile, disegnato come una ballerina di samba con il fumetto che dice: «Pronto a tutto pur di adescare nuovi clienti». Che dite, vi state divertendo?
I redattori di Études sicuramente sì, un po’ meno i lettori. Sul sito della rivista (clicca qui) c’è una valanga di commenti: lettori laici, ma anche religiosi e sacerdoti che in maggioranza si dicono scandalizzati dalle vignette e da quel ripetuto “Je suis Charlie” che campeggia sul numero on line. C’è anche chi è d’accordo, ma sono pochi. Come Robert che scrive: «Una caricatura non ha mai fatto male a nessuno, è solo un tratto di matita su un foglio. .. E Dio non è contento se critichiamo una vignetta». Gli risponde indignato Louis: ci sono altri modi, dice, di esprimere solidarietà e compassione. Poi l’affondo: «I commenti positivi alla vostra scelta vengono da persone atee o nemiche della Chiesa: non vi dice niente questo?». Infine, ricordando Benedetto XVI: «Cari amici, questo vostro cinismo non è quella tolleranza e apertura culturale che la gente si aspetta da noi cattolici. La tolleranza di cui abbiamo bisogno comprende il timore di Dio e il rispetto per ciò che è sacro per l’altro».
Bella lezione di teologia per una rivista che si vuole maestra di dottrina. «Costernato nel vedere queste oscene caricature sulla vostra rivista», dichiara un abate, che conclude secco: «Vergogna, povera Compagnia di Gesù». Anche Pin Bleu è scandalizzato: «queste volgarità sono indegne della rivista, ci sono dei limiti a ogni libertà». Va giù duro una lettrice che si firma La sommelière: non comprerà più la rivista perché «Avete perso ogni senso del sacro fino a confondere l’umorismo con la bestemmia. Siete peggio di loro». Qualcuno tenta una timida difesa («il miglior modo di resistere è ridere», scrive Tagada, però nessuno raccoglie la freddura) ma gli risponde Nolimetangere che ritorce la satira gesuitica con una fulminante battuta: “Jesu(s) is Charlie? No! Merci”.
Scherzi da preti, anzi da gesuiti che sembrano voler confermare quanto si dice di loro a proposito della proverbiale maestria nel gioco del cerchio e della botte: dribblare e scartare, stare con uno ma anche con l’altro (arte in cui anche Veltroni era un mago), dire e nello stesso tempo smentire. Infatti, Études si è ben guardata dal mettere in pagina le vignette più toste e oscene. Come quella con le tre persone della Trinità che si sodomizzano a vicenda.Troppo anche per una fede dotata di altissimo tasso di spirito, ma mica così ingenua da rischiare di attirarsi i fulmini dall’alto della Compagnia. Fatica inutile: il caso è già stato segnalato a chi di dovere.
Lo ha fatto padre Jean Francois Thomas, gesuita, che ha inviato alla Compagnia una durissima lettera di protesta. «Padre Thomas ripete quello che la maggioranza dei lettori di Etudes già hanno scritto: va bene la libertà di bestemmia, «ma che lo faccia una rivista della Compagnia è scandaloso. La peggiore è quella su Benedetto XVI perché è quasi diffamatoria. Quanto alla violazione del dramma della Crocifissione, è spregevole. Non credevo che certi gesuiti potessero ridere di un soggetto del genere. Io personalmente piango ogni giorno a causa del mio peccato e di tutte le sofferenze vissute sulla carne da tanti cristiani perseguitati, molto meno difesi dalla redazione di Études». Qualcuno ha ancora voglia di ridere?
La nuova Bussola Quotidiana 14-01-2015
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