di Josef Seifert*
08 giugno 2016
In tutto il mondo molte voci di gioia e lode hanno risposto all’ultimo documento di Papa Francesco, Amoris laetitia. Questo testo contiene indubbiamente numerosi passaggi molto belli e profonde verità che danno gloria a Dio e rallegrano il lettore. Il testo irradia l’amore misericordioso di Dio e del Papa verso tutti e contiene grandi perle di saggezza.
Nonostante la letizia della Gioia dell’amore e tutte le lodi che ne hanno tessuto vescovi e cardinali, sono convinto che Gesù e la sua Santissima Madre piangono su alcuni passaggi dell’esortazione apostolica e, in particolare, su quelli che avranno maggiori conseguenze.
Tali passaggi, che talvolta sono nascosti in poche righe e note a piè di pagina nell’ottavo capitolo, soppiantano alcune delle più belle parole misericordiose e delle più severe ammonizioni di Gesù, alcune dottrine e parti della disciplina sacramentale della Chiesa con il loro contrario. A mio avviso, pertanto, rischiano una valanga di conseguenze molto dannose per la Chiesa e per le anime.
Sì, perché Gesù non condanna la donna adultera che, secondo la legge di Mosè, meritava la morte, ma le dice: “Va e d’ora in poi non peccare più”.
Il suo successore Francesco, citando il Sinodo, dice alla donna adultera che, anche se continuerà a peccare in modo grave, non dovrebbe sentirsi scomunicata né è necessario che ella si converta dal suo peccato di adulterio per essere un “membro vivo della Chiesa”: “Essi [le coppie “irregolari”] non solo non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare come membra vive della Chiesa, sentendola come una madre che li accoglie sempre, si prende cura di loro con affetto e li incoraggia nel cammino della vita e del Vangelo” (AL, 299). Ciò che dice il Papa non è falso e può essere un conforto per queste coppie sapere che la misericordia di Dio è sempre presente; tuttavia è del tutto assente il “Va' e non peccare più”, manca l’invito alla conversione dal peccato e il fatto che se la donna adultera non si converte cessa di essere “un membro vivo della Chiesa” e non “va nel cammino della vita e del Vangelo”, anche se può sempre intraprendere questa strada aperta a tutti grazie alla confessione e al pentimento.
Con tutta la sua misericordia, Gesù ci avverte 15 volte in modo esplicito che esiste il pericolo della dannazione eterna se persistiamo in un peccato grave; mentre il suo successore ci dice che “Nessuno può essere condannato per sempre, perché questa non è la logica del Vangelo! Non mi riferisco solo ai divorziati che vivono una nuova unione, ma a tutti, in qualunque situazione si trovino” (AL, 297) (anche se nel contesto non è chiaro a quale condanna “per sempre” il Papa si riferisca, dato che egli non ha enunciato alcuna condanna temporale, il significato che sembra imporsi è che non esiste né inferno né pericolo di finirci).
Gesù alla donna adultera e a noi dice il contrario attraverso l’apostolo Paolo: vale a dire che nessun adultero (non convertito) entrerà nel regno di Dio e quindi tutti saranno “condannati per sempre”: Cor. 6, 9: “Non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolàtri, né adùlteri, 6, 10 né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio”.
Papa Francesco dice agli adulteri che è possibile per essi vivere nella grazia di Dio e, mediante la santa Eucaristia, crescere in grazia anche senza ritorno o conversione dalla vita adultera (nonostante questo cambiamento renda il matrimonio cattolico molto desiderabile) (AL, 297).[1]
Se si considera che il padre gesuita Antonio Spadaro è uno stretto collaboratore del Papa non si può dubitare quando dice che : “Francesco ha tolto tutti i “limiti” del passato, anche nella “disciplina sacramentale”, per le coppie “cosiddette irregolari”: e che queste coppie “diventino destinatari dell’Eucaristia”[2].
Gesù, attraverso il suo Apostolo, dice alla donna e all’uomo adultero che è necessario fare un esame di coscienza prima di ricevere il corpo e il sangue di Cristo, se non si vuole commettere un sacrilegio e mangiare e bere il proprio giudizio:
“27° Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà del calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo ed il sangue del Signore.
28° Or provi l’uomo se stesso, e così mangi del pane e beva del calice;
29° poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio su se stesso, se non discerne il corpo del Signore”.
In altre parole, si tratta di un compiere sacrilegio e mettere in pericolo la propria anima.
Papa Francesco, che neanche una volta menziona il possibile sacrilegio o pericolo per le anime di quanti si comunicano indegnamente, dice agli adulteri che in certe circostanze, da decidere caso per caso, è possibile per chi vive in adulterio o in altra unione “irregolare” accedere alla santa Comunione senza cambiare la propria vita e continuando a vivere da adulteri[3].
Dio ordina alla moglie adultera e a ciascuno di noi, in assoluto, senza condizioni, “non commettere adulterio!”.
Papa Francesco insegna che questi comandamenti divini sono espressione dell’ideale (Zielgebote) che pochi possono raggiungere, come se si trattasse di puri consigli evangelici validi solo per coloro che cercano una perfezione superiore e non comandamenti riservati a tutti.
Dio dice senza condizioni “non commettere adulterio!”.
Il Papa dice che se la donna adultera non potrà separarsi dall’adultero (quando, per esempio, la separazione della coppia civilmente sposata provocherebbe danni ai figli), ma vive con lui come sorella (cosa che la Chiesa cattolica ha sempre preteso in tali situazioni), praticherebbe uno stile di vita che può causare l’“infedeltà” propria o quella del partner. Nel caso di minaccia di infedeltà tra i due adulteri, secondo il Papa, piuttosto che vivere come sorella, è meglio che la donna adultera abbia rapporti intimi con il suo uomo. In tal caso, dunque, sarebbe meglio continuare a vivere in adulterio piuttosto che come fratello e sorella. Per provare questa tesi il Papa cita testi che si riferiscono a matrimoni, non a “unioni irregolari” (soprattutto per quanto riguarda l’astensione temporale limitata, in ottemperanza all’Humanae Vitae). Tali testi, inoltre, non permettono che in un matrimonio si eviti il pericolo per mezzo di un peccato.
“Esiste il caso di una seconda unione consolidata nel tempo, con nuovi figli, con provata fedeltà, dedizione generosa, impegno cristiano, consapevolezza dell’irregolarità della propria situazione e grande difficoltà a tornare indietro senza sentire in coscienza che si cadrebbe in nuove colpe. La Chiesa riconosce «situazioni in cui l’uomo e la donna, per seri motivi – quali, ad esempio, l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione»” (329).
NOTA 329: “…In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere «come fratello e sorella» che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, «non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli»” (Conc. Ecum. Vat. II, Const. past. Gaudium et spes, sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, 51)[4].
Come possono Gesù e la sua Madre santissima leggere e paragonare queste parole del Papa con quelle di Gesù e della sua Chiesa senza piangere? Piangiamo dunque con Gesù, con profondo rispetto e affetto per il Papa, e con il dolore profondo che nasce dall’obbligo di criticare i suoi errori! E preghiamo affinché il Papa stesso o un Santo Concilio revochino queste false dottrine contrarie alle sante parole di Cristo, che mai moriranno, e alle sante dottrine della Chiesa!
Non è possibile, come propongono alcuni eccellenti cardinali, leggere queste poche ma pregnanti parole della Amoris Laetitia considerandole in armonia con le parole di Cristo o con le dottrine della Chiesa!
Qualcuno potrebbe chiedermi come io, misero laico, possa criticare un Papa. Rispondo: il Papa non è infallibile se non parla ex cathedra. Vari Papi (come Formoso e Onorio I) furono condannati per eresia. Ed è nostro santo dovere – per amore e per misericordia per tante anime – criticare i nostri vescovi e persino il nostro caro Papa, se essi deviano dalla verità e se i loro errori danneggiano la Chiesa e le anime. Quest’obbligo fu riconosciuto nella Chiesa fin dall’inizio.
San Paolo resistette al primo Papa, san Pietro, con dure ed energiche parole, quando egli, nella sua decisione pratica, deviava dalla verità e dalla volontà di Dio. Sant’Atanasio resistette a Papa Liberio che firmò una dichiarazione che conteneva l’eresia ariana o semi-ariana, che negava la vera divinità di Gesù Cristo. Questo Papa, davanti alla critica di sant’Atanasio, scomunicò sant’Atanasio ingiustamente, commettendo un errore contro il quale vi furono laici che levarono le loro voci e che fu corretto in seguito. E oggi la Chiesa, che deve in parte a questo Santo la preservazione della sua fede, celebra la sua festa in tutto il mondo.
Alcuni laici resistettero a Papa Onorio che fu poi condannato per eresia per essersi dichiarato a favore della eresia monotelita (che negò le due nature e le due corrispondenti volontà umane e divine della medesima persona Gesù Cristo). Laici protestarono contro l’eresia di Papa Giovanni XXII sulla visione beatifica, un’eresia che fu condannata nella bolla Benedictus Deus dal suo successore.
Seguiamo allora, senza paura, tali sublimi esempi di amore per la verità e per la Chiesa e non acconsentiamo mai se vediamo che Pietro è caduto in un errore. Papa Francesco stesso ci esortava a fare esattamente questo e a criticarlo invece di mentire al mondo cattolico o di adularlo. Prendiamo a cuore le sue parole, ma facciamolo umilmente e solo per amore di Gesù e della sua Santa Chiesa, per asciugare le lacrime di Gesù e per glorificare Dio in veritate.
[1] In certi casi potrebbe essere anche l’aiuto dei sacramenti. Per questo “ricordo ai sacerdoti che il confessionale non deve essere una sala di tortura, ma il luogo della misericordia del Signore”, Esort. ap. Evangelii gaudium (24 novembre 2013), 44: AAS 105 (2013), 1038. Sottolineo inoltre che l’Eucaristia “non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio e un alimento per i deboli” (ivi, 47: 1039).
[2] Si veda
[3] AL n. 306.
[4] Questo rimando alla fedeltà in Gaudium et Spes si riferisce solo al matrimonio e non, come nell’AL, a rapporti extraconiugali. Non conosco nessun altro testo ecclesiastico nel quale si parla della fedeltà o dell’infedeltà tra adulteri.
*Filosofo, membro a vita della Pontificia Accademia per la Vita, fondatore e direttore della «Internationale Akademie fur Philosophie» nel Principato del Liechtenstein.
http://www.corrispondenzaromana.it
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