La strage
attuata da militanti del terrorismo islamico presso la sede del giornale
satirico “Charlie Hebdo” a Parigi induce il nostro Osservatorio ad esprimere
alcune considerazioni, dato che quell’atto ha riproposto drammaticamente i gravi
problemi della convivenza tra religioni diverse, il senso della democrazia e
della libertà di espressione, l’uso della violenza e il terrorismo. Questi gravi
problemi sono stati riproposti con la morte
violenta di tante persone innocenti cui va prima di tutto il nostro sofferto
pensiero di suffragio.
Il
terrorismo, di qualsiasi matrice esso sia – ideologica, politica, religiosa – è
sempre da condannare. Su questo gli insegnamenti sociali della Chiesa, in
particolare quelli degli ultimi Pontefici e segnatamente di Giovanni Paolo II,
soprattutto dopo la strage dell’11 settembre 2001, sono inequivocabili. L’azione
terroristica, per sua natura, è una forma di violenza nei confronti di persone
innocenti. Le idee e le motivazioni di chi le compie, anche quando sono talmente
frutto di convinzione da motivare ai loro occhi il sacrificio della loro stessa
vita, non possono essere una giustificazione. I terroristi non sono mai
“testimoni”.
In modo
particolare desta sgomento il terrorismo “religioso”. Ciò che è contrario alla
ragione – aveva detto Benedetto XVI a Regensburg nel settembre 2006 – non viene
dal vero Dio. La violenza è contraria alla ragione. Ciò pone il grande problema
del rapporto delle fedi religiose con la verità della ragione. Il fanatismo, di
qualunque tipo esso sia, non tiene conto di questo rapporto. E’ del tutto
evidente che a questo proposito le religioni non sono per niente tutte uguali.
Il relativismo religioso della mentalità occidentale pone tutte le religioni
sullo stesso piano a questo proposito perché esso stesso ha tagliato i legami
con la verità della ragione. Ma le cose non stanno così. La religione cristiana,
secondo cui Gesù Cristo è il Logos di Dio, la sua eterna sapienza per cui sono
state fatte tutte le cose e la Chiesa è la Sposa del Logos, stabilisce un
rapporto profondo e netto tra fede e ragione che, invece, altre religioni non
stabiliscono. Nel suo famoso discorso di Regensburg, allora tanto contestato,
Benedetto XVI poneva questo problema, lo stesso che in questi giorni è stato
posto dall’attacco islamico a “Charlie Hebdo”.
Affrontare
questo problema è compito non solo delle religioni, ma anche della politica e
della ragione pubblica. Adottare la filosofia del relativismo religioso e
mettere tutte le religioni sullo stesso piano significa disarmarsi verso idee e
convinzioni che possono anche portare a questi atti. Il rispetto dovuto a tutte
le persone non implica una considerazione qualunquistica della diversità tra le
varie religioni. Esse possono contenere elementi potenzialmente dannosi per il
bene comune.
E per questo
motivo che, mentre aderiamo con convinzione alla condanna del terrorismo, non
aderiamo allo slogan che in questi giorni è stato tanto adoperato nelle piazze e
sui media: “Je suis Charlie”. Se si tratta, con ciò, di difendere la libertà e
la libertà di espressione in particolare, va bene. Se si tratta, invece, di
sposare l’ideologia di “Charlie”, ossia l’ideologia della denigrazione e dello
svuotamento contenutistico della libertà di critica allora non aderiamo.
Il
pensiero critico è importante ma non è l’unico aspetto del pensiero né sta
all’origine del pensare. Si criticano gli errori, il male, il brutto. Ciò
avviene perché prima si è affermato il vero, il bene, il bello. Ma criticare
tutto e tutti, solo criticare, non ha niente di positivo e svuota la libertà di
quanto la rende degna ed umana. Il giornale “Charlie Hebdo”, in passato, ha più
volte manifestato questa sua ideologia dissacratoria di ogni senso, con
pesantissime incursioni anche nella fede cattolica. Noi crediamo nella libertà
dentro la verità e nei diritti dentro i doveri. Non crediamo in una libertà
anarchica e nichilista.
Oggi, quanti
manifestano in piazza con la matita in mano e con la scritta “Je suis Charlie”
sul petto intendono difendere la libertà di parola. Ebbene, in Francia la
libertà di espressione e di parola viene impedita ormai anche nei confronti di
chi difende in pubblico la famiglia tra uomo e donna ed esprime la propria
convinzione che non sia giusto il riconoscimento delle coppie omosessuali o
permettere loro la filiazione tramite la fecondazione eterologa. Su questo le
stesse leggi francesi sono limitative della libertà di espressione. Ne sanno
qualcosa i tanti che ne hanno giù subito le pesanti conseguenze. La società
francese che oggi, giustamente, difende la libertà di espressione, deve fare
però fino in fondo i conti con il suo concetto di libertà. C’è intolleranza in
molti aspetti di quella cultura che ora manifesta per la difesa della libertà.
L’Europa non
deve accettare il terrorismo. Per contrastarlo non è però sufficiente fondarsi
su un concetto astratto e quindi ideologico di libertà di espressione. Un
concetto vuoto e solo critico non riesce a contrastare nulla, può riempire
qualche piazza nei momenti più caldi ma non è in grado di sostenere una vita
pensata e vissuta insieme.
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lunedì 12 gennaio 2015
La strage di Parigi, la lotta al Terrosimo, i valori dell’Occidente
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