Pubblichiamo un interessante articolo del Cardinal Ratzinger, tratto dalla rivista Communio, n.41 del 1978, che ci aiuta a capire meglio la mens dell'attuale Pontefice Benedetto XVI in materia liturgica.
di Joseph cardinal Ratzinger
La crisi della liturgia e quindi della chiesa, in cui ci troviamo da parecchio tempo, è dovuta solo in minima parte alla differenza tra vecchi e nuovi libri liturgici.
Sempre più chiaramente si può constatare che sullo sfondo di tutte le dispute rimane aperto un profondo dissenso sulla natura della celebrazione liturgica, la sua provenienza, i suoi ministri e la sua retta forma. Ne va della questione della struttura fondamentale della liturgia in quanto tale; più o meno consciamente si scontrano qui due concezioni radicalmente diverse.
I concetti portanti della nuova visione della liturgia si possono riassumere in questi termini chiave: creatività, libertà, festa, comunità. Da una tale visione il rito, il vincolo cerimoniale, l'interiorità, l'intero ordinamento ecclesiastico appaiono come concetti negativi che descrivono lo status da superare della «vecchia» liturgia.
Io mi accontento di addurre per questa «nuova» visione della struttura liturgica un testo scelto a caso che è rappresentativo di un intero genere letterario: «La liturgia non è un rituale sancito ufficialmente, ma una celebrazione concreta, essenzialmente strutturata dall'assemblea, con tutti i giochi del regolamento. La liturgia non è un culto oggettivo devozionale, proprio della chiesa, che deve essere adempiuto... Come il messale è dato al sacerdote quale libro del suo ruolo, cosi la comunità ha tra le mani il libro dei canti: il ruolo della comunità viene anche accentuato dal fatto che la liturgia si svolge in un luogo concreto, in una determinata comunità... Il canto della comunità è stato rivalutato a partite dalla riforma liturgica: il proprio non consiste più nel fatto di cantare bensì in quello che viene cantato... » (1).
II pensiero fondamentale che è alla base di queste riflessioni è che la liturgia è celebrazione comunitaria, un atto in cui la comunità si forma e si sperimenta come comunità.
Di fatto in questo modo la liturgia sia nella sua forma tipica che nell'atteggiamento spirituale retrocede nella prossimità di un party. Ciò è dimostrato, ad es., dalla crescente importanza riservata alle parole di saluto e di commiato come anche dalla ricerca di elementi che abbiano valore di intrattenimento. L'effetto di intrattenimento diventa anzi criterio di una «riuscita» celebrazione liturgica che perciò si deve basare sulla «creatività», cioè sulle trovate dei suoi organizzatori. [continua...]
(1)E. BickI, «Zur Rezeption des 'Gotteslob'. Einführungsschwierigkeiten und Lösungvorschläge» in Singende Kirche, 25 (1977-78), 115-118, citazione da p. 117.
di Joseph cardinal Ratzinger
La crisi della liturgia e quindi della chiesa, in cui ci troviamo da parecchio tempo, è dovuta solo in minima parte alla differenza tra vecchi e nuovi libri liturgici.
Sempre più chiaramente si può constatare che sullo sfondo di tutte le dispute rimane aperto un profondo dissenso sulla natura della celebrazione liturgica, la sua provenienza, i suoi ministri e la sua retta forma. Ne va della questione della struttura fondamentale della liturgia in quanto tale; più o meno consciamente si scontrano qui due concezioni radicalmente diverse.
I concetti portanti della nuova visione della liturgia si possono riassumere in questi termini chiave: creatività, libertà, festa, comunità. Da una tale visione il rito, il vincolo cerimoniale, l'interiorità, l'intero ordinamento ecclesiastico appaiono come concetti negativi che descrivono lo status da superare della «vecchia» liturgia.
Io mi accontento di addurre per questa «nuova» visione della struttura liturgica un testo scelto a caso che è rappresentativo di un intero genere letterario: «La liturgia non è un rituale sancito ufficialmente, ma una celebrazione concreta, essenzialmente strutturata dall'assemblea, con tutti i giochi del regolamento. La liturgia non è un culto oggettivo devozionale, proprio della chiesa, che deve essere adempiuto... Come il messale è dato al sacerdote quale libro del suo ruolo, cosi la comunità ha tra le mani il libro dei canti: il ruolo della comunità viene anche accentuato dal fatto che la liturgia si svolge in un luogo concreto, in una determinata comunità... Il canto della comunità è stato rivalutato a partite dalla riforma liturgica: il proprio non consiste più nel fatto di cantare bensì in quello che viene cantato... » (1).
II pensiero fondamentale che è alla base di queste riflessioni è che la liturgia è celebrazione comunitaria, un atto in cui la comunità si forma e si sperimenta come comunità.
Di fatto in questo modo la liturgia sia nella sua forma tipica che nell'atteggiamento spirituale retrocede nella prossimità di un party. Ciò è dimostrato, ad es., dalla crescente importanza riservata alle parole di saluto e di commiato come anche dalla ricerca di elementi che abbiano valore di intrattenimento. L'effetto di intrattenimento diventa anzi criterio di una «riuscita» celebrazione liturgica che perciò si deve basare sulla «creatività», cioè sulle trovate dei suoi organizzatori. [continua...]
(1)E. BickI, «Zur Rezeption des 'Gotteslob'. Einführungsschwierigkeiten und Lösungvorschläge» in Singende Kirche, 25 (1977-78), 115-118, citazione da p. 117.
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