Pubblichiamo in esclusiva per l’Italia il documento con cui il cardinale Gerhard L. Müller, prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, prende una posizione netta, di critica radicale, della dichiarazione Fiducia Supplicans con cui il neo prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, Victor M. Fernández, ha aperto alla possibilità di benedire le coppie irregolari, comprese quelle composte da persone dello stesso sesso. (Fonte: lanuovabq.it)
L’UNICA BENEDIZIONE DELLA MADRE CHIESA È LA VERITÀ CHE CI FARÀ LIBERI
Di Card. Gerhard Ludwig Müller, 22 DIC 2023
Questa dichiarazione non è in diretta contraddizione con la dottrina cattolica? I fedeli sono obbligati ad accettare questo nuovo insegnamento? Il sacerdote è autorizzato a celebrare queste benedizioni private di nuova invenzione? E il vescovo diocesano può proibirle se dovessero verificarsi nella sua diocesi? Per rispondere a queste domande, vediamo cosa esattamente questo documento vorrebbe farci credere e su quali basi si fonda.
Il documento in questione, che l’assemblea generale dei cardinali e dei vescovi di questo Dicastero non ha né discusso né approvato, riconosce che l’ipotesi (o l’insegnamento?) che propone è completamente nuova, e che si basa soprattutto sul magistero pastorale di Papa Francesco. Secondo la fede cattolica, il Papa e i vescovi possono porre alcuni accenti pastorali e rapportare in modo creativo la verità della rivelazione alle nuove sfide di ogni epoca, ad esempio nel campo della dottrina sociale o della bioetica, rispettando i principi fondamentali dell’antropologia cristiana. Ma queste innovazioni non possono andare oltre ciò che è stato rivelato loro una volta per tutte dagli Apostoli come Parola di Dio (Dei Verbum, 8). Infatti, non ci sono testi biblici o dei Padri o dei Dottori della Chiesa o documenti precedenti del Magistero a sostegno delle conclusioni di FS. Inoltre, si tratta di un salto dottrinale. Si può infatti parlare di sviluppo della dottrina solo se la nuova spiegazione è contenuta, almeno implicitamente, nella rivelazione e, soprattutto, non contraddice le definizioni dogmatiche.
E uno sviluppo dottrinale che raggiunga il significato più profondo di un insegnamento deve essere avvenuto gradualmente, in un lungo periodo di maturazione (cfr. Dei Verbum 8). Ora, l’ultimo pronunciamento magisteriale su questo tema è stato dato dalla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede nel marzo 2021, meno di tre anni fa, negando categoricamente la possibilità di benedire queste unioni. Questo vale sia per le benedizioni pubbliche che per quelle private di persone in condizioni di vita peccaminose.
Come fa FS a giustificare il fatto che, pur proponendo una nuova dottrina, non nega ciò che affermava il precedente documento del 2021?
Innanzitutto, FS riconosce che sia il Responsum che la dottrina tradizionale valida e vincolante sulle benedizioni non permettono di benedire situazioni contrarie alla legge di Dio e al Vangelo di Cristo, come le unioni sessuali fuori dal matrimonio. Questo è chiaro per i sacramenti, ma anche per altre benedizioni che Fiducia supplicans definisce «liturgiche» e che rientrano fra i riti che la Chiesa ha chiamato «sacramentali», come descritto nel Rituale Romano post-Vaticano II. In questi due tipi di benedizione deve esserci consonanza tra la benedizione e l’insegnamento della Chiesa (FS 9-11).
Pertanto, per poter accettare la benedizione di situazioni contrarie al Vangelo, il Dicastero propone una soluzione originale: ampliare il concetto di benedizione (FS 7,12). Questo viene giustificato come segue: «Si deve altresì evitare il rischio di ridurre il senso delle benedizioni soltanto a questo punto di vista [le benedizioni “liturgiche” dei sacramenti e dei sacramentali], perché ci porterebbe a pretendere, per una semplice benedizione, le stesse condizioni morali che si chiedono per la ricezione dei sacramenti» (FS 12). In altre parole, è necessario un nuovo concetto di benedizione, che vada oltre i sacramenti, per poter accompagnare il cammino di chi vive nel peccato.
Questa estensione al di là dei sacramenti era, in realtà, già in atto nei sacramentali. Per una benedizione la Chiesa non ha mai posto le stesse condizioni morali richieste per ricevere un sacramento. È il caso, ad esempio, di un penitente che non vuole lasciare la sua situazione di peccato, ma che può chiedere umilmente una benedizione personale affinché il Signore gli dia la luce e la forza per comprendere e seguire un giorno gli insegnamenti del Vangelo. Questo non richiederebbe un nuovo tipo di benedizione.
Perché allora è necessario ampliare il significato di benedizione, se la benedizione intesa nel rito romano va già oltre i sacramenti?
Perché la benedizione intesa in modo tradizionale, pur andando oltre i sacramenti, permette di benedire purché «non si tratti di cose, luoghi o contingenze che siano in contrasto con la legge o lo spirito del Vangelo» (FS 10, che cita il Rituale Romano). E questo è il punto che mirano a superare, perché si vogliono benedire circostanze, come una relazione stabile tra persone dello stesso sesso, che invece contraddicono la norma e lo spirito del Vangelo. È vero che la Chiesa può aggiungere «nuovi sacramentali» a quelli esistenti (Vaticano II: Sacrosanctum Concilium 79), ma non cambiarne il significato in modo tale da banalizzare il peccato, soprattutto in un clima culturale ideologicamente saturo che trae in inganno anche i fedeli. E questo cambiamento di significato è proprio quello che avviene nella FS, che inventa una nuova categoria di benedizione oltre a quella legata a un sacramento o ai sacramentali come la Chiesa li aveva intesi finora. La FS dice che si tratta di benedizioni non liturgiche, proprie della pietà popolare.
Avremmo quindi questi tre livelli:
a) Preghiere legate ai sacramenti, che richiedono che la persona sia in stato di grazia per riceverli, o che voglia allontanarsi dal peccato.
b) Benedizioni, come quelle contenute nel Rituale Romano e come la dottrina cattolica le ha sempre intese, che possono essere rivolte alle persone, anche quando vivono nel peccato, purché «non si tratti di cose, luoghi o contingenze che siano in contrasto con la legge o lo spirito del Vangelo» (FS 10, citando il Rituale Romano). Così, ad esempio, si potrebbe benedire una donna che ha abortito, ma non una clinica abortiva.
c) Le nuove benedizioni proposte da FS sarebbero benedizioni pastorali, non liturgiche o rituali. Non avrebbero quindi più la limitazione delle benedizioni descritte nel Rituale Romano (tipo “b”). Potrebbero essere applicate non solo, come nelle benedizioni del Rituale Romano, alle persone in peccato, ma anche a cose, luoghi o circostanze contrarie al Vangelo.
La novità sta in queste benedizioni di tipo “c”, o “pastorali”, che, non essendo liturgiche bensì di “pietà popolare”, non comprometterebbero, secondo FS, la dottrina evangelica e non dovrebbero essere coerenti né con le norme morali né con la dottrina cattolica. Cosa dire di questa nuova categoria di benedizioni?
Una prima osservazione è che non c’è alcuna base per questo nuovo uso nei testi biblici addotti, né in alcuna precedente dichiarazione del Magistero. Neanche i testi offerti da Papa Francesco forniscono una base per questo nuovo tipo di benedizione. Infatti, già le benedizioni secondo il Rituale Romano (tipo “b”) permettono di benedire qualcuno che vive nel peccato. E questo tipo di benedizione può essere applicata senza problemi a chi si trova in prigione o in una comunità di recupero, come dice Francesco (citato in FS 27). Le nuove benedizioni pastorali (tipo “c”) vanno oltre quello che dice Francesco, perché con queste benedizioni si potrebbe benedire anche una realtà contraria alla legge di Dio, come una relazione extraconiugale. Di fatto, secondo il criterio di queste benedizioni pastorali, si giungerebbe all’assurdo di poter benedire, ad esempio, una clinica abortista o un gruppo mafioso.
Una seconda osservazione è che è sempre rischioso inventare nuovi termini contrari all’uso linguistico corrente. Perché questo approccio porta a esercizi di potere arbitrari. Nel nostro caso, la benedizione ha una sua oggettività e non può essere ridefinita per adattarla a un’intenzione soggettiva contraria all’essenza della benedizione, perché sarebbe arbitrario. Mi viene in mente la famosa frase di Humpty Dumpty in Alice nel Paese delle Meraviglie: «Quando uso una parola, essa significa ciò che ho scelto di significare, né più né meno». Alice risponde: «La questione è se si può far sì che le parole significhino così tante cose diverse». E Humpty Dumpty sentenzia: «La questione è chi comanda qui; tutto qui».
La terza osservazione riguarda il concetto stesso di “benedizione non liturgica”, che non pretende di legittimare nulla (FS 34), e che sarebbe la benedizione pastorale (tipo “c”). In che cosa si differenzia dalla benedizione contemplata nel Rituale Romano (tipo “b”)? La differenza non sta nella spontaneità, che è già possibile nelle benedizioni di tipo “b”, poiché non è essenziale che siano regolate o approvate nel Rituale. La differenza non sta nemmeno nella pietà popolare, poiché le benedizioni secondo il Rituale Romano sono già adatte a tale pietà popolare, che richiede la benedizione di vari oggetti, luoghi e persone. Sembra che questa benedizione pastorale (tipo “c”) sia stata creata ad hoc per poter benedire situazioni contrarie alla norma o allo spirito del Vangelo.
Questo ci porta a una quarta osservazione, che riguarda l’oggetto di questa benedizione pastorale, che la differenzia dalla benedizione secondo il Rituale Romano, perché la benedizione pastorale viene impartita a situazioni contrarie al Vangelo. Si noti che qui non vengono benedette solo le persone peccatrici, ma, benedicendo la coppia, viene benedetta la relazione peccaminosa stessa. Ora, Dio non può inviare la sua grazia su una relazione che gli si oppone direttamente e che non può essere ordinata verso di lui. Il rapporto sessuale estraneo al matrimonio, in quanto rapporto sessuale, non può avvicinare l’uomo a Dio e non può quindi essere aperto alla benedizione di Dio. Pertanto, anche se una tale benedizione avesse luogo, il suo unico effetto sarebbe quello di confondere le persone che la ricevono o che assistono alla benedizione, indotte a credere che Dio abbia benedetto ciò che non può benedire. È vero che il cardinale Fernández ha dichiarato a Infovaticana che non è l’unione a essere benedetta, bensì la coppia, ma questo significa giocare con i concetti, poiché la coppia è definita proprio dalla sua unione.
La difficoltà di benedire l’unione è particolarmente evidente nel caso dell’omosessualità. Perché la benedizione, nella Bibbia, ha a che fare con l’ordine creato da Dio, che Egli vide che era cosa buona. Quest’ordine poggia sulla differenza sessuale tra maschio e femmina, chiamati a essere una sola carne. La benedizione di una realtà che si oppone alla creazione non solo non è possibile, ma è blasfema. Perché, ancora una volta, non si tratta di benedire persone «in una unione che in nessun modo può essere paragonata al matrimonio» (FS n. 30), ma di benedire quella stessa unione che non può essere paragonata al matrimonio. Proprio per questo la FS intende dar luogo a un nuovo tipo di benedizione (FS 7; FS 12).
Nella FS compaiono alcuni argomenti per cercare di giustificare queste benedizioni. Innanzitutto, la possibilità di condizioni che esonerino dalla colpa morale. Ma queste condizioni si riferiscono alla persona, non alla relazione in sé. Si dice anche che chiedere una benedizione è il bene possibile che queste persone possono raggiungere nelle loro condizioni, come se chiedere una benedizione costituisse già un’apertura a Dio e alla conversione. Ma questo può essere vero per la persona che chiede una benedizione per sé, ma non per quella che chiede una benedizione per la sua relazione o per il suo partner in modo tale da voler giustificare la relazione stessa davanti a Dio, senza rendersi conto che questa relazione in quanto tale la allontana da Dio. Infine, si sostiene che ci sono elementi positivi nella relazione, e che questi possono essere benedetti; tuttavia questi elementi positivi (ad esempio aiutare l’altra persona durante una malattia) sono accessori alla relazione stessa, fondata sulla condivisione della sessualità, e non cambiano la natura di questa relazione, che in nessun caso può essere diretta verso Dio, come già indicato dal Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2021. Persino in una clinica abortiva ci sono elementi positivi, dagli anestesisti che evitano il dolore fisico della persona, al desiderio dei medici di proteggere il progetto di vita della donna che abortisce.
Una quinta osservazione riguarda la coerenza interna di questa stessa benedizione pastorale (tipo “c”): si può impartire una benedizione non liturgica? O una benedizione che non rappresenta ufficialmente la dottrina di Cristo e della Chiesa? La chiave della risposta non è se i riti siano stati approvati ufficialmente o se siano improvvisati spontaneamente. La questione è che a impartire la benedizione è un sacerdote, in rappresentanza di Cristo e della Chiesa. FS afferma che non c’è alcun problema se il sacerdote si unisce alla preghiera di persone che si trovano in una situazione contraria al Vangelo (FS 30), ma in questa benedizione pastorale il sacerdote non si unisce alla loro preghiera, bensì invoca la discesa dei doni di Dio sulla relazione stessa. Nella misura in cui il sacerdote opera in nome di Cristo e della Chiesa, pretendere di separare questa benedizione dalla dottrina significa postulare un dualismo tra ciò che la Chiesa fa e ciò che la Chiesa dice. Ma la rivelazione, come insegna il Concilio Vaticano II, è data in segni e parole intrinsecamente legati tra loro (Dei Verbum 2), e la predicazione della Chiesa a sua volta non può separare segni e parole. Proprio le persone semplici, che il documento intende favorire incoraggiando la pietà popolare, sono le più vulnerabili a essere ingannate da un segno che contraddice la dottrina, perché colgono intuitivamente il contenuto dottrinale del segno.
Alla luce di ciò, può un fedele cattolico accettare l’insegnamento della FS? Data l’unità di segno e parola nella fede cristiana, l’unico modo in cui si può accettare come positiva la benedizione, in qualsiasi modo, di queste unioni, è perché si pensa che tali unioni non siano oggettivamente contrarie alla Legge di Dio. Ne consegue che finché Papa Francesco continua ad affermare che le unioni omosessuali sono sempre contrarie alla Legge di Dio, sta implicitamente affermando che tali benedizioni non possono essere date. L’insegnamento della FS è quindi in contraddizione con se stesso, il che richiede un ulteriore chiarimento. La Chiesa non può celebrare una cosa e insegnarne un’altra, perché, come scrisse Sant’Ignazio di Antiochia, Cristo era il Maestro «che ha detto e ha fatto» (Efesini XV,1), e la sua carne non può essere separata dalla sua parola.
L’altra domanda che ci siamo posti è se un sacerdote può accettare di benedire queste unioni, alcune delle quali coesistono con il matrimonio legittimo o in cui non è infrequente cambiare partner. Secondo FS, potrebbe farlo con una benedizione pastorale (tipo “c”), non con una benedizione liturgica o ufficiale. Ciò significa che il sacerdote dovrebbe impartire queste benedizioni senza agire in nome di Cristo e della Chiesa. Ma questo implicherebbe non agire come sacerdote. Infatti, dovrebbe compiere queste benedizioni non come sacerdote di Cristo, ma come uno che ha rinnegato Cristo, dal momento che, benedicendo queste unioni, con i suoi gesti il sacerdote le presenta come una via verso il Creatore. Sta quindi commettendo un atto sacrilego e blasfemo contro il progetto del Creatore e contro la morte di Cristo per noi, per portare a compimento il progetto del Creatore. Questo coinvolge anche il vescovo diocesano. Egli, in quanto pastore della sua Chiesa locale, è tenuto a impedire che questi atti sacrileghi abbiano luogo, altrimenti ne diventerebbe partecipe e rinnegherebbe il mandato conferitogli da Cristo di confermare i fratelli nella fede.
I sacerdoti devono annunciare l’amore e la bontà di Dio a tutti gli uomini e sostenere con consigli e preghiere i peccatori e i deboli che hanno difficoltà a convertirsi. Questo è molto diverso dall’indicare loro, con segni e parole di propria invenzione ma fuorvianti, che Dio non è così esigente nei confronti del peccato, nascondendo così il fatto che il peccato nei pensieri, nelle parole e nelle azioni ci allontana da Dio. Non c’è alcuna benedizione, e non solo in pubblico, ma anche in privato, per condizioni di vita peccaminose che contraddicono oggettivamente la santa volontà di Dio. E non è prova di una sana ermeneutica che coraggiosi difensori della dottrina cristiana vengano bollati come rigoristi, più interessati all’applicazione legalistica delle loro norme morali che alla salvezza delle singole persone. Perché è questo che Gesù dice alla gente comune: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11, 28-30). E l’Apostolo lo spiega così: «i suoi comandamenti non sono gravosi. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo (…). E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?» (1 Gv 5,4-5).
In un momento in cui una falsa antropologia sta minando l’istituzione divina del matrimonio tra uomo e donna con la famiglia e i suoi figli, la Chiesa dovrebbe ricordare le parole del suo Signore e Capo: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,13-14).
Cardinale Gerhard L. Müller
Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede
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