Fa caldo, dicono gli "esperti". E la Medicina si adegua facendosi megafono delle tesi del riscaldamento globale. I rimedi? Bere, coprirsi e non uscire nelle ore più calde, come hanno sempre fatto i nostri antenati. Però intanto ancora una volta è emergenza sanitaria, che significa cultura dell'allarme e della paura.
Paolo Gulisano, 26-07-2023
Fa caldo. Questo è il messaggio martellante che viene dai Media mainstream. Non ha mai fatto tanto caldo. Chi lo dice? Gli esperti. E la Medicina si adegua, facendosi ripetitrice delle tesi del riscaldamento globale, e sottolineando tutti i danni sulla salute. E ancora una volta è “emergenza sanitaria”, un termine ormai abusato, e che significa cultura dell’allarme, della paura, dell’insicurezza con cui vivere, e significa dipendenza da interventi provvedimenti e protocolli pubblici.
Ad esempio, al Pronto soccorso arriva uno specifico “codice calore” per “fronteggiare l'emergenza caldo”. La misura è indicata nelle raccomandazioni contenute nella circolare diramata dal ministero della Salute alle Regioni per prevenire gli effetti sulla salute da parte delle ondate di calore. Non solo: il dicastero raccomanda anche l'attivazione degli ambulatori territoriali 7 giorni su 7 e per 12 ore consecutive per accessi relativi agli effetti del caldo, il potenziamento del servizio di guardia medica e la riattivazione delle Uscar (Unità Speciali di Continuità Assistenziale Regionali) nate per il Covid e ora disoccupate, per favorire l'assistenza domiciliare ed evitare l'accesso inappropriato proprio ai Pronto soccorso.
Nello specifico, spiega il Ministero, per fronteggiare al meglio gli effetti del caldo sulla salute «si invitano le Regioni a valutare la predisposizione di azioni organizzative per rafforzare la risposta ordinaria alle richieste di assistenza sanitaria, in particolare per i soggetti vulnerabili. Tra queste, è fortemente raccomandata l'attivazione del codice calore, ovvero un percorso assistenziale preferenziale e differenziato nei Pronto soccorso». Rivendica un ruolo importante in questa nuova guerra sanitaria anche il segretario della Fimmg, una delle principali rappresentanze dei medici di base, Silvestro Scotti, in un’intervista a “Repubblica Salute”, in cui ha fornito alcune indicazioni utili per affrontare il caldo ricordando il lavoro sul territorio svolto dai medici di famiglia.
«Il caldo non è solo un'emergenza sanitaria, è anche sociale – ha dichiarato - e i medici da soli non bastano. (…) Noi siamo solo 40 mila sentinelle presenti sul territorio italiano, e da soli non bastiamo. Conosciamo i nostri pazienti, abbiamo le schede di tutti e siamo noi stessi a contattarli e a programmare visite a domicilio per chi non può venire in studio e non dovrebbe uscire per il troppo caldo. Ma è evidente che servirebbe una rete di professionisti sul territorio decisamente più ampia per non abbandonare queste persone, il cui numero è in aumento».
I media non si sottraggono. Titolo di ieri del Corriere: «Muore in spiaggia per il caldo». Chi l'ha detto? Un medico? C'è un'auotpsia? No, però è l'alibi perfetto per le morti estive. Eppure a rigor di logica in spiaggia si sta meglio che sull'asfalto rovente di viale Filvio Testi a Milano: c'è sempre ventilato, c'è il mare che rinfresca. Eppure, la morte improvvisa per caldo sembra data per certa e inconfutabile, come non erano i tanti malori improvvisi all'epoca della vaccinazione anti covid. Per quelli la causa non era mai il vaccino, per questi invece, è sicuramente e indubitabilmente il caldo.
Insomma, vengono invocate task force specialistiche per risaputi consigli di bere molto, di non uscire nelle ore più calde del giorno, di coprirsi la testa che conoscevano e praticavano i nostri antenati. Che non avevano frigoriferi, congelatori, ventilatori, condizionatori d’aria eppure riuscivano a sopravvivere alle estati. Già, obietteranno quelli che hanno sincronizzato il pensiero sulle comunicazioni ufficiali, ma non c’era ancora il Global Warming. E non importa se gli studiosi di meteorologia ti portano i dati delle temperature medie che dimostrano che oggi non esiste nessun caldo record. E se tu non te ne sei accorto, sei semplicemente un malato asintomatico di riscaldamento globale.
È quello che negli scorsi giorni ha scritto sull’Irish Indipendent, uno dei principali quotidiani irlandesi, uno dei nomi più noti in Irlanda della divulgazione sanitaria, il professor Luke O’Neill, del Trinity College, una sorta di Burioni dell’Isola di Smeraldo, che dopo il Covid si è fatto ora voce dell’emergenza calore. E per aumentare il livello di allarme in un Paese che non sembra particolarmente avvertire il peso del caldo e che guarda al bel tempo come una Grazia di Dio, ha lanciato il concetto di “global warming asintomatico”. Cioè fa caldo, anche se tu non te ne accorgi.
In effetti gli 80.000 spettatori che a Dublino hanno assistito domenica pomeriggio sugli spalti dello stadio nazionale alla finale di Hurling (lo sport di squadra delle origini celtiche ndr.) hanno seguito l’evento con una temperatura di 14 gradi. Non sembra si siano registrati malori per il caldo. Eppure O’Neill dice che questo riscaldamento c’è e produrrà malattie, al momento asintomatiche. Inoltre il caldo produrrà quella che definisce una sorta di selezione naturale.
I deboli e i fragili soccomberanno, e sopravviveranno quelli che darwinianamente si adatteranno alle nuove condizioni paratropicali. Ancora una volta, emerge che diversi operatori della Salute si stiano aspettando un deciso aumento della mortalità nei prossimi anni, e stiano preventivamente cercando delle motivazioni e giustificazioni. Il caldo è un facile capro espiatorio, e consente fantasiose proiezioni di milioni di morti. E si trasforma in emergenza ciò che è risolvibile con buon senso, acqua, ombra, ventilazione. Ma siamo ormai desolatamente entrati nell’epoca delle emergenze, e salvaguardare la ragione è sempre più difficile, anche se non impossibile.
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