L'intervento sull'Intellgenza Artificiale è stato ricco di inutili tecnicismi e povero di fondamenti per le auspicate scelte etiche. Nessun riferimento a Dio e a Gesù, né alla legge naturale. Ma la persona, la morale e la politica non reggono senza Dio.
Stefano Fontana, 15-06-2024
Ieri a Borgo Egnazia papa Francesco ha parlato di Intelligenza Artificiale (IA) ai Grandi del G7. Il suo discorso, con aggiunte a braccio, è stato più breve del testo che è stato distribuito. Questo infatti è corposo e articolato, con lunghe incursioni analitiche molto tecniche dentro i meandri della problematica dell’IA. Per il papa l’intelligenza artificiale nasce dallo slancio proprio dell’uomo verso l’”oltre”, come è già avvenuto per le altre invenzioni tecniche lungo la sua storia.
Questa volta però c’è qualcosa di radicalmente nuovo: lo strumento è fortemente ambivalente (“affascinante e tremendo ad un tempo”), ha un impatto “cognitivo-industriale” dirompente che costruirà “un nuovo sistema sociale”, e soprattutto può avere una certa indipendenza dall’uomo applicando delle “scelte algoritmiche”. Il rischio è che l’uomo venga privato della sua capacità decisionale e, quindi, “condannato a dipendere dalle macchine”. Un caso-limite viene indicato nell’uso di “armi letali autonome” nei conflitti armati.
Dopo essersi a lungo diffuso, nel capitolo “Il meccanismo basilare dell’intelligenza artificiale”, ad analizzare le principali possibilità ingegneristiche di sviluppo della IA e i timori che esse suscitano, Francesco propone due strade per affrontare il fenomeno e governarlo: la strada etica e quella politica.
La prima via dovrebbe “mettere al centro la dignità della persona in vista di una proposta etica condivisa”. Qui egli ha esaltato l’evento del 2020 Rome Call for all Ethics che si proponeva di lanciare una “algoetica”, un’etica degli algoritmi fondata su dei principi condivisi.
La seconda via consisterebbe nel sostenere la buona politica contro il dominio assoluto del “paradigma tecnocratico”. Non bisogna indebolire la politica, “La politica serve!”. Questa “sana politica” dovrebbe però considerare che la situazione mondiale ha gravi carenze strutturali e i rattoppi non sono sufficienti.
Il testo di Francesco risulta nel complesso debole. Da un lato c’è una ridondanza di aspetti tecnici non necessari in un insegnamento pontificio. Dall’altro si fa riferimento a soluzioni etiche e politiche fondate su un auspicabile (ma non meglio precisato nei suoi fondamenti). Anche il concetto di persona umana non è chiarito dal punto di vista della Chiesa cattolica, pur lamentandone la perdita nella società di oggi. In sintesi, la proposta è stata questa: cerchiamo insieme un accordo su alcuni principi come si è cercato di fare al Rome Call for all Ethics. Una cosa buona per un intervento politico, troppo poco per un intervento pontificio.
La dignità della persona umana, per esempio, su cosa si fonda e come la si difende? Dal punto di vista della Chiesa cattolica la sua difesa non è indifferente alla presenza di Dio nella storia dell’umanità. Però Francesco non parla mai di Dio in tutto questo suo discorso e nemmeno di Gesù Cristo. Il “consenso” su adeguati principi etici, poi, su cosa si dovrebbe basare? La dottrina cattolica propone il diritto naturale e la legge morale naturale, che non cambiano e quindi sono praticabili anche in epoca di IA. Essi rendono possibile una “grammatica naturale” base di un dialogo e un consenso che non si fondino solo sulla convergenza di opinioni o, peggio, di interessi.
Ma in questo intervento di Francesco non si parla mai né dell’uno né dell’altra. Anche il riferimento all’etica rimane come sospeso nell’aria senza il sostegno del diritto naturale e divino. Infine, il riferimento alla politica: gli aggettivi “sana” e “buona” applicati nel discorso papale a questa parola su cosa si fondano? Senza riferimenti al diritto naturale e al diritto divino rimangono pochi spazi per legittimare la politica in modo non convenzionale. L’IA rischia di condurci verso un mondo artificiale, essa può essere controllata solo riferendoci ad un mondo vero e reale e non solo a convergenze di opinioni anche esse artificiali.
La mancanza di un fondamento è l’aspetto che colpisce di più nel discorso di Borgo Egnazia e siccome il fondamento per la Chiesa cattolica è Dio, colpisce che Francesco non ne abbia mai parlato. La persona, la morale e la politica non reggono senza Dio, e l’umanità, da sola, non troverà mai la forza per affrontare i rischi e per sopportare la fatica richiesta da queste sfide. Non si trattava, parlando di Dio, di fare proselitismo davanti ai vari Macron, ma di indicare il “gancio” superiore che tiene in piedi tutta la costruzione.
Se, per un confronto, ci riferiamo all’ultimo capitolo della Caritas in veritate di Benedetto XVI, troviamo una modulazione diversa. Il tema di questo capitolo non è certo l’intelligenza artificiale ma, più in generale, la tecnica e lo “spirito di tecnicità”. Nel 2009 il tema trattato a Borgo Egnazia non era ancora esploso. Ebbene, Benedetto ha parlato della “legge morale naturale”: “Occorre che l’uomo rientri in se stesso per riconoscere le fondamentali norme della legge morale naturale che Dio ha iscritto nel suo cuore”. Qui si parla sia della legge naturale che di Dio, suo creatore: “Dio svela l’uomo all’uomo; la ragione e la fede collaborano nel mostrargli il bene, solo che lo voglia vedere; la legge naturale, nella quale risplende la Ragione creatrice, indica la grandezza dell’uomo ma anche la sua miseria quando egli disconosce il richiamo della verità morale”.
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