Pensieri sul Salmo 42
di mons. Andrew Wadsworth
Vorrei proporvi alcuni pensieri sul Salmo 42 che si trova nelle 'preghiere ai piedi dell'altare' riportate nella Messa tradizionale in latino. Nella maggior parte delle Messe celebrate secondo la forma straordinaria, il salmo 42 viene recitato nella sua interezza. In quasi tutte le Messe si recita almeno il versetto 4. Nelle Messe della Passione e in quelle per i defunti, si omette il salmo e si recita solo l'antifona.
I commentatori, pur non concordando sulle origini di certe caratteristiche della liturgia, sono orientati a ritenere che storicamente questo atto penitenziale occupi il suo posto all'inizio della Messa, ai piedi dell'altare, fin dal tempo in cui si espandeva la liturgia romana nel territorio franco-gallico. Il salmo non entrò comunque nella maggior parte dei riti liturgici fino al tardo Medio Evo e oltre. Nelle liturgie degli Ordini Religiosi, quali quelli dei Certosini e dei Domenicani, il Salmo 42 non appariva nei riti della loro Messa al momento in cui quegli Ordini furono fondati nel XIII secolo. E quando venne inserito, se ne recitava un versetto solo: "Introibo ad altare Dei". E quando si ometteva il salmo, si recitava una sola volta l'antifona.
Questo salmo meraviglioso esprime perfettamente il sentimento che dovrebbe animare il sacerdote nel momento in cui sale all'altare. Esprime una grandissima verità: il sacerdote è potentemente attratto all'altare. Egli appartiene all'altare e non esiste luogo in cui egli sia più consapevole della realtà del proprio sacerdozio di quando sta all'altare. L'altare di Dio è un luogo santo e maestoso, eppure vi sta il sacerdote, indegno servo dell'Altissimo, che forse richiamerà alla memoria le parole di San Giovanni Crisostomo: "Quando il sacerdote invoca lo Spirito Santo e offre il mirabile sacrificio, dimmi: a quale rango lo collochiamo? Quale purezza gli è richiesta, quale riverenza?"
Quando il sacerdote si accosta all'altare per celebrarvi la Santa Messa, desidera con tutte le forze di compiere il suo sacro dovere, di avvicinarsi al Signore ed unirsi a Lui. Prosegue San Giovanni Crisostomo: "Con le parole 'iuventutem meam' il sacerdote riconosce inoltre che fin dai suoi primi giorni di vita Dio è stato la sua delizia e gli ha donato innumerevoli gioie".
Sono pensieri molto belli ma il salmo comunica emozioni diverse e testimonia qualcosa del cuore diviso, esperienza fin troppo evidente della nostra condizione umana. Contiene una sorta di lamento nel quale però vi è anche l'impegno di rendere grazie nel Tempio. Anche quando siamo preoccupati e le cose non vanno come vorremmo, possiamo impegnarci a lodare Dio. Il primato della volontà sulle emozioni costituisce uno dei primi insegnamenti della Messa, fondamentale per chiunque voglia trovare gioia nella Chiesa. Va del tutto controcorrente rispetto agli insegnamenti dei nostri tempi, in base ai quali sono i nostri sentimenti a farci da guida nella realtà. In verità, essi sono la guida meno affidabile, di cui dobbiamo spesso diffidare o perfino ignorare.
Il Salmo 42 suscita grande ammirazione poiché è espressione pura di ardente desiderio di Dio senza attendersi ricompense o altri benefici - si cerca Dio per il Bene che è in sé e non ultimamente per un guadagno personale. Questo accostarsi all'altare che dà inizio ad ogni Messa racchiude praticamente tutto ciò che segue. E' da notare che salire all'altare è sempre un salire di gioia e felicità, anche se la Messa venisse celebrata in circostanze men che gioiose o del tutto tristi. Forse è proprio per questo che la Chiesa di Siria chiama l'intera Messa semplicemente 'Kurobho', "salire".
Sant'Ambrogio spiega così il significato del salmo ai neobattezzati: "I rigenerati, ricchi dei nuovi ornamenti, si affrettano all'altare di Cristo dicendo: Salirò l'altare di Dio, del Dio che allieta la mia giovinezza, poiché lasciato l'abisso dell'antico errore, rinnovati con la giovinezza di un'aquila, si accostano alla festa del cielo. Vengono e vedendo l'altare ben apparecchiato, esclamano: Davanti a me tu prepari una mensa (Ps. 23,5)".
La maggior parte di noi si accosta all'altare con il proprio Battesimo avvenuto n un passato relativamente lontano, ma questo aspetto essenziale della nostra identità cristiana è di enorme importanza ogni volta che andiamo a Messa. La designazione tradizionale infatti di 'Messa dei catecumeni' e di 'Messa dei fedeli' ci ricorda l'immenso privilegio concesso ai battezzati di rimanere presenti all'intero compimento dell'offerta del sacrificio e ancor più di accostarsi all'altare per ricevere la Santa Comunione.
Le preghiere "ai piedi dell'altare", come spiega Joseph Jungmann nei suoi monumentali scritti sulla storia dello sviluppo della Messa, si formarono solo dopo l'anno 1000. Questo perché prima del secolo XI, generalmente, non esistevano i gradini per salire all'altare, e neppure una predella o piattaforma. Ma già nel IX secolo vennero inserite queste preghiere: "Mentre si andava all'altare, si recitava coralmente il Salmo 42 e, una volta arrivati, venivano aggiunte due orazioni in conclusione, una delle quali è la nostra 'Aufer a nobis - allontana da noi'. La distanza dalla sacrestia all'altare era spesso assai breve per cui, per far sì che il salmo fosse recitato con calma e gli venisse data la massima importanza, si cominciava a recitarlo solo davanti ai gradini. E' probabile che sia questa l'origine delle rubriche che si troveranno poi nel Messale di San Pio V.
Pur non avendo certezza sulle origini di questo Salmo e del suo posto nella liturgia della Messa, esso è comunque degno di grande attenzione e merita una scrupolosa lettura. Vorrei brevemente rivisitare questo salmo con voi e offrire un piccolo commento su alcuni versetti:
Giudicami, o Signore (N.d.T. : nella traduzione CEI 2008 della Bibbia: 'Fammi giustizia, o Dio')
Chiediamo una cosa molto seria quando chiediamo a Dio di giudicarci. Gli chiediamo infatti di scrutare il nostro cuore e di discernere i motivi più profondi che danno senso alle nostre azioni. Spesso noi giudichiamo gli altri dalle loro azioni nella speranza che essi ci giudicheranno dalle nostre intenzioni. Soltanto Dio possiede tutte le informazioni necessarie per compiere tali giudizi. Questa è la ragione per cui Lui, e Lui solo è il giudice di tutti.
Difendi la mia causa contro gente spietata
Vogliamo sempre che sia ben chiaro che noi non siamo come tutti gli altri, ma dimentichiamo che per Dio noi siamo come l'unica persona che esiste. Egli è fedele anche se noi non lo siamo!
Liberami dall'uomo perfido e perverso
Abbiamo bisogno che Dio venga in nostro soccorso, soprattutto per salvarci da coloro che provocano la nostra rovina: cattive compagnie, occasioni di peccato, ecc.
Tu sei il Dio della mia difesa
E' una professione di fede. Dobbiamo farne spesso nel corso della giornata affinché il muscolo della fede venga esercitato e irrobustito.
Perché triste me ne vado?
E' facile cadere in depressione, ma noi dobbiamo dominare le nostre emozioni parlando di fede ai nostri sentimenti.
Manda la tua luce e la tua verità
Solo Dio può mostrarci la via, il retto sentiero, e senza la Sua luce siamo davvero perduti.
Mi conducano alla tua santa montagna, alla tua dimora
Ecco dove Dio mi conduce - alla santa montagna che è l'altare, la Messa: l'unico luogo dove possiamo comprendere tutto il mistero di questa confusione e caos.
Verrò all'altare di Dio
E' un tempo futuro di intenzione e di scopo - devo continuare a venire qui, continuare a salire questa santa montagna. E' l'unica risposta.
A Dio, mia gioiosa esultanza
Dio è l'unica fonte affidabile di felicità, l'unico vero appagamento di ogni cuore umano. Tanti matrimoni, relazioni ed amicizie falliscono, perché si ignora che nessuno ci può ultimamente appagare, se non Dio.
A te canterò sulla cetra, Dio, Dio mio
Devo sempre cantare a Dio senza mai cedere allo scoraggiamento o alle opposizioni, sia interne che esterne, per quanto imponenti.
Spera in Dio
La virtù fondamentale della vita cristiana: la capacità di guardare al di là delle presenti difficoltà e di vedere il tempo in cui tutto andrà bene. E' la virtù più chiaramente testimoniata dai fedeli defunti per i quali preghiamo in questi giorni.
Mi piace concludere questi brevi pensieri con una citazione di Papa Benedetto XVI, un suo commento particolare a un versetto di questo salmo che egli richiama al termine di una sua omelia tenuta nella domenica sessagesima del 1962 in occasione della prima Messa celebrata da un prete novello. E' una citazione di speciale importanza per me, perché la scelsi per lo stampato della mia prima Messa tradizionale in latino che celebrai il giorno dopo la mia ordinazione, ventitré anni fa. Dice molto meglio di quanto potrei dire io, quello che c'è nel cuore di questa parola della Sacra Scrittura: "Verrò all'altare di Dio, a Dio, mia gioiosa esultanza" (Ps. 42, 4)
Scrive Papa Benedetto: "Vogliamo chiedere a Dio che ci conceda qualcosa dello splendore di questa esultanza, e se è necessario, che essa avvolga la nostra vita; che voglia irradiare questa gioia sempre più profondamente e castamente su questo sacerdote che oggi per la prima volta viene all'altare di Dio; che sempre risplenda su di lui, anche nel suo ultimo giorno quando verrà davanti all'altare dell'eternità, dove Dio sarà la gioia della nostra vita eterna, della nostra incessante giovinezza". Amen.
fonte: Chantcafe.com, 02/11/2013
http://www.chantcafe.com/2013/11/prayers-at-foot-of-altar.html
trad. e adatt. a cura di d. G. Rizzieri
Nessun commento:
Posta un commento