Finanziamenti "capestro" alle aziende che riducono del 4% il seminativo e la concorrenza sleale dei prodotti provenienti dall'Ucraina. E ora anche il Piano dell'Aria che criminalizza gli agricoltori come produttori di inquinamento, senza tenere conto della conformazione della Pianura Padana. Associazioni di categoria sul piede di guerra.
Andrea Zambrano, 30-01-2024
I problemi dell’agricoltura sono di contingenza economica, ma soprattutto di politiche comunitarie europee. Se c’è un fatto che la protesta di questi giorni ha mostrato chiaramente (domenica i trattori hanno costretto il casello di Orte a chiudere per due ore, mentre ieri sono dovute intervenire le forze dell’ordine) è che la crisi agricola è soprattutto una crisi di aggressione dettata dalle politiche Ue.
E, dove non arriva l’Ue, anzi a rincarare la dose, ci si mettono le regioni. Una delle Regioni più prese di mira dagli agricoltori di casa è nostra è l’Emilia-Romagna, regione ad altissima vocazione agricola, patria della food valley, ma anche Regione all’avanguardia nella ricezione delle normative Ue.
Normative che secondo gli agricoltori stanno uccidendo una filiera importantissima dell’economia italiana e che partono fondamentalmente da un assunto, tanto errato quanto indimostrabile: l’agricoltura è parte del processo di inquinamento e del cambiamento climatico nel pianeta e pertanto va scoraggiata, limitata e possibilmente ridotta.
La denuncia arriva da Emiliano Occhi (in foto), consigliere regionale della Lega in Emilia e relatore di minoranze del Piano Aria che verrà approvato oggi in via Aldo Moro, tra le proteste delle stesse associazioni di categoria, che si sono viste bocciare tutte le osservazioni di merito.
«Agli attuali problemi legati all’aumento dei costi di materie prime e materiali – spiega alla Bussola -, insieme a una minore marginalità, ci si mettono anche le politiche comunitarie che partono dall’impostazione che vede l’agricoltore come un inquinatore».
Sul banco degli imputati c’è soprattutto il Green deal che punta a ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera andando a limitare l’agricoltura. «Uno dei problemi principali è legato alle condizionalità della PAC (Politica Agricola Comune) che a fronte dell’emissione di contributi per gli agricoltori li costringe a sacrificare il 4% dei propri terreni, che devono essere tolti dalla produzione». In grande scala, quello che la Regione ha fatto con la politica del ritiro dei seminativi per vent’anni, che però è parte di un vecchio finanziamento e destinato solo a particolari terreni.
Ma con la PAC si fanno le cose in grande. Si chiama Condizionalità BCAA8 ed è appunto la rinuncia del 4% dei terreni a seminativo per poter avere i finanziamenti europei. Perché l’Europa con una mano toglie e con l’altra dà. Intanto però, gli obiettivi di questa condizionalità sono gli stessi: inquinamento, cambiamenti climatici e ripristino dell’habitat. Per tutte e tre l’agricoltura è vista come un nemico.
«C’è poi un aspetto – prosegue Occhi – che ha a che fare con la guerra in Ucraina. Si è aperto il mercato ed è come se avessimo già fatto entrare nell’UE il paese attualmente in guerra. Così entrano molti prodotti a basso costo da parte di un Paese che non ha i costi dell’Ue. Una sorta di concorrenza sleale garantita dagli stati Ue».
Il secondo problema degli agricoltori riguarda i fondi europei del PSR (Piano di Sviluppo Rurale), che dopo la PAC è il secondo pilastro dei finanziamenti comunitari: «Gli agricoltori lamentano il fatto che si tratta di bandi che sono cofinanziati da parte delle aziende, ma spesso sono fatti su progetti che non vanno incontro alle loro esigenze».
E in Emilia-Romagna cosa accade?
«La questione si complica perché proprio oggi il Consiglio Regionale approverà il Piano dell’Aria, che individua nell’agricoltura uno dei principali emettitori di ammoniaca, che è quella sostanza che si va ad articolare nel particolato delle PM10 e PM5. La Regione ha previsto misure energiche nei confronti degli allevamenti per i reflui zootecnici; quindi, si imporrà la copertura delle vasche; inoltre, si chiede uno spandimento immediato dei liquami: non più 24 ore ma 12 ore».
Secondo Occhi - che ha raccolto le osservazioni delle associazioni di categoria, tutte bocciate nel piano che verrà approvato oggi - è una costrizione assurda, scritta da chi non sa nulla del lavoro dei campi: basti pensare che questa misura provocherà l’impantanamento dei mezzi».
Un’altra battaglia è quella della guerra ai fertilizzanti azotati. «Anche in questo caso le procedure per adeguarsi sono costose e ogni adeguamento sarà a carico dell’agricoltore».
La cecità principale dell’Ue nei confronti dell’Emilia si vede anche con le misure draconiane dopo la condanna della Commissione per il superamento dei valori della qualità dell’aria: «Nessuno nega che in Emilia ci sia un problema di inquinamento, ma non si possono applicare misure restrittive come se la Pianura Padana fosse uguale ad altri vasti territori che non sono schiacciati da due catene montuose. Prendiamo la Polonia o l’Austria dove ci sono pianure aperte. L’Emilia non può adeguarsi a questi diktat perché a causa della sua conformazione non riuscirà mai a rispettare le limitazioni, neanche spegnendo tutto».
E in Emilia-Romagna cosa accade?
«La questione si complica perché proprio oggi il Consiglio Regionale approverà il Piano dell’Aria, che individua nell’agricoltura uno dei principali emettitori di ammoniaca, che è quella sostanza che si va ad articolare nel particolato delle PM10 e PM5. La Regione ha previsto misure energiche nei confronti degli allevamenti per i reflui zootecnici; quindi, si imporrà la copertura delle vasche; inoltre, si chiede uno spandimento immediato dei liquami: non più 24 ore ma 12 ore».
Secondo Occhi - che ha raccolto le osservazioni delle associazioni di categoria, tutte bocciate nel piano che verrà approvato oggi - è una costrizione assurda, scritta da chi non sa nulla del lavoro dei campi: basti pensare che questa misura provocherà l’impantanamento dei mezzi».
Un’altra battaglia è quella della guerra ai fertilizzanti azotati. «Anche in questo caso le procedure per adeguarsi sono costose e ogni adeguamento sarà a carico dell’agricoltore».
La cecità principale dell’Ue nei confronti dell’Emilia si vede anche con le misure draconiane dopo la condanna della Commissione per il superamento dei valori della qualità dell’aria: «Nessuno nega che in Emilia ci sia un problema di inquinamento, ma non si possono applicare misure restrittive come se la Pianura Padana fosse uguale ad altri vasti territori che non sono schiacciati da due catene montuose. Prendiamo la Polonia o l’Austria dove ci sono pianure aperte. L’Emilia non può adeguarsi a questi diktat perché a causa della sua conformazione non riuscirà mai a rispettare le limitazioni, neanche spegnendo tutto».
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