di Julio Loredo
Le elezioni europee dello scorso weekend hanno provocato un vero e proprio terremoto, al punto che il Corriere della Sera ha titolato in prima pagina: “Una nuova Europa”. Pur ammettendo una certa licenza giornalistica, ritengo che il noto quotidiano milanese abbia afferrato il punto centrale: le elezioni hanno ridisegnato il quadro politico, e quindi ideologico, del Vecchio Continente. E tutte le forze in gioco vi si dovranno adeguare, pena l’irrilevanza politica.
Per un analista mediatamente avveduto un tale risultato non arriva a sorpresa. Anzi, più che un fulmine in ciel sereno, il recente terremoto europeo è in realtà l’ultimo tassello di un processo di polarizzazione ideologica già visibile da qualche anno, e sul quale abbiamo più volte parlato.[1]
Se analizziamo questo terremoto assieme ad altri sismi, grandi e piccoli, che si stanno succedendo un po’ ovunque, non possiamo sfuggire all’impressione che stiamo entrando in una nuova fase storica, uno di quei cicli che Plinio Corrêa de Oliveira chiamava “eroico”, in cui crescenti settori dell’opinione pubblica, sconcertati dallo sfaldamento di ogni cosa sotto la pressione di una sinistra sempre più radicale, cominciano a domandarsi se non abbiamo sbagliato strada abbassando la guardia e se, invece, un ritorno a certi valori e a certi atteggiamenti più “forti” non sarebbe la soluzione per evitare la catastrofe.
Un editorialista italiano ha proposto una metafora calcistica: mentre le tribune laterali dello stadio si svuotano, le curve si riempiono di ultrà sempre più bellicosi.
Dopo la fase melodrammaticamente “eroica” delle dittature nazi-fasciste, dopo l’orgia di sangue e di devastazione della Seconda guerra mondiale, il mondo era entrato in una fase di “moderatismo” ottimista, sotto l’insegna dell’americanismo hollywoodiano. Nemmeno la Guerra Fredda è riuscita a distogliere l’Occidente da tale ottimismo buonista.
Bisogna dire che questo buonismo colpiva in modo preponderante i conservatori e i tradizionalisti. Da parte sua, proprio in questo periodo di apparente moderatismo, la sinistra portò avanti, imperterrita, la più vasta rivoluzione morale, culturale e sociale di tutti i tempi. Con poche eccezioni, davanti a sé trovò appena muri di cartapesta, appunto i buonisti.
Una prima avvisaglia che qualcosa stesse cambiando fu l’elezione di Margaret Thatcher come Primo ministro della Gran Bretagna, nel 1979, seguita da quella di Ronald Reagan come presidente degli Stati Uniti, nel 1980. Rappresentanti di un nuovo spirito, a entrambi successero tuttavia personaggi di nuovo grigi e “moderati”: John Major e George H. Bush.
Poi venne l’11 settembre 2001. “Contemplando il crollo di quelle torri ho visto crollare il mio mondo” – disse un noto imprenditore italiano. Lo shock provocato dal codardo attacco terrorista, mentre metteva a nudo la debolezza dell’Occidente liberale e democratico, mandava in frantumi lo spirito spensierato e pacifista fino ad allora egemone. Per noi europei, un altro spartiacque è la crisi migratoria. Ci siamo ritrovati sguarniti di fronte a popoli determinati a invaderci ad ogni costo, stravolgendo la nostra cultura, le nostre istituzioni, la nostra Fede. Le politiche di accoglienza indiscriminata messe in atto dalla sinistra stanno dimostrando tutta la loro pericolosità. E molti cominciano a reagire.
Dobbiamo anche mettere sul conto la crescente reazione all’agenda “verde”, che sempre più si sta dimostrando un’utopia dannosa. Dalla proibizione di macchine a motore endotermico entro il 2035, alla stupidissima imposizione dei tappi plastici legati per le bottiglie d’acqua, gli europei mostrano una crescente insofferenza con i deliri ecologisti di Bruxelles.
In campo morale, l’imposizione in modo sempre più strafottente e radicale dell’agenda LGBT e, più di recente, perfino del transgenderismo, ha risvegliato i conservatori, finalmente convinti della futilità di ogni dialogo e di ogni compromesso con questa gente. Cresce, dunque, il fronte di coloro che, non accettando più nessuna concessione, vogliono ad ogni costo preservare la morale naturale e cristiana. Aumenta il numero di persone che esclama: “Non riconosco più il mio Paese!”. Di conseguenza, aumenta anche la voglia di difendere le sue radici, la sua cultura, la sua storia, la sua Fede.
In campo ecclesiastico, il pontificato di Papa Francesco ha segnato un’accelerazione fino all’inimmaginabile della distruzione di certi fondamenti della Fede e della Morale, portando al consolidamento di una reazione in linea con l’ortodossia tradizionale con un’ampiezza mai vista prima. Anche nella Chiesa cresce il settore “eroico”. Un esempio è la Messa tradizionale. Nonostante gli ingenti sforzi per cancellarla, per esempio col motu proprio Traditionis custodes, la Santa Messa in rito antico si diffonde dappertutto, soprattutto fra i giovani.
Più recentemente, la dichiarazione Fiducia Supplicans, che autorizza la benedizione sacerdotale alle coppie irregolari e omosessuali, ha provocato una tale reazione, che il cardinale Jean Claude Hollerich, Relatore generale del Sinodo, ha dovuto avvertire sulla possibilità che essa diventi ingestibile se si va avanti con l’ordinazione diaconale delle donne: “Credo che scoppierebbe una tempesta se si introducesse il sacerdozio femminile (…) In quel caso, il Vaticano dovrebbe fare marcia indietro. Dobbiamo stare molto attenti a non scatenare un enorme contrattacco”.
Ed ecco che, dando corpo a questi profondi mutamenti nell’opinione pubblica, un po’ ovunque si stanno affermando realtà politiche che i mezzi di comunicazione non esitano nel qualificare con sdegno come “estrema destra”, e addirittura “ultra destra”. Perché mai non usano la stessa qualifica – che, tutto sommato, descrive appena la relativa posizione sullo spettro politico – per riferirsi all’altro estremo, cioè alla sinistra? Hanno addirittura coniato un nuovo epiteto, tanto altisonante quanto privo di contenuto: “destra xenofoba”. Sembra proprio che “fascista” non basti più. Questi mezzi dovranno adesso fare i conti col fatto che la tanto biasimata “ultra-destra” è ormai la prima forza politica in alcuni Paesi del continente.
Allargando lo sguardo al panorama mondiale, ecco l’accesa di Donald Trump. Nonostante una surreale campagna pubblicitaria demolitrice, tutto indica che si riprenderà la Casa Bianca nelle prossime elezioni. Il tycoon di New York, però, è appena la punta dell’iceberg di un profondo mutamento nell’opinione pubblica americana, visibile, per esempio, nel dibattito accademico, dove sempre più intellettuali stanno questionando le fondamenta liberali del sistema americano. Visibile anche nel clero cattolico più giovane, dove, secondo gli ultimi sondaggi, nessuno più si qualifica come “molto progressista”, mentre ben l’85% si ritiene “conservatore” o “molto conservatore” .
Il fenomeno è visibile anche in Russia. Dopo la fase “eroica” staliniana, alla quale era subentrata quella “moderata” che raggiunse l’auge con Boris Eltsin, ecco che anche i russi si destano e sostengono la permanenza al potere di un “uomo forte”: Vladimir Putin. Personaggio di tale souplesse politica che, facendo propria l’eredità sovietica di Stalin, riesce tuttavia a presentarsi come modello per una parte della destra occidentale.
Sarebbe semplicistico, e dunque fuorviante, mettere nello stesso sacco tutte queste realtà. Tuttavia, le accomuna il fatto che, ognuna a modo suo, in grado diverso e con diverso contenuto di autenticità, danno voce e corpo ai profondi mutamenti nell’opinione pubblica, che dalla fase “moderata” sta passando a quella “eroica”.
Si tratta di un fenomeno positivo o negativo? Dal punto di vista della Contro-Rivoluzione, siamo di fronte a un fenomeno ovviamente positivo, almeno nelle sue radici e nei suoi indirizzi generali. Un fenomeno che può presagire cose ancor migliori, soprattutto se le anime si decideranno ad accogliere la grazia divina che, in ogni momento storico, irrora e favorisce ogni movimento verso il bene.
Se, invece, passiamo in rivista alcune delle realtà che lo stanno cavalcando, raccogliendone i frutti, il giudizio diventa più sfumato. A fianco a realtà di innegabile autenticità e vigore, vediamo altre che si definiscono “nazionaliste”, “identitarie” o “populiste”. Talune hanno evidenti tratti di ciò che Plinio Corrêa de Oliveira chiamava “false destre”.
E anche nella Chiesa, a fianco a realtà validissime e perfettamente consoni con la Tradizione, vediamo in alcuni fedeli una sorta di smarrimento spirituale e mentale che li porta ad abbracciare teorie strane e a seguire leader discutibili. Anche qui, in un certo senso, siamo di fronte a “false destre” ecclesiastiche.
Dov’è la Chiesa? Dove sono i pastori che, leggendo correttamente i “segni dei tempi”, tentano di intercettare questo massiccio spostamento nell’opinione pubblica occidentale, strappandolo dalle mani di eventuali false destre per condurlo invece sulle vie di Nostro Signore Gesù Cristo? È triste dirlo ma, con pochissime e onorevoli eccezioni, non solo non scendono in campo per intercettare il fenomeno ma, dove possono, lo ostacolano, lo bersagliano, cercano ad ogni costo di bloccarlo.
Certo, questo fenomeno manda in frantumi parecchi aspetti di ciò che si è convenuto chiamare lo “spirito del Concilio”. Ma l’essenza del Concilio non era precisamente mettersi in ascolto della coscienza della gente per stabilire un nuovo rapporto col mondo? All’epoca del Concilio, il mondo stava toccando lo zenit del vecchio paradigma. Oggi sta sorgendo un nuovo paradigma, assai diverso. Sapranno gli eredi del Concilio cogliere questo nuovo spirito? È una delle incognite dell’ora attuale.
Anche dall’altra parte, però, vi sono dei rischi.
Come descritto da Plinio Corrêa de Oliveira, la rapida alternanza dei cicli è tipica dell’uomo squilibrato. Dal nazismo si è passato all’hollywoodismo. Nelle attuali circostanze c’è il rischio che, entusiasmati con le prospettive apertesi dallo spostamento dell’opinione pubblica a destra, alcuni perdano di vista lo scopo ultimo di ogni sana reazione: portare le anime alla conversione e verso l’integrale restaurazione della Chiesa stessa e della Civiltà cristiana.
[1] Si veda, per esempio, Plinio Corrêa de Oliveira, “Un nuovo ciclo eroico?”, Tradizione Famiglia Proprietà, marzo 2018. Oppure, Julio Loredo, "Dall’eroismo melodrammatico al moderatismo hollywoodiano", Idem.
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