mercoledì 13 novembre 2013

Un sinodo come Francesco comanda



Novità e incognite del primo sinodo di questo pontificato. Le stesse che caratterizzano il metodo con cui papa Bergoglio governa la Chiesa 






di Sandro Magister

ROMA, 12 novembre 2013 – Il sinodo dei vescovi è la struttura di governo della Chiesa che con papa Francesco è in fase di revisione più avanzata.

Un progetto complessivo di riforma non è stato ancora elaborato. Ma intanto delle sensibili novità sono già in opera.


LE NOVITÀ


Una prima novità tende a trasformare il sinodo in una struttura quasi permanente. La sua prossima sessione ordinaria, fissata nell'autunno del 2015, sarà preceduta da una sessione straordinaria in calendario dal 5 al 19 ottobre 2014.

Il tema sarà lo stesso: "Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell'evangelizzazione". Ma i compiti delle due sessioni saranno diversi. Nel 2014 si passeranno in rassegna i fatti nuovi intervenuti nella società e si raccoglieranno "testimonianze e proposte". Mentre nel 2015 si cercherà di fissare "linee operative per la pastorale".

Tra le due sessioni si terrà anche, a Philadelphia, l'VIII incontro mondiale delle famiglie. Ma soprattutto si riunirà più volte il consiglio della segreteria del sinodo, composto da dodici cardinali e vescovi dei cinque continenti eletti nel precedente sinodo del 2012, e da altri tre di nomina papale, oltre che dal segretario generale in carica, l'arcivescovo Lorenzo  Baldisseri, il quale ha attribuito a papa Jorge Mario Bergoglio anche "la volontà di potenziare l'attività" di questa stessa segreteria.

Una seconda novità è la rapidità della fase preparatoria. La qualifica di "straordinaria" applicata alla sessione del 2014 – è stato spiegato – è sinonimo di "urgente". Il ritmo incalzante con cui fanno irruzione in tutto il mondo nuovi modelli e nuove concezioni in campo famigliare e sessuale esige altrettanta prontezza nella risposta della Chiesa.

Ma ancor più nuova è la modalità adottata. Tutti i sinodi precedenti, nell'arco di mezzo secolo, sono stati preceduti da documenti preparatori prolissi, astratti, noiosi.

Questa volta è l'opposto. Il 18 ottobre la segreteria del sinodo ha trasmesso a tutte le conferenze episcopali un documento di lavoro asciutto e concreto.

Basti vedere la concisione con cui vi si descrivono, fin dall'inizio, i cambiamenti intercorsi nella società, riguardo alla famiglia:

"Si profilano oggi problematiche inedite fino a pochi anni fa, dalla diffusione delle coppie di fatto, che non accedono al matrimonio e a volte ne escludono l’idea, alle unioni fra persone dello stesso sesso, cui non di rado è consentita l’adozione di figli. Fra le numerose nuove situazioni che richiedono l’attenzione e l’impegno pastorale della Chiesa basterà ricordare: matrimoni misti o inter-religiosi; famiglia monoparentale; poligamia; matrimoni combinati con la conseguente problematica della dote, a volte intesa come prezzo di acquisto della donna; sistema delle caste; cultura del non-impegno e della presupposta instabilità del vincolo; forme di femminismo ostile alla Chiesa; fenomeni migratori e riformulazione dell’idea stessa di famiglia; pluralismo relativista nella concezione del matrimonio; influenza dei media sulla cultura popolare nella comprensione delle nozze e della vita familiare; tendenze di pensiero sottese a proposte legislative che svalutano la permanenza e la fedeltà del patto matrimoniale; diffondersi del fenomeno delle madri surrogate (utero in affitto); nuove interpretazioni dei diritti umani. Ma soprattutto in ambito più strettamente ecclesiale, indebolimento o abbandono della fede nella sacramentalità del matrimonio e nel potere terapeutico della penitenza sacramentale.

"Da tutto questo si comprende quanto urgente sia che l’attenzione dell’episcopato mondiale 'cum et sub Petro' si rivolga a queste sfide. Se ad esempio si pensa al solo fatto che nell’attuale contesto molti ragazzi e giovani, nati da matrimoni irregolari, potranno non vedere mai i loro genitori accostarsi ai sacramenti, si comprende quanto urgenti siano le sfide poste all’evangelizzazione dalla situazione attuale, peraltro diffusa in ogni parte del villaggio globale”.

A questa prima parte descrittiva segue, nel documento, una seconda parte che ricapitola l'insegnamento della Sacra Scrittura e del magistero della Chiesa sulla famiglia, dalla "Gaudium et spes" alla "Lumen fidei", con il Catechismo in forte evidenza.

E infine la parte che ha più colpito l'attenzione dei media, un questionario con 39 domande di questo tipo:

"Quali sono le richieste che le persone divorziate e risposate rivolgono alla Chiesa a proposito dei sacramenti dell’eucaristia e della riconciliazione? Tra le persone che si trovano in queste situazioni, quante chiedono questi sacramenti?"

Oppure:

"Esistono unioni libere di fatto, senza riconoscimento né religioso né civile? Vi sono dati statistici affidabili?"

O ancora.

"Nel caso di unioni di persone dello stesso sesso che abbiano adottato bambini, come comportarsi pastoralmente in vista della trasmissione della fede?"

Il questionario dovrà circolare in tutte le diocesi e auspicabilmente in tutte le parrocchie, "al fine di ottenere dati concreti e reali sulla tematica sinodale". Ma anche singoli gruppi e fedeli potranno autonomamente inoltrare a Roma le loro risposte.

Il termine della consultazione è fissato per la fine di gennaio. E in febbraio tornerà a riunirsi il consiglio della segreteria del sinodo per elaborare, in base ai risultati, un ulteriore documento preparatorio da distribuire ai padri sinodali.


LE INCOGNITE


Fin qui le novità principali. Ma accanto ad esse e in qualche caso a causa di esse si profilano anche delle incognite.

Il questionario, per come è stato compilato e per la varietà dei modi di risposta previsti, poco si presta a fornire dati statistici precisi. Ed è facile che si trasformi in potente strumento di pressione, ad esempio facendo leva sulle risposte favorevoli alla comunione ai divorziati risposati.

È un rischio che l'arcivescovo Bruno Forte, segretario speciale del sinodo straordinario del 2014, non ha risolto, quando nel presentare il 5 novembre alla stampa il questionario ha detto che il sinodo "non deve decidere a maggioranza o seguire l'opinione pubblica", ma anche "sarebbe sbagliato ignorare che una consistente parte dell'opinione pubblica ha una certa istanza".

Un'altra incognita deriva dall'articolazione in due tempi della convocazione sinodale.

Le "testimonianze e proposte" che emergeranno dalla prima sessione straordinaria, quella dell'ottobre 2013, saranno prevedibilmente variegate. E ve ne saranno sicuramente alcune orientate a cambiamenti sensibili della linea fin qui percorsa dalla Chiesa.

Ciò creerà forti aspettative nell'opinione pubblica, dentro e fuori la Chiesa. E queste si scaricheranno sulla successiva sessione ordinaria del sinodo, quella del 2015, che dovrà formulare le scelte operative da presentare al papa per la decisione ultima.

È un rischio che già si verifica con papa Francesco, le cui dichiarazioni sono spesso assunte nei media come foriere di cambiamento, al di là di ciò che realmente dicono.

Ma è un rischio che lo stesso papa affronta a ragion veduta, come risulta da un'analisi dei suoi comportamenti.


IL METODO BERGOGLIO


Dopo otto mesi di pontificato, lo stile di Francesco è ormai riconoscibile. "Questo tempo è un 'kairós' di misericordia", ha detto ai giornalisti il 28 luglio durante il volo di ritorno da Rio de Janeiro, con ciò indicando la priorità che egli si è assegnata.

Sulle questioni disputate che riguardano la famiglia, papa Bergoglio è di una ortodossia dottrinale indiscussa: "Il parere della Chiesa lo si conosce e io sono figlio della Chiesa", ha tagliato corto nell'intervista a "La Civiltà Cattolica".

Ma l'esposizione della dottrina la lascia ad altri e per sé riserva l'approccio misericordioso del medico delle anime, che si china sui feriti come in un "ospedale da campo".

Una questione alla quale papa Francesco ha applicato questo doppio registro d'intervento è proprio la comunione ai cattolici divorziati e risposati.

Quando egli ne parla, ama sottolineare che "la Chiesa è mamma e deve andare sulla strada della misericordia". Con ciò suscitando attese di cambiamento della prassi vigente.

Nello stesso tempo, però, egli ha affidato al prefetto della congregazione per la dottrina della fede, Gerhard Ludwig Müller, il compito di ribadire in tutto e per tutto l'insegnamento della Chiesa in materia e quindi le ragioni del no alla comunione.

L'ampio articolo di Müller pubblicato a questo fine su "L'Osservatore Romano" del 23 ottobre non era nuovo. Era già uscito tale quale il 15 giugno in Germania su "Die Tagespost", prima ancora che Müller fosse confermato dal papa nel suo ruolo di prefetto della dottrina.

Ma dalla primavera in avanti erano andati crescendo i segnali di impazienza tra il clero e tra i vescovi di vari paesi, inclini a un allentamento del no alla comunione dei divorziati risposati.

All'inizio di ottobre aveva fatto rumore un documento di un ufficio pastorale dell'arcidiocesi di Friburgo, la stessa del presidente della conferenza episcopale tedesca Robert Zollitsch, che incoraggiava l'accesso alla comunione dei divorziati risposati semplicemente sulla base di "una decisione di coscienza presa in modo responsabile" e  "con la necessaria disposizione di fede".

È stato a questo punto che papa Bergoglio ha ritenuto opportuno rinsaldare i paletti della dottrina e ha concordato con Müller sia la pubblicazione dell'articolo su "L'Osservatore Romano", sia la sua contemporanea diffusione in più lingue.

Nell'articolo, Müller critica anche chi slega la misericordia di Dio dall'obbligo di osservare i suoi comandamenti, chi svincola la coscienza dal dovere di cercare la verità e chi vorrebbe ammettere nella Chiesa cattolica un secondo o terzo matrimonio, come nelle Chiese ortodosse.

È fuori dubbio che anche su questi tre punti c'è pieno accordo tra il papa e il suo prefetto di dottrina. Ma ciò non toglie che su questi stessi tre punti Francesco continui ad esprimersi a modo suo, con quella scelta di parole e di argomenti che è il segreto della sua popolarità ma è anche l'origine di equivoci interpretativi e di aspettative fuori misura.

Un esempio lampante di questo doppio registro comunicativo riguarda il secondo matrimonio consentito dalle Chiese ortodosse.

Mentre Müller nel suo articolo afferma in modo tassativo che "questa prassi non è coerente con la volontà di Dio, chiaramente espressa dalle parole di Gesù, sull'indissolubilità del matrimonio", papa Francesco sull'aereo di ritorno dal Brasile si è espresso con queste parole sibilline:

"Una parentesi: gli ortodossi hanno una prassi differente. Loro seguono la teologia dell’economia, come la chiamano, e danno una seconda possibilità [di matrimonio], lo permettono. Ma credo che questo problema – chiudo la parentesi – si debba studiare nella cornice della pastorale matrimoniale".

Un altro esempio di oscillazione comunicativa riguarda i processi canonici di accertamento della nullità di un matrimonio.

In ripetute occasioni papa Francesco ha fatto balenare la necessità di "rivedere" le modalità di questi accertamenti, nel presupposto che i matrimoni nulli siano in realtà molto più numerosi di quelli accertati dai tribunali ecclesiastici.

E questi suoi cenni sono stati ogni volta interpretati come presagi di facilitazione dei riconoscimenti di nullità. Nella stessa direzione di un rescritto di Benedetto XVI dell'11 febbraio scorso – il giorno del suo annuncio della rinuncia al papato – che ha abolito la necessità di "una seconda decisione conforme" perché le sentenze della Rota Romana che dichiarano la nullità di un matrimonio diventino esecutive.

Ma l'8 novembre, in un discorso alla plenaria del supremo tribunale della segnatura apostolica, papa Francesco ha fatto anche una vigorosa apologia del "difensore del vincolo", cioè dell'avvocato che in ogni processo matrimoniale ha il dovere di "proporre ogni genere di prove, di eccezioni, ricorsi ed appelli che, nel rispetto della verità, favoriscano la difesa del vincolo".

Pilota e navigatore. Acceleratore e freno. La guida di papa Bergoglio è fatta così.




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