Di Alberto Strumia, 24 Giugno 2024
Domenica XII del Tempo Ordinario (Anno B)
(Gb 38, 1.8-11; Sal 106; 2Cor 5, 14-17; Mc 4,35-41)
di Alberto Strumia
– Nella prima lettura della liturgia di questa domenica vediamo Dio che parla con Giobbe che si trova «in mezzo all’uragano» e lo rassicura ricordandogli, con adeguata documentazione basata su dati di fatto, che Lui solo, Dio, è Onnipotente. E non c’è da temere stando con Lui.Il paragone tra la situazione in cui si trovò Giobbe e la nostra situazione che viene spontaneo parte proprio dal rilevare che come lui, anche noi oggi ci troviamo «in mezzo all’uragano». E come Giobbe ci sentiamo travolti da un disastro ben più grande di noi. Un uragano che ha sconvolto la capacità di “ragionare” e quella di regolare i modi di “agire”, i comportamenti delle persone, a tutti i livelli. Dal pensiero (mentalità, cultura, filosofia, arte, tecnologia) e dal comportamento individuale di ciascuno, a quello delle relazioni domestiche, a quello pubblico di chi amministra le città, gli Stati, le relazioni internazionali in guerra e in pace, l’economia e tutto. Compresa la gestione della Chiesa entro la quale ormai si pensa, si dice e si mette in atto tutto e il contrario di tutto.
(Gb 38, 1.8-11; Sal 106; 2Cor 5, 14-17; Mc 4,35-41)
di Alberto Strumia
– Nella prima lettura della liturgia di questa domenica vediamo Dio che parla con Giobbe che si trova «in mezzo all’uragano» e lo rassicura ricordandogli, con adeguata documentazione basata su dati di fatto, che Lui solo, Dio, è Onnipotente. E non c’è da temere stando con Lui.Il paragone tra la situazione in cui si trovò Giobbe e la nostra situazione che viene spontaneo parte proprio dal rilevare che come lui, anche noi oggi ci troviamo «in mezzo all’uragano». E come Giobbe ci sentiamo travolti da un disastro ben più grande di noi. Un uragano che ha sconvolto la capacità di “ragionare” e quella di regolare i modi di “agire”, i comportamenti delle persone, a tutti i livelli. Dal pensiero (mentalità, cultura, filosofia, arte, tecnologia) e dal comportamento individuale di ciascuno, a quello delle relazioni domestiche, a quello pubblico di chi amministra le città, gli Stati, le relazioni internazionali in guerra e in pace, l’economia e tutto. Compresa la gestione della Chiesa entro la quale ormai si pensa, si dice e si mette in atto tutto e il contrario di tutto.
Di fronte a tutto questo caos devastante e distruttivo che si subisce come un uragano immensamente più grande e potente di noi, se non si ha una Fede “seria” nell’Onnipotenza di Dio, si può solo soccombere “lucidamente” o “inconsapevolmente”, fingendo di non vedere nulla o cercando di “cavalcare l’onda” per trarne un momentaneo illusorio vantaggio (!).
Ed è a questo punto che deve intervenire la Fede nell’Onnipotenza di Dio che dichiara solennemente a noi come a Giobbe che a quest’uragano è già stato dato un ordine perentorio: «Fin qui giungerai e non oltre». E viene precisato, non secondariamente, che il “soggetto” che ha scatenato tutto questo male non è il caso, ma una “persona”, un “soggetto” capace di orgoglio, mosso dalla presunzione di essere dio al posto di Dio. Dice infatti la prima lettura che l’uragano non potrà andare «oltre» il limite fissato da Dio, perché contro quel limite prestabilito «s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde».
– Il salmo responsoriale descrive la meraviglia commossa e piena di gratitudine verso Dio di quanti hanno sempre cercato di lavorare sinceramente e onestamente per il Regno di Dio: sono «coloro che scendevano in mare sulle navi e commerciavano sulle grandi acque».
Messi alla prova della loro fede, perché si temprasse e accrescesse, attraverso l’esperienza di trovarsi in mezzo all’uragano, avendo fatto leva in ogni momento prima di tutto sulla preghiera («gridarono al Signore, ed Egli li fece uscire dalle loro angosce») più che solo sulle loro forze umane, sperimentarono come, al momento giusto, «la tempesta fu ridotta al silenzio, tacquero le onde del mare». Così che, alla fine «al vedere la bonaccia essi gioirono, ed Egli li condusse al porto sospirato». Non è forse questa la situazione che stiamo vivendo in questi anni di prova della storia dell’umanità e della Chiesa, nell’attesa che sia il Signore stesso ad intervenire al momento giusto per rimettere in ordine tutto ciò che l’uragano sta finendo di sconvolgere?
– Nella seconda lettura san Paolo ci ricorda quello che dovremmo orami avere imparato, se la nostra Fede è diventata qualcosa di serio e di essenziale per affrontare la vita su questa terra, se «l’amore del Cristo ci possiede» almeno un po’… Perché sappiamo bene che Cristo ha riaperto a chi lo vuole attraversare sinceramente e decisamente, quell’accesso al “giusto modo” di stare nell’esistenza di fronte a Dio, per poter stare finalmente nel “modo giusto” con se stessi e con gli altri di cui tutti abbiamo bisogno. Cristo ha riparato alla perdita della “giustizia originale” infranta dall’umanità intera (è il “peccato originale”), se vogliamo aprire gli occhi per prenderne atto! E se ne prendiamo atto almeno un po’ quello che succede è «che non guardiamo più nessuno alla maniera umana». Che vuol dire che non riusciamo più a ragionare in modo banale, a vivere delle cose e dei discorsi vuoti dei quali sono pieni i canali mediatici del mondo di oggi. E se c’è una penalità che ci portiamo dietro come pro memoria penitenziale del peccato originale è il fatto doloroso che non ci si capisce più quasi con nessuno, se non con chi ha riconosciuto che Cristo è Dio.
– Infatti il Vangelo riferisce tutto quanto abbiamo detto prima sull’Onnipotenza di Dio, alla Persona di Cristo, che si dimostra tale ai discepoli, placando la tempesta nella quale si sono venuti improvvisamente a trovare attraversando con Lui il lago di Tiberiade. Tutto l’episodio è profezia della realtà che stiamo vivendo noi oggi.
= Il lago è la condizione umana sulla terra oggi.
= Gesù che invita i discepoli a passare «all’altra riva» è il Signore che chiama anche noi, in questo momento, ad una Fede “seria” in Lui mettendoci alla prova in uno dei momenti più difficili della storia dell’umanità e della Chiesa.
= La tempesta improvvisa e inaspettata è la situazione caotica che stiamo attraversando nella quale non si sa più distinguere il bene dal male, il vero dal falso; ci si uccide in casa, per la strada e in guerra, nei modi più assurdi ed efferati: tutto si fa per narcisismo esibizionista e si è infelici.
= Gesù dorme tranquillamente riposando sul cuscino nella barca, come oggi sembra dormire senza fare nulla, apparentemente, per salvare la Chiesa che pare caduta irreparabilmente nelle mani dei suoi più accaniti oppositori, che ne hanno capovolto gli insegnamenti e il modo di concreto di applicarli.
= Come ai discepoli che erano con lui – e non con i nuovi padroni! – che si rendono conto del disastro che sta succedendo, anche a noi viene spontaneo gridare per svegliarlo: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
= Pregato da loro Egli fece finire tutto quell’uragano: «Si destò, minacciò il vento e disse al mare: “Taci, calmati!”». Questo dovrebbe bastare a farci capire che, oggi, la prima cosa da fare è la preghiera fatta con Fede a Lui. Più che il nostro dimenarci da soli.
Come loro ci sentiamo dire anche oggi da Lui: «Perché avete paura? Non avete ancora Fede?». Questa è la lezione che possiamo trarre dalle letture di questa domenica, per farne tesoro.
Farne tesoro come seppe fare Sua Madre Maria che «serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). E il suo sposo Giuseppe che «destatosi dal sonno, […] fece come gli aveva ordinato l’Angelo del Signore». Alla loro protezione e intercessione ci affidiamo sicuri.
Bologna, 23 giugno 2024
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