di Don Enrico Bini
Il nodo cruciale delle vicende italiane degli ultimi mesi ha messo a nudo un problema aperto da sempre: il rapporto tra potere e democrazia.
San Paolo nella lettera ai romani aveva colto tutta l'importanza del problema, quando nel capitolo 13 scrisse: "Omnis Potestas a Deo". Non interessa qui interpretare il senso teologico dell'espressione, quanto di cogliere l’intuizione profonda dell'apostolo, che accomuna ogni tipo di potere sia divino sia umano nel suo carattere trascendente nei confronti della società. L'ideologia democratica aveva fatto credere di poter rovesciare questo rapporto a favore del controllo della società di ogni potere umano o religioso.
Esiste certo la libertà, ma questa rimane la libertà di potere di manipolare, di convincere e di guidare. Democrazia e potere stanno sempre in un rapporto asimmetrico, e mai totalmente coincidente. La sovranità popolare non sfiora minimamente i poteri forti della società.
Lo dimostra l'immenso potere dell'economia e del denaro. L'acquisizione del potere economico non è sottoposta alle regole della democrazia; per questo scriveva O.Spengler, la società civilizzata e decadente si presenta come la dittatura del denaro: "Lo spirito pensa, ma è il denaro a dirigere". La libertà nel liberalismo è funzionale all'acquisto di potere, che può condizionare interi popoli, senza tenere in alcun conto, la sovranità popolare.
Questo meccanismo, chiamato dal grande poeta E. Pound come usurocrazia, è l'autentico protagonista della storia dell'occidente, ed uno dei motivi del suo sviluppo. Questo evidentissimo esempio ricorda le parole del conte De Maistre che nel suo capolavoro "Du Pape" scrisse: ...il potere è come la sorgente del Nilo: non si riesce a trovare la sua origine". Sarà mai possibile invertire questo rapporto? Il marxismo che intendeva rendere sostanziale la democrazia formale borghese ha mostrato il suo limite proprio su questo terreno costruendo una mostruosa tirannia. L'inevitabile trascendenza del potere si può comprimere ma non abolire.
Queste sommarie riflessioni coinvolgono anche noi cristiani. Non basta la dottrina sociale, occorre una forte riflessione teologica sul potere. Questo parallelismo era stato delineato da Leone XIII, che insieme alla "Rerum Novarum" aveva scritto diverse encicliche sulla natura dello stato.
Nell'intenzione di quel papa vi sarebbe dovuto essere uno stretto collegamento tra entrambe. Invece ci si è lentamente dimenticato che non basta indicare i valori se non si illumina chi deve decidere. Decisione e democrazia stanno in un rapporto dialettico che nel corso della storia ha dato vita a molteplici forme.
Al cristiano spetta il compito profetico di far comprendere che ogni assolutizzazione finisce, come ha indicato Giovanni Paolo II nella "Veritas Splendor", per condurre verso il totalitarismo anti-cristiano e anti-umano.
Oltrefiume, n. 6, novembre 1993
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