Continua la serie di interventi di Don Marco Begato in una ricerca a più tappe sulla questione gender e annessi sviluppi LGBT e Woke. Vedi gli articoli precedenti QUI, QUI e QUI
Di Don Marco Begato, 28 DIC 2023
Proseguiamo la nostra riflessione sul tema LGBTP. Nel frattempo, è stata pubblicata Fiducia Supplicans, ma questo non modifica nulla del nostro percorso, anzi aiuta a focalizzare meglio alcune questioni. La prima e più importante riguarda la disponibilità a mettere in discussione la nostra forma mentis, la nostra Weltanschauung, insomma il nostro modo di guardare la realtà.
Nei primi articoli abbiamo già iniziato a farlo, abbiamo già iniziato a proporre e a richiedere un modo differente di approcciarsi alle questioni in genere e alla questione LGBTP in particolare. Abbiamo dato alcune indicazioni per scrollarsi di dosso certi slogan tanto diffusi, quanto opinabili; abbiamo indicato un approccio, un metodo, una disposizione interiore con cui affrontare i temi contemporanei.
Fiducia Supplicans, per come è stata proposta e per come è stata recepita, fallisce anzitutto rispetto a quanto appena scritto: è un documento che si rivolge a una popolazione media completamente impregnata dal modo di pensare dell’era rivoluzionaria in cui siamo immersi. E quando mettiamo un pensiero indovinato in un contesto sgraziato, il pensiero indovinato è destinato a soccombere. Che poi Fiducia Supplicans esprima un pensiero indovinato, lo lascio definire da altri. Affermo invece che il contesto è sgraziato.
Ordunque proseguiamo nel nostro percorso. Ci interroghiamo sull’influsso gnostico ed esoterico che ha accompagnato l’emersione dei temi prima femministi e poi omosessualisti e transessualisti dall’antichità ad oggi. Questa operazione è fondamentale per poter definire meglio i confini del pensiero contemporaneo, le sue radici, le sue prospettive.
Solo chiariti tali estremi, potremo piano piano intuire una soluzione, che ovviamente consisterà nel riprendere il desiderio di affetto dell’uomo, debitamente purificato, e collocarlo in un contesto esistenziale finalmente libero dagli influssi appunto esoterici, nonché illuministi, moderni e anti-cristiani in generale.
La disamina del retroterra gnostico-esoterico sarà svolta andando a riprendere ampi stralci di un mio precedente articolo pubblicato nel 2016 per Historica Edizioni (“La via esoterica al transgenderismo”, in Campari&deMaistre, “Pensieri controrivoluzionari”), articolo in cui di fatto riassumevo e commentavo l’importante studio di M. A. Iannaccone, “Maria Maddalena e la dea dell’ombra” (Sugarco, Milano 2006).
Il punto di partenza è quello stesso indicato dal giovane Federico Nietzsche all’inizio dei suoi percorsi filosofici, lo scontro tra due modelli culturali antichi – apollineo e dionisiaco –, emblema del più antico scacco tra una cultura dell’ordine e una della liberalità, una della gerarchia e una dello scatenamento. È in tale prospettiva che si colloca e va letta anche la contrapposizione tra concezione patriarcale e matriarcale, che nella storia non si presentano come due poli complementari, ma come due nuclei in lotta, sicché «il modello di azione/reazione fra orgia dionisiaca e restaurazione patriarcale sembra una costante della storia d’Occidente».[1]
Un autore citato da Iannaccone è Jones, e a questi dobbiamo l’analisi della questione, che poniamo in apertura dell’articolo e che ne riassume in fondo la tesi complessiva. Secondo Jones, Nietzsche aveva chiaro il compito di «annullare lo iato inaugurato da Socrate e dal cristianesimo attraverso una vasta e violenta rivoluzione culturale in cui lo spirito di Socrate e quello di Cristo… sarebbero stati annegati nella pura volontà, nell’odio della ragione»,[2] al punto che veramente egli «desiderò la rivoluzione sessuale perché sognava la rivoluzione sociale».[3]
Ecco affacciarsi due grandi certezze che dobbiamo fissare prima di procedere, opponendoci con forza a quanti nel mondo contemporaneo cerchino di minimizzarle o deriderle: la questione sessuale non è un tema neutro e isolato, bensì è profondamente correlato e collegato allo sviluppo delle dinamiche sociali generali; matriarcato e patriarcato non sono due ipotesi che possano convivere, bensì sono due modelli sessuali (e quindi due modelli sociali) che si sopraffanno a vicenda.
Non è un caso che gli LGBTP odino il patriarcato: per loro la dissoluzione del patriarcato è una missione e una condizione di sopravvivenza. Non esiste dialogo tra questi due modelli.
Ora, l’intuizione di Nietzsche – e di tanti altri con lui – è che per arrivare al sovvertimento generale del modello sociale, per imporre la cultura liberal dell’uomo rinnovato, per liberarsi di Socrate e di Cristo, della razionalità e dell’amore, sia necessario usare l’arma della rivoluzione sessuale, sia necessario appoggiare la liberalizzazione dei sessi. Andando però per gradi.
Iannaccone individua una rosa di autori che hanno fatto la fortuna di una ipotesi scientificamente debole, ma strumentalmente essenziale alla ridefinizione dell’immaginario occidentale, quella del matriarcato: «La teoria del matriarcato si diffuse nella controcultura continentale come veicolo di una nuova etica: […] L’idea di un’età dell’oro in cui il genere umano era felice perché gli uomini non si erano ancora accaparrati il potere, […] un’età in cui le donne (o, per essere più precisi, il Principio Femminile) decidevano delle forme di socializzazione e di vita culturale».[4]
Ecco il primo passo della rivoluzione sessuale: rilanciare la donna contro il maschio. Ci è concesso un inciso di cronaca? Quanto è stucchevole la retorica femminista, quanto sa di vecchio, quanto è ideologica e antiscientifica, proprio nelle forme assunte dalla propaganda più recente, proprio nell’esaltazione della Cecchettin luciferiana (Elena e non Giulia è stata nominata italiana dell’anno sull’Espresso, dicembre 2023; la sorella ritratta con look stregonesco, e non la vittima, è stata innalzata sul podio dei rotocalchi nazionali)!
Ma perché questo rilancio della donna? Perché questa esaltazione della femminilità? E si noti bene: propriamente non si esalta la donna, quanto il principio femminino. Non interessa la donna, quanto l’avanzamento di un sistema di valori alternativi. E quali sarebbero dunque i valori della femminilità, qualora sia programmaticamente assunta in alternativa dialettica alla mascolinità? «La natura rende le donne naturalmente streghe, cioè indovine, sensitive. Esse sono in sintonia con la natura a causa del ciclo mestruale e del loro destino di madri, e pertanto la stregoneria andava considerata come la religione originaria dell’umanità». Energie cicliche e irrazionali, che prendono il posto del governo ordinato della ragione. E ancora, la dissoluzione della legge e della verità in favore di una esasperazione della libertà, che curiosamente il mondo esoterico esprime nella forma del «dono di sé ad un Satana da interpretare più come dio della libertà che come Maligno».[5]
Continua a indirizzarci Iannaccone: lo sviluppo di tali simboli trova un punto di arrivo molto denso nella icona moderna della Dea Bianca, descritta come «capricciosa, violenta imprevedibile, lunare, sentimentale, insomma femminile. Ad essa oppone un principio opposto, quello di Apollo, cioè il principio della razionalità, dell’attività diurna e attiva, del maschio, e anche della prevaricazione patriarcale, apollinea e jahvistica che ha imposto i propri dei».[6] Si noti qui come sia Atene che Gerusalemme soccombano alle prevaricazioni lunari della dea, essa detona il futuro del pensiero razionale e della fede rivelata; la razionalità, la trasparenza, il controllo e l’equilibrio subiscono l’attacco dei nuovi principi.
Ritroviamo i medesimi motivi nell’evoluzione di un altro personaggio storico, di tradizione cristiana, ampiamente manipolato dalla sub-cultura esoterica e sessista: Maria Maddalena,[7] simbolo potente per diffondere, anche e soprattutto in un contesto cristiano, visioni egualitarie;[8] sottilissimo cavallo di Troia utile all’avvicendamento di Dioniso in funzione ipso facto anticristica. Credo che ora si sia chiarificato il nodo problematico della rivendicazione di genere, nella sua prima fase (femminista). Dioniso, l’anticristo, Satana, il dio della libertà: mito e leggenda, narrazione e rivelazione si affrontano e ci costringono a schierarci per una delle due inconciliabili visioni, che paiono capaci di riassumere tutte le prospettive della storia umana e che nella maternità trovano uno dei loro campi di attuazione più delicati e decisivi.
Il tutto facilmente ci porta a comprendere come mai la Sempre Vergine sia invece tanto disprezzata. E questo ci aiuta a giudicare con grande lucidità quanto forsennate siano tutte quelle azioni in cui è lo stesso clero cattolico a insultare o marginalizzare il ruolo di Maria Santissima, in favore di qualche mito matriarcale riciclato.
In sintesi, la problematica radicale, delicata e tutta da combattere, concerne due sguardi diversi sulla figura della donna: la dea bianca e la Madre di Dio si contrappongono come la Meretrice e la Donna vestita di sole in Apocalisse. I due modelli rimangono incompatibili e la scelta tra di essi tanto decisiva quanto radicale: il misconoscimento del valore assoluto della donna nel cattolicesimo, purché marianamente connotato, si configura come ignoranza pericolosa o come elogio dell’occulto. La figura di Maria addolorata sotto la croce corrisponde alla rivelazione del Dio Crocifisso, Sacerdote e Vittima, così come la sacerdotessa libidinosa corrisponde al dio gnostico che feconda con le proprie scintille energetiche il creato.
Ma riprendiamo ora la strada delle evoluzioni esoteriche attraverso le loro simboliche sessuali. Abbiamo stabilito che il primo passo è quello dell’esaltazione del femminile, prima nella forma generalmente stregonesca, poi in quella torbidamente luciferiana (la adoratrice di satana, inteso come custode della libertà assoluta e non come principio del male – ovviamente chi scrive non condivide che sia possibile praticamente affermare questa distinzione), poi come Dea, quindi come deturpazione della santità tradizionale (la Maddalena) ed evidentemente come aggressione alla femminilità rivelata (in Maria Santissima).
Quale sarà il passo successivo? Secondo Iannaccone, il grado ulteriore attraverso cui realizzare la bramata rivoluzione sociale, è il superamento del femminismo nel bisessualismo. «È possibile prevedere che i ruoli sessuali siano rimescolati e messi in crisi. L’uomo e la donna dovranno ammettere la propria bisessualità naturale»[9], così, definitivamente demolite le barriere razionali del patriarcato, si potrà finalmente afferrare ed affermare «la ricca coincidenza fra gli opposti, fra bene e male, maschio e femmina, divino e umano».[10]
Tale passo si accompagna storicamente al proliferare di figure bisessuali e omosessuali nei registri artistici ed editoriali più importanti; funzionali al capovolgimento culturale della tradizione saranno gli stessi artisti effeminati (sovente strumenti più che protagonisti).
Il movimento dalla seconda alla terza fase – fasi che in ogni caso non cancellano, ma affiancano il dilagare della prima – è continuativo: al bisessuale segue il transessuale, figura che estenua tutti i temi fin qui presentati, e che sarà «proposto come esponente di un’umanità nuova, superiore perché svincolata dai sessi».[11]
L’epilogo troverà il proprio compimento nella proiezione della figura transessuale-androgina in dio stesso. Ma cosa significa proiettare l’androginia in dio? La comprensione specifica di quale sia la totalità invocata nel culto di un Principio androgino si comprende attingendo alla cultura, dove «la divinità può essere rappresentata sia sotto forma femminile che maschile, poiché la sua manifestazione non è che una maschera di un principio che, pur essendo immanente, sta al di là di ogni nome e di ogni forma».[12]
Non vorrei adesso divagare indicando come attorno a queste tematiche si radunino non solo la moda LGBTP, ma anche il culto dell’Oriente, nonché il nichilismo europeo (penso ad Heidegger e agli altri nichilisti, secondo i quali appunto la domanda filosofica ci porta oltre Dio, oltre l’Essere e oltre il principio, verso un Evento che ‘sta al di là di ogni nome e di ogni forma’).
Torniamo a noi. Il Maschile, dunque, non solo sarebbe insufficiente a esprimere il divino, ma sarebbe pure falso, una maschera; è necessario quindi affiancargli l’altra faccia del mascheramento, il Femminile, e solo così si paleserà l’insufficienza della rivelazione e si farà pressante il dovere di andare oltre la velatura (sono stucchevole se richiamo ancora, per gli appassionati, la verità come dis-velamento in Heidegger e nei suoi epigoni?). Il dio di Gesù Cristo a questo punto diviene solo un tassello nel puzzle della autentica spiritualità, mentre il culto della dea (o della Maddalena) ha funzione di grimaldello che apre a uno spiraglio ulteriore nell’immaginario collettivo per mostrarci che la divinità è anche profanazione e libido.
Ora facciamo il movimento al contrario: anziché salire fino a dio, accusando il cattolicesimo di averci dato una visione parziale del sacro, proviamo a ridiscendere tra gli uomini. Se la divinità cristiana è parziale, e chiede di essere superata da un culto fatto di energie irrazionali e libidinose, sfrenate e libertarie, quale sarà l’equivalente sessuale-sociale che deve essere distrutto nella realtà umana? Ovviamente la famiglia.
E con ciò spieghiamo nitidamente, se non il motivo celato, almeno il senso culturale e cosmico profondo delle politiche anti-familiste contemporanee, che non a caso trovano sostenitori in tutti gli autori di riferimento della modernità, tra i quali Karl Marx[13] (imprescindibile sostrato al pensiero LGBTP).
Se la famiglia va disciolta in favore di forme sessuali promiscue, la divinità cattolica in favore di cosa dovrà disciogliersi? Secondo Iannaccone una buona pista per rispondere è data dal successo di alcune icone occulte, quali il Bafometto (in tal caso i riferimenti andranno a un altro testo di Iannaccone: Templari. Il martirio della memoria, Sugarco Edizioni, Milano 2005).
Il Bafometto, oggetto mitologico che i Cavalieri del Tempio furono accusati di adorare, stava ad indicare con ogni plausibilità un’avvenuta apostasia di tali guerrieri consacrati, in favore di Maometto.[14] Successivamente tale personaggio si tramutò nel corso dei secoli in una maniera assolutamente eloquente ed espressiva dell’immaginario magico-occultista e delle subculture occidentali: Cristoph Friedrich Nicolai identificò il Bafometto con un idolo barbuto segretamente adorato dai Templari; Jospeh Freiherr von Hammer-Purgstall lo collegò a vecchie eresie, ritrovamenti di statuette e riti sessuali, fissandone con successo durevole tratti androgini già echeggiati da tanta letteratura di maniera; Eliphas Lévi lo trasformò «in un caprone dalle fattezze grottesche che, secondo lui, rappresentava la sophia, il lapis philosophalis, la materia prima della grande opera, un’immagine della conciliazione degli opposti»;[15] infine – tra gli altri – Jules Loiseleur lo poneva al centro di una teoria in cui «si glorificava dunque Dio, padre e madre insieme, che fa germinare e fiorire le cose».[16]
In tutto ciò è lampante la carica culturale implicata dal diffondersi di figure bisessuali, si tratti della legittimazione di situazioni psicologiche e sociologiche effettive (la transessualità) o della diffusione di miti, nati nei salotti dell’occulto e ora perfettamente a loro agio nei palinsesti della società di massa.
Se il matriarcato doveva sfondare la barriera dell’ordine apollineo e maschile, per consentirci di immergerci nuovamente nel grembo misterioso e lunare del femminino, il bisessualismo sembra essere la descrizione cangiante di questo grembo, il suo contenuto misterico inesauribile e totalizzante. I caratteri di immanenza e immoralità, di segretezza e di liberalità assoluta ne fanno, per davvero, non il compagno o l’alternativa, bensì l’antagonista irriducibile del pensiero classico occidentale, ben simboleggiato dalla Chiesa cattolica, sempre fedele amica tanto di Atene quanto di Gerusalemme. Trascurare la radicalità di questa opposizione significa sottovalutare una minaccia di gravità inaudita e questo sarebbe ancor più problematico nel contesto culturale vigente, sempre più preda di conciliarismi ugualmente perniciosi e immotivati.
Concludo con brevi osservazioni, che ci aiutino a far tesoro delle istanze culturali esoteriche fin qui esemplificate. Anzitutto, come siamo arrivati a questo successo della dea e del Baphomet? Provocatoriamente Iannaccone non ritiene esserci stato un vero contributo innovativo da parte di geni contemporanei, bensì la riemersione di vecchie latenze, avvenuta nel vuoto di potere e nella crisi di identità dell’Occidente: «Affinché una costruzione culturale di tipo nuovo sia possibile è necessario che si creino delle condizioni che la rendano possibile. La prima condizione, necessaria, era la diminuzione della fede in Gesù Dio incarnato; la seconda, l’accresciuto interesse nel ruolo della donna e del suo ruolo nella società; il terzo, la rivoluzione sessuale e l’inizio del ripensamento dei ruoli sessuali […]. In sintesi, possiamo concludere che il fenomeno della nuova Maddalena è nato da una assenza di fede più che da una irruzione di nuove nozioni storiche».[17]
Il divario si conferma incolmabile e il dialogo, se ingenuo, potrà risultare esiziale. All’origine della scommessa anticattolica e antiapollinea non c’è un gioco, ma l’interrogativo più serio che l’Occidente si sia mai posto: «quanto siamo disposti a pagare per la liberazione sessuale? Vale la morte, individuale o collettiva?».[18]
Che l’itinerario esoterico abbia avuto almeno questo merito, di aprire fortemente le nostre vedute, di farci intuire quali e quanti livelli di significato si accumulano potenzialmente dietro le rivendicazioni LGBTP, e in generale di riportarci al giusto calibro (altissimo calibro) della posta in gioco, di aiutarci a formulare da noi stessi quella domanda: quanto siamo disposti a pagare? Di cosa ne va? Che cosa vale sacrificare o salvare? Cosa vogliamo insomma farne della nostra fede, del nostro sesso, delle nostre famiglie, della nostra vita, della nostra carne?
Don Marco Begato
[1] M. A. Iannaccone, Maria Maddalena e la dea dell’ombra, Sugarco Edizioni, Milano 2006, p. 53.
[2] Ibi, p. 69.
[3] Ibi, 73.
[4] Ibi, p. 121.
[5] Ibi, pp. 77-78.
[6] Ibi, p. 166.
[7] «La modificazione dell’immagine della Maddalena da prostituta pentita a sacerdotessa, filosofa gilanica, leader del cristianesimo gnostico, diventa un elemento importantissimo per cambiare la società, per guidare il fluttuante sistema caotico delle credenze verso un ordine nuovo e rivoluzionario». Ibi, p. 203.
[8] «[La Maddalena] iniziò ad essere rivista come la donna libera, che ha seguito il maestro Gesù ma su un piano paritario; che ha manifestato la ribellione al ruolo imposto dalla società giudaica, patriarcale e maschilista… La società cristiana, ribadendo il proprio maschilismo, avrebbe tradito l’istanza rivoluzionaria di Gesù». Ibi, p. 179.
[9] M. A. Iannaccone, Maria Maddalena e la dea dell’ombra, cit., p. 204.
[10] Ibi, p. 134.
[11] Ibi, p. 135.
[12] Ibi, p. 169.
[13] Ibi, p. 80.
[14] «Nell’antico francese baphomet significava Maometto». Ibi, p. 63.
[15] Ibi, p. 89.
[16] Ibi, p. 91.
[17] M. A. Iannaccone, Maria Maddalena e la dea dell’ombra, cit., p. 191.
[18] M. E. Jones, Il ritorno di Dioniso, cit., p. 54.
Fonte
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