L’andamento delle nomine per il nuovo Sinodo manifesta una volontà di conduzione preordinata. Com'è possibile nominare i propri partigiani con criteri politici e di potere e poi sostenere che le loro parole andranno prese come la voce dello Spirito Santo?
Stefano Fontana,10-07-2023
La lettura dei nomi dei partecipanti al sinodo sulla sinodalità ha suscitato in molti osservatori un notevole scalpore [QUI]. Le nomine sono state “a senso unico” - è stato detto - in modo da garantire fin da ora il risultato voluto. Il Segretario generale e il Relatore generale, la segreteria, i capi dicastero della curia romana nel frattempo completamente rinnovati, le caratteristiche delle persone direttamente nominate dal papa, la composizione dei rappresentanti di episcopati chiave, come quello statunitense e quello italiano, la presenza di “fedelissimi” … tutto concorre a consolidare il sospetto di una conduzione pilotata, come era stata del resto quella del sinodo sulla famiglia.
Si ricordi che in un sinodo i giochi sono fatti sempre da una minoranza, che guida la “palude”. A differenza del sinodo sulla famiglia, però, questa volta l’impatto dei risultati sarà di gran lunga maggiore. Si tratta di un sinodo sulla sinodalità che intende fare della convocazione dei sinodi una prassi permanente di guida e trasformazione della Chiesa universale. I “pupari” c’erano anche al sinodo sulla famiglia, ora però il loro ruolo diventa veramente strategico e tirare i fili dei pupi da una parte o dall’altra vuol dire tracciare la vita della Chiesa intera per un lungo periodo.
Tutti vedono che l’esistenza di pupari del sinodo si scontra con la retorica della sinodalità, che invece – come si dice ormai fino alla nausea - dovrebbe essere di ascolto, partecipazione e coinvolgimento di tutte le componenti della Chiesa. Non riusciamo a dimenticare le parole dette da Francesco al vescovo Bruno Forte, secondo la testimonianza di questo ultimo, durante il sinodo sulla famiglia: «Se parliamo esplicitamente di comunione ai divorziati e risposati, questi non sai che casino che ci combinano. Allora non ne parliamo in modo diretto, fai in modo che ci siano le premesse, poi le conclusioni le trarrò io». Si è enfatizzata oltremisura la cosiddetta fase della consultazione che, in realtà, ha coinvolto un numero esiguo di fedeli, e per di più su piste già tracciate, e ora l’andamento delle nomine per il nuovo sinodo manifesta la stessa volontà di conduzione preordinata.
L’aspetto decisamente più preoccupante è che i “pupari” pretendono di sostenere che la voce delle persone da loro scelte per partecipare al sinodo sia la voce dello Spirito Santo. Il cardinale Mario Grech, segretario generale del sinodo, nell’editoriale dell’attuale numero di “Teologia”, la rivista della Facoltà teologica di Milano, dice così: «… è dunque sul serio un Sinodo a cui è convocata a diversi livelli la Chiesa intera, con l’obiettivo di coinvolgere il più possibile tutte le battezzate e tutti i battezzati, così da ascoltare la loro voce e da riconoscere in essa e attraverso di essa la voce dello Spirito Santo» (p. 4). Se le parole hanno un senso, qui Grech dice che la voce dei sinodali è da considerarsi la voce dello Spirito Santo. Mi chiedo se non si debba reagire a questa visione delle cose che regge tutto l’impianto del Sinodo. In un precedente articolo avevo segnalato il carattere hegeliano di questa impostazione [QUI].
Qui, invece, vorrei rimanere a considerazioni di un livello molto inferiore, anzi: terra terra. Come è possibile non solo nominare i propri partigiani con criteri politici e di potere, ma addirittura sostenere poi che le loro parole andranno prese come la voce dello Spirito Santo? Può lo Spirito Santo soffiare senza anche dare i propri Doni di sapienza, di scienza e di timor di Dio? E la prassi delle nomine pilotate esprime sapienza, scienza e timor di Dio?
L’impostazione espressa dal cardinale Grech la si ritrova in tutti i documenti relativi al sinodo, sia quelli costitutivi che quelli redatti in itinere. Il Documento per la Tappa Continentale, per esempio, segnala «la profondità della fede, la vitalità della speranza e l’energia della carità che traboccano dai contributi ricevuti (n. 6)». La nuova concezione di sinodo vuole fare di ogni battezzato un sinodale e una concezione problematica del sensus fidei del popolo di Dio vorrebbe far sì che ogni parola pronunciata da un battezzato al sinodo sia automaticamente gravida di virtù soprannaturali. Poi, però, si interviene col bilancino del manuale Cencelli in versione ecclesiale e si tirano i fili per manovrare i pupi. Nel suo discorso del 17 ottobre 2015 su sinodo e sinodalità, Francesco disse che «il sensus fidei impedisce di separare rigidamente tra Ecclesia docens ed Ecclesia discens, giacché anche il gregge possiede un proprio “fiuto” per discernere le nuove strade che il Signore dischiude alla Chiesa». Ammettiamolo, ma allora perché manipolare tatticamente in vista degli esiti desiderati e stabilire in anticipo chi può esprimere questo “fiuto” meglio di un altro?
Dicevo che gli argomenti di questo articolo vogliono essere “terra-terra”. E lasciamo quindi stare Hegel. Però non può non darci da pensare questo uso strumentale e ballerino dello Spirito Santo. Il Grande Presente rischia di essere il Grande Assente.
Nessun commento:
Posta un commento