di Giuseppe Di Leo
Stavolta ci tocca un po’ di latino (ecclesiastico). Lo richiede l’argomento: la liturgia.
Papa Benedetto XVI ha approvato l’Istruzione Universae Ecclesiae con cui si dà applicazione pratica al Motu Proprio Summorum Pontificum del sette luglio 2007, grazie al quale Benedetto XVI ha fatto sì che “Romanae Liturgiae divitias reddiderunt propiores”.
Cosa stabilisce la nuova Istruzione, firmata dal cardinale Levada in data trenta aprile (giorno in cui si venera san Pio V, un Papa protagonista della storia liturgica di Santa Romana Chiesa) ma approvata dal Pontefice l’otto dello stesso mese?
Per prima cosa il Papa riafferma anche in materia liturgica che “unaquaeque Ecclesia particularis concordare debet cum universali Ecclesia” non solo riguardo alla dottrina della fede e ai sacramenti “sed etiam quoad usus universaliter acceptos ab apostolica et continua traditione”.
Nel testo dell’Istruzione si fa memoria storica del Messale Romano, fino al Messale di Giovanni XXIII del 1962 e a quello di Paolo VI del 1970, e si ricorda riguardo a questi ultimi due che “respective ordinaria et extraordinaria nuncupantur: agitur nempe de duobus unius Ritus Romani usibus, qui ad invicem iuxta ponuntur”. Infatti, “utraque forma est expressio unicae Ecclesiae legis orandi”.
La Lettera Apostolica Summorum Pontificum ha tre scopi: il primo “Liturgiam Romanam in Antiquiori Usu (...) omnibus largire fidelibus”; il secondo “Usum eiusdem Liturgiae iis re vera certum facere, qui id petunt (...), il terzo “reconciliationi in sinu Ecclesiae favere”.
Proprio questa terza finalità, che deve esser assolutamente preservata, ha indotto il Pontefice a prescrivere che “Christifideles celebrationem secundum formam extraordinariam postulantes, auxilium ne ferant neque nomen dent consociationibus, quae validitatem vel legitimatem Sanctae Missae Sacrificii et Sacramentorum secundum formam ordinaria impugnent, vel Romano Pontifici, Universale Ecclesiae Pastori quoquo modo sit infensae”.
Importante il concetto di “coetus fidelium”: esso è costituito da persone di una determinata parrocchia che “ratione venerationis Liturgiae in Antiquiore Usu, poscentibus ut in ecclesia paroeciali vel in aliquo oratorio vel sacello Antiquior Usu celebretur”; ma può essere costituito anche “a personis ex pluribus paroeciis aut dioecesibus convenientibus et qui una concurrunt ad ecclesiam paroecialem aut oratorium ad finem... assequendum”.
Il documento papale prevede i compiti e i poteri della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, in particolare “circa sedulam observantiam et vigilantiam in exsequendas dispositiones in Litteris Apostolicis Summorum Pontificum contentas”. Inoltre, spetta alla “Pontificiae Commissionis Ecclesia Dei (...) curare de edendis libris liturgicis ad formam extraordinariam Ritus Romani pertinentibus”.
Ovvio che una sfida importante per la Chiesa sarà la formazione dei futuri sacerdoti nei seminari “in quibus providebitur ut sacrorum alumni convenienter instituantur, Latinum discendo sermonem et (...) ipsam Ritus Romani formam extraordinariam”.
E’ importante questo punto affinché possa trovare facile esecuzione quanto stabilito subito dopo: “Libri liturgici formae extraordinariae adhibeantur ut prostant. Omnes qui secundum extraordinariam formam Ritus Romani celebrare exoptant, tenentur rubricas relativas scire easque in celebrationibus recte exsequi”.
Come ha rilevato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, in una nota di sintesi distribuita ai giornalisti “a lettura compiuta, rimane l’impressione di un testo di grande equilibrio, che intende favorire –secondo l’intenzione del Papa- il sereno uso della liturgia precedente alla riforma da parte di sacerdoti e fedeli che ne sentano il sincero desiderio per il loro bene spirituale”.
Queste disposizioni liturgiche di Benedetto XVI intendono andare incontro all’esigenza di interpretare il concilio Vaticano II come evento ecclesiale che, innovando nella liturgia quello che c’è da innovare, non dimentichi di valorizzare la grande Tradizione accumulata in duemila anni di storia.
fonte: http://www.ilconsulentere.it/articolo.php?id=784
Stavolta ci tocca un po’ di latino (ecclesiastico). Lo richiede l’argomento: la liturgia.
Papa Benedetto XVI ha approvato l’Istruzione Universae Ecclesiae con cui si dà applicazione pratica al Motu Proprio Summorum Pontificum del sette luglio 2007, grazie al quale Benedetto XVI ha fatto sì che “Romanae Liturgiae divitias reddiderunt propiores”.
Cosa stabilisce la nuova Istruzione, firmata dal cardinale Levada in data trenta aprile (giorno in cui si venera san Pio V, un Papa protagonista della storia liturgica di Santa Romana Chiesa) ma approvata dal Pontefice l’otto dello stesso mese?
Per prima cosa il Papa riafferma anche in materia liturgica che “unaquaeque Ecclesia particularis concordare debet cum universali Ecclesia” non solo riguardo alla dottrina della fede e ai sacramenti “sed etiam quoad usus universaliter acceptos ab apostolica et continua traditione”.
Nel testo dell’Istruzione si fa memoria storica del Messale Romano, fino al Messale di Giovanni XXIII del 1962 e a quello di Paolo VI del 1970, e si ricorda riguardo a questi ultimi due che “respective ordinaria et extraordinaria nuncupantur: agitur nempe de duobus unius Ritus Romani usibus, qui ad invicem iuxta ponuntur”. Infatti, “utraque forma est expressio unicae Ecclesiae legis orandi”.
La Lettera Apostolica Summorum Pontificum ha tre scopi: il primo “Liturgiam Romanam in Antiquiori Usu (...) omnibus largire fidelibus”; il secondo “Usum eiusdem Liturgiae iis re vera certum facere, qui id petunt (...), il terzo “reconciliationi in sinu Ecclesiae favere”.
Proprio questa terza finalità, che deve esser assolutamente preservata, ha indotto il Pontefice a prescrivere che “Christifideles celebrationem secundum formam extraordinariam postulantes, auxilium ne ferant neque nomen dent consociationibus, quae validitatem vel legitimatem Sanctae Missae Sacrificii et Sacramentorum secundum formam ordinaria impugnent, vel Romano Pontifici, Universale Ecclesiae Pastori quoquo modo sit infensae”.
Importante il concetto di “coetus fidelium”: esso è costituito da persone di una determinata parrocchia che “ratione venerationis Liturgiae in Antiquiore Usu, poscentibus ut in ecclesia paroeciali vel in aliquo oratorio vel sacello Antiquior Usu celebretur”; ma può essere costituito anche “a personis ex pluribus paroeciis aut dioecesibus convenientibus et qui una concurrunt ad ecclesiam paroecialem aut oratorium ad finem... assequendum”.
Il documento papale prevede i compiti e i poteri della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, in particolare “circa sedulam observantiam et vigilantiam in exsequendas dispositiones in Litteris Apostolicis Summorum Pontificum contentas”. Inoltre, spetta alla “Pontificiae Commissionis Ecclesia Dei (...) curare de edendis libris liturgicis ad formam extraordinariam Ritus Romani pertinentibus”.
Ovvio che una sfida importante per la Chiesa sarà la formazione dei futuri sacerdoti nei seminari “in quibus providebitur ut sacrorum alumni convenienter instituantur, Latinum discendo sermonem et (...) ipsam Ritus Romani formam extraordinariam”.
E’ importante questo punto affinché possa trovare facile esecuzione quanto stabilito subito dopo: “Libri liturgici formae extraordinariae adhibeantur ut prostant. Omnes qui secundum extraordinariam formam Ritus Romani celebrare exoptant, tenentur rubricas relativas scire easque in celebrationibus recte exsequi”.
Come ha rilevato padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, in una nota di sintesi distribuita ai giornalisti “a lettura compiuta, rimane l’impressione di un testo di grande equilibrio, che intende favorire –secondo l’intenzione del Papa- il sereno uso della liturgia precedente alla riforma da parte di sacerdoti e fedeli che ne sentano il sincero desiderio per il loro bene spirituale”.
Queste disposizioni liturgiche di Benedetto XVI intendono andare incontro all’esigenza di interpretare il concilio Vaticano II come evento ecclesiale che, innovando nella liturgia quello che c’è da innovare, non dimentichi di valorizzare la grande Tradizione accumulata in duemila anni di storia.
fonte: http://www.ilconsulentere.it/articolo.php?id=784
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