Con l'esortazione Laudate Deum, la Chiesa imbocca una strada pericolosa, verso l'ideologia ecologista. Una strada che, se ancora perseguita senza correzioni, può portare a conseguenze devastanti sulla stessa ragion d'essere della Chiesa.
Eugenio Capozzi, 10-10-2023
L'esortazione apostolica Laudate Deum, dedicata alla “crisi climatica”, con la quale significativamente papa Francesco ha voluto aprire il “Sinodo sulla sinodalità” di Roma, non si limita a inserirsi nella già consolidata scia dell'ubriacatura della Chiesa cattolica per l'ideologia ambientalista millenarista e i suoi dogmi sul “cambiamento climatico” antropocentrico, ma rappresenta lo spartiacque attraverso il quale il cattolicesimo viene trascinato in un territorio che con l'umanesimo cristiano è di fatto incompatibile, estremizzando una tendenza già manifestatasi con l'enciclica Laudato sì e in molti altri pronunciamenti pontifici.
Si tratta di un documento molto pericoloso, sia nel metodo che nel merito delle sue argomentazioni. Per quanto riguarda il primo aspetto, esso concentra la sua attenzione su temi esclusivamente politici, economici e scientifico-tecnologici, invocando il perseguimento di un obiettivo pratico e specifico, e dando così l'impressione di mettere da parte quello che sarebbe il compito fondamentale della Chiesa: la predicazione del kérigma, del messaggio di salvezza per tutti gli uomini che guarda alla vita sub specie aeternitatis e trascende ogni singolo tema del dibattito pubblico nella dimensione della storia, pur non disinteressandosi certo a esso.
Inoltre, nell'allocuzione il pontefice pretende di presentare argomentazioni irrefutabili in campo scientifico e tecnico senza averne alcuna autorità, e citando a supporto di esse fonti dichiarate affidabili su una base del tutto acritica, come quelle degli scienziati facenti capo al panel Ipcc dell'Onu (la cui stessa esistenza dipende da un'assunzione politica, quella dell'emergenza climatica, e non da un libero percorso di ricerca della verità), mentre ne rifiuta altrettanto aprioristicamente e acriticamente altre, cioè tutte quelle critiche rispetto alla tesi del cambiamento climatico di origine antropica.
Per quanto riguarda poi il merito, la Laudate Deum presenta una imbarazzante serie di asserzioni una più infondata e contraddittoria dell'altra. Si dichiara innanzitutto come fosse un dato acclarato, senza sentire il bisogno di citare alcuna fonte a supporto, che “il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura”, e che il cambiamento climatico produrrà un impatto sociale ed economico drammatico in tutto il mondo, i cui segni “sono lì, sempre più evidenti”, fondandosi su una constatazione empirica che si considera automaticamente e universalmente condivisa, e mettendo nello stesso fascio il fantomatico cambiamento climatico con i ben più concreti e reali problemi legati all'inquinamento.
Si cerca poi di confutare i critici della teoria del cambiamento climatico antropico affermando che la stragrande maggioranza degli scienziati lo sostiene: dato assolutamente inventato, ricavato come è noto da una interpretazione statistica errata di un saggio di un decennio fa; e che comunque, quand'anche fosse vero, non dimostrerebbe certo che la maggioranza ha ragione, ma imporrebbe semmai una disamina attenta delle tesi degli uni e degli altri.
Si sostiene, ancora, che la differenza tra le oscillazioni della temperatura globale succedutesi in altre epoche e il processo oggi supposto in atto consisterebbe nella molto maggiore velocità di quest'ultimo: affermazione smentita dalle rilevazioni degli ultimi decenni, che hanno visto alternarsi periodi di crescita della temperatura ad altri di stasi, e dalla storia che presenta negli ultimi secoli periodi di variazioni termiche anche più repentine.
Infine e soprattutto, sulla base di queste affermazioni apodittiche ed errate, si chiede, in occasione della prossima COP28 di Dubai, che vengano istituite “forme vincolanti di transizione energetica che abbiano tre caratteristiche: che siano efficienti, che siano vincolanti e facilmente monitorabili”. Si invoca, cioè, un accentramento delle decisioni politiche a livello sovranazionale che imponga una drastica accelerazione nei provvedimenti volti a ridurre le emissioni di anidride carbonica, nella convinzione che essi produrranno una diminuzione anche parziale della temperatura globale, e norme rigide che scavalchino i processi democratici di decisione stabiliti nelle singole nazioni in nome di un “supergoverno” globale su basi scientifiche e tecniche. Richiesta che è esattamente l'opposto della prevalenza dell'uomo sulla tecnocrazia che si dichiara essere il principio fondamentale di ispirazione della visione politica alla base dell'esortazione. Ed è in flagrante contraddizione con il multilateralismo che, in presenza di un mondo strutturalmente multipolare, si indica qualche pagina prima come necessaria stella polare delle relazioni internazionali.
In tale prospettiva, il papa arriva persino a giustificare gli atti provocatori dei movimenti ambientalisti radicali, in quanto essi “occupano un vuoto della società nel suo complesso, che dovrebbe esercitare una sana pressione, perché spetta ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli”; dunque come modo, in mancanza di azioni efficaci dei governi, per risvegliare le opinioni pubbliche e le classi politiche.
Siamo di fronte, evidentemente, a una distorsione profonda di quella che dovrebbe essere la visione del mondo e dei problemi sociali e politici proposta dalla Chiesa cattolica, a partire dalla formulazione della sua dottrina sociale.
Di fronte alla secolarizzazione e al relativismo radicale dilaganti in tutto l'Occidente, che fino a qualche secolo o a qualche decennio fa era ancora la “cristianità”, la Chiesa di papa Bergoglio sceglie non di cementare e ravvivare il proprio fondamento trascendente, ma al contrario di votarsi a un'idea puramente immanente di salvezza, trasformando la dottrina della cura per il Creato nell'adesione passiva a una delle più autoritarie ideologie nate dal relativismo secolare: quell'ambientalismo apocalittico e millenaristico che imputa all'egoismo e all'avidità dell'uomo una trasformazione catastrofica della natura che porterà alla propria estinzione, ed esige da lui di riparare a questo “peccato” attraverso espiazione e mortificazione nel suo stile di vita.
Dopo le seduzioni della “teologia della liberazione” negli scorsi decenni, per fortuna contenute e respinte sotto i pontificati di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, il cattolicesimo è piombato insomma, con l'ecologismo cieco ed estremista della Laudate Deum, in una vera e propria “teologia delle emissioni”. Una strada che, se ancora perseguita senza correzioni, può portare a conseguenze devastanti sulla stessa ragion d'essere della Chiesa.
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