Di Silvio Brachetta, 10 OTT 2023
Il comitato etico dell’Azienda sanitaria giuliana-isontina ha dato parere favorevole al suicidio assistito di Anna – la triestina affetta da sclerosi multipla. A fare problema non è il successo dell’Associazione Luca Coscioni, che riporta l’ennesima vittoria, né il giornale Il Piccolo di Trieste, che ha dato entusiasta la notizia, saldamente in mano al Gruppo Gedi di John Elkann.
La stonatura è la paginata che Il Piccolo ha regalato a Vito Mancuso (già sacerdote cattolico), che si professa teologo laico e filosofo e che appoggia il pensiero dei radicali e la loro idea di libertà. Dichiara infatti: «Da sempre sostengo che il senso della vita umana consiste nella libertà». Ma non lo sostiene lui; lui lo ripete, dopo averlo sentito dire da Sartre e da tutti i libertari e gli anarchici del secolo scorso.
Con un gioco di parole, Mancuso cerca di spiegare il concetto contorto di libertà che va proponendo: «Penso che il senso del nostro essere qui, con un inizio e con una fine, sia quello di incrementare il massimo di consapevolezza, creatività e responsabilità. Messe insieme queste tre cose, si ha la libertà matura». Ovvero, la libertà matura si otterrebbe incrementando al massimo la consapevolezza, la creatività e la responsabilità. È Chiaro? Per nulla. Si tratta di astrattismo, che nasconde l’incapacità di dare una definizione.
Consapevolezza di che? Creatività di che? Responsabilità di fare cosa? Secondo Mancuso, Anna ha fatto una «scelta consapevole, responsabile». Non solo, ma anche creativa – si dimentica di dire il teologo. Ma che grado di consapevolezza o di responsabilità può avere una persona che vive nella sofferenza o nella disperazione? È complicato, impossibile gestire il dolore in solitudine o rinchiudendosi in una scelta che porta al suicidio.
Mancuso, poi, critica la Chiesa cattolica del passato, «quando c’era una maniera di intendere la libertà […] diverso rispetto a quello che viviamo ai nostri giorni». Sbagliava dunque la Chiesa a ritenere che il dolore fosse salvifico. Sbagliava quando esortava a tenersi lontani dal suicidio, dalla disperazione che è nel darsi la morte.
Quello che sta a cuore a Mancuso è la produzione, da parte della Chiesa, di nuovi «pronunciamenti dottrinali» a favore dell’eutanasia, così da «essere fedeli alla coscienza contemporanea». Non è dunque la coscienza contemporanea che si deve convertire alla verità sulla sofferenza, ma è la dottrina cattolica a doversi piegare all’andazzo dei tempi e dei costumi.
Gli argomenti del teologo laico sono preconfezionati: sempre i soliti, sempre astratti, mai spiegati, se non con le categorie della filosofia moderna e contemporanea.
È del tutto assente la dimensione spirituale – o, se anche presente, ha come compimento il mondo delle leggi e del diritto positivo. Tutto si blocca su speculazioni terra-terra. L’attenzione è tutta al mondano, al transeunte, alla dittatura del costume, alla vacuità delle mode.
Giovanni Paolo II, nella Evangelium Vitae, ha fatto un elenco di quello che va contro la dignità e la vita umana: «ogni specie di omicidio, il genocidio, l’aborto, l’eutanasia e lo stesso suicidio volontario; tutto ciò che viola l’integrità della persona umana, come le mutilazioni, le torture inflitte al corpo e alla mente, gli sforzi per violentare l’intimo dello spirito». Quanto all’eutanasia, «oltre che per una presunta pietà di fronte al dolore del paziente, viene talora giustificata con una ragione utilitaristica, volta ad evitare spese improduttive troppo gravose per la società. Si propone così la soppressione dei neonati malformati, degli handicappati gravi, degli inabili, degli anziani, soprattutto se non autosufficienti, e dei malati terminali».
Quando Mancuso rivendica il diritto all’eutanasia come vera libertà, commette un abuso e lo fa contro l’Evangelium Vitae. Riconoscere l’eutanasia legale – dice Giovanni Paolo II – «equivale ad attribuire alla libertà umana un significato perverso e iniquo: quello di un potere assoluto sugli altri e contro gli altri. Ma questa è la morte della vera libertà: “In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato” (Gv 8, 34)»
Silvio Brachetta
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