In occasione del secondo anniversario dell’iniquo motu proprio
Traditionis custodes, pubblicato il 18 luglio 2021,
Paix Liturgique ha intervistato un vecchio conoscente: Louis Renaudin, ritenendo che le sue riflessioni ci aiutino a guardare a giorni migliori.
Louis Renaudin parla subito del fallimento del motu proprio
Traditionis custodes sotto diversi aspetti. Ma innanzitutto sottolinea il vizio di fondo di questa impresa: com'è potuto accadere che coloro che l’hanno lanciata con la motivazione di «promuovere la concordia e l'unità nella Chiesa» abbiano deliberatamente riacceso la guerra civile che il motu proprio
Summorum Pontificum aveva parzialmente spento?
Nel testo stesso del motu proprio
Traditionis custodes (e nella lettera che lo accompagna), papa Francesco afferma che, per giustificare la sua decisione, si basa sui risultati del sondaggio [
qui -
qui] condotto nel 2020 tra i Vescovi della Chiesa latina, il cui scopo era quello di verificare la loro valutazione degli effetti nelle rispettive Diocesi del motu proprio
Summorum Pontificum promulgato da Papa Benedetto XVI nel 2007 (1). Ora, i risultati di questo sondaggio sono l’opposto di quello che dicono.
Lo abbiamo appreso dal fatto che il sondaggio dei Vescovi del mondo è stato oggetto di una sintesi, il cui contenuto è stato ampiamente divulgato. Lungi dall’essere negativa sull’applicazione del motu proprio
Summorum Pontificum, questa sintesi era ampiamente positiva. In particolare, sottolineava la pacificazione e l'arricchimento che questa decisione aveva apportato. I Vescovi pakistani, ad esempio, si sono rammaricati che il motu proprio
Summorum Pontificum non sia stato applicato nelle loro Diocesi. In realtà, le critiche sono state poche rispetto al gran numero di risposte. [
qui -
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qui]
Ci si chiede dunque come abbia fatto papa Francesco a basarsi su questo sondaggio per promulgare il motu proprio
Traditionis custodes. Al che sarebbe azzardato dire che egli non abbia preso atto di questa sintesi perché, soprattutto in questo campo, ama vedere tutto di persona. Ma non si può ignorare che all’epoca circolavano diversi documenti presentati come sintesi nazionali, in gran parte negative al contrario, insistendo sul fatto che l’applicazione del motu proprio
Summorum Pontificum rischiava addirittura di minare l’unità della Chiesa. In breve, ci fu una guerra di sintesi. È una procedura convenzionale.
Ad esempio, nelle lettere 780 e 782,
Paix Liturgique riferiva di una sintesi, presentata come quella della Conferenza episcopale francese, che non era altro che spazzatura caricaturale e fuorviante. Per maggiori dettagli, su questo tentativo di manipolazione (vedi
qui e
qui).
In definitiva la decisione papale si basava su una valutazione falsificata della situazione. Ufficialmente falsificata, ma in realtà molto nota.
Le autorità romane che discutevano di questo argomento (la Segreteria di Stato, la Congregazione per i Vescovi, all’epoca presieduta dal card. Marc Armand Ouellet P.S.S., e la Congregazione per il Clero, all’epoca presieduta del card. Beniamino Stella) erano ben consapevoli del progresso della liturgia tradizionale e ritenevano che fosse necessario fermarla finché si era in tempo. Per loro, la Santa Messa tradizionale stava mettendo in pericolo lo spirito del Concilio Vaticano II. E il testo del motu proprio
Traditionis custodes è ben chiaro a questo proposito (1): l’applicazione e la sopravvivenza del motu proprio
Summorum Pontificum stava quindi mettendo in pericolo l’unità della Chiesa, con gruppi che si allontanavano pericolosamente da questa unità nello spirito del Concilio Vaticano II.
Ma ditemi, dove sono questi gruppi? Di chi sta parlando papa Francesco? Degli Americani, a quanto pare, fedeli e Vescovi che sono molto «restauratori» e che sono stati stimolati dal motu proprio
Summorum Pontificum. Papa Francesco era solito ricevere sulla sua scrivania foto di celebrazioni tradizionali di Vescovi americani, che lo facevano infuriare.
Mons. Michel Christian Alain Aupetit, allora Arcivescovo metropolita di Parigi, che non poteva essere considerato un amico della tradizione, disse ai fedeli della Église Notre-Dame-du-Travail di Parigi, che lo avevano incontrato nella Parrocchia di Saint-Dominique nel XIV arrondissement, a proposito di questa accusa di essere considerati un pericolo per l’unità: «Tutto questo non è per voi, ma è stato scritto per gli Americani…».
Ci si chiede se non sia stata presa di mira anche la Fraternità sacerdotale San Pio X, senza dubbio radicalmente critica nei confronti del Concilio Vaticano II. Da questo punto di vista dobbiamo riconoscerne la coerenza e la costanza, mentre le comunità ex Ecclesia Dei sono sostanzialmente intrappolate a questo riguardo dalla loro istituzionalizzazione. Ma la Fraternità sacerdotale San Pio X non sembra presa di mira dal motu proprio
Traditionis custodes, perché a Roma è considerata «esterna».
Ciò a cui mira il motu proprio
Traditionis custodes e stigmatizzano i documenti successivi è la diffusione «interna» della liturgia tradizionale, nelle Parrocchie ordinarie e nelle Diocesi. La cosa peggiore per i nemici della pace liturgica è il crescente successo della celebrazione della liturgia tradizionale in tutto il mondo, con un ampio sostegno episcopale in alcuni luoghi, come l’America. Hanno dovuto costruire una diga contro la marea montante.
Una marea che l’associazione
Paix Liturgique ha rilevato nella sua rassegna annuale della liturgia di transizione nel mondo, come espresso nella lettera 732 del 5 febbraio 2020 (
qui), che faceva il punto sulla crescita della Santa Messa tradizionale nel mondo. Il motu proprio
Traditions custodes è stato promulgato per paura di veder crescere l’ondata tradizionalista, non solo in Francia o negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo, e anche nel timore di veder spezzata «l’unità della Chiesa», che per i responsabili di Roma può essere raggiunta solo mediante la nuova liturgia e ciò che essa rappresenta.
Il che significa che lo spirito del motu proprio
Summorum Pontificum era in piena realizzazione e che, per i nemici della Tradizione, il tempo stava per scadere: bisognava prendere urgentemente misure severe e drastiche per fermare quello che vedevano come un contagio dell’
usus antiquior.
Questo spiegherebbe il fallimento del motu proprio
Traditionis custodes e di tutti i testi successivi perché era troppo tardi, perché la Santa Messa tradizionale si era ormai affermata. Anzi, era già troppo tardi sotto San Paolo VI, quando infuriava la grande persecuzione, perché la Santa Messa tradizionale, che rappresenta la purissima dottrina di Roma, non poteva morire. I processi ai sacerdoti perseguitati per la Messa che celebravano sono stati il seme della sua diffusione.
Alla fine, quindi, la realtà prevarrà e renderà inefficace una decisione basata su una valutazione radicalmente errata: la liturgia tradizionale non è un elemento di divisione nella Chiesa, ma al contrario un lievito di pace e di comunione. È come se un padrone accusasse il suo bravo cane da guardia, che protegge la casa del padrone e i suoi beni più preziosi, di essere un cane rabbioso. È il carattere di questo padrone pazzo che la gestione di papa Francesco e di molti Vescovi sta ora mettendo in campo con il motu proprio
Traditionis custodes.Si parla di molti Vescovi, trattandosi soprattutto di quelli che nel corso degli anni avevano stabilito ottime relazioni ecclesiali con le loro comunità tradizionali, e che ora si trovano costretti ad accusarle di qualcosa che non sono… anche se di fatto non tutti i Vescovi hanno avuto buoni rapporti con la Tradizione. Ma anche questi Vescovi ostili sanno che i loro fedeli tradizionalisti esistono, che stanno crescendo, che hanno aperto scuole, creato un apostolato giovanile, attirando sempre più giovani – mentre i fedeli «classici» che sono gli ultimi a partecipare alla Messa nelle Parrocchie si stanno estinguendo – e che quindi non è facile sradicarli…
Prendiamo l’esempio dell’Arcidiocesi di Parigi: a mons. Michel Christian Alain Aupetit è stato abbastanza facile eliminare due Sante Messe tradizionali parrocchiali domenicali celebrate nei quartieri popolari, dove sapeva di non rischiare di suscitare troppo clamore, ma si è guardato bene dal toccare le grandi comunità dove non poteva fare nulla senza suscitare scalpore.
Egli comunque è riuscito ad abolire le Sante Messe feriali per cui il rischio per lui era minore. Il caso della soppressione della Santa Messa tradizionale degli studenti a Saint-Francois-Xavier è più interessante perché, alla fine, mons. Laurent Bernard Marie Ulrich fu costretto a revocare parzialmente questa decisione assurda (Messa nello spazio più piccolo della Chapelle Notte Dame du Lys) per paura del clamore che questa misura aveva suscitato… Ricordiamo i Rosari che radunarono centinaia di studenti a Saint-Francois-Xavier per diverse settimane…
Di fatto anche i Vescovi non hanno fatto il gioco del motu proprio
Traditionis custodes. Per alcuni nel farlo si è creato un altro problema. Molti lo hanno fatto solo a metà. E la maggioranza non ha cambiato nulla. Bisogna dire che le comunità dei Vescovi stanno scomparendo; essi non hanno più le truppe per opporsi all’onda della tradizione e semplicemente non hanno più i mezzi, né in termini di materiale umano né organizzativo, con in più il timore di essere accusati di autoritarismo e clericalismo dai media «classici» (si vedano gli articoli di Jean-Marie Guénois sul quotidiano
Le Figaro) e sui social network.
Quanto ai sacerdoti diocesani bisogna continuare a ripeterlo: essi sono le principali vittime del motu proprio
Traditionis custodes, e nel contesto di questa analisi ciò è abbastanza normale perché sono quelli particolarmente bersagliati dalla paura di un contagio diffuso. È quindi logico che siano loro i destinatari delle misure più vessatorie, mentre i sacerdoti della Fraternità sacerdotale San Pio X, «esterni», non lo sono, e i sacerdoti delle comunità ex Ecclesia Dei, situati in una zona intermedia, nel limbo, non lo sono affatto. Roma e i Vescovi preferiscono tenere i sostenitori della Santa Messa tradizionale nei ghetti, piuttosto che vederli «inquinare» la Chiesa…
Ma potete stare certi che i giovani sacerdoti diocesani vittime di questo andazzo e che hanno felicemente approfittato delle aperture offerte da Papa Benedetto XVI non capiscono né approvano il significato del motu proprio
Traditionis custodes e stanno imparando a resistere come i loro predecessori di mezzo secolo fa, a lasciarsi scivolare le cose alle spalle, a lasciar passare la tempesta e ad aspettare giorni migliori, che non mancheranno di arrivare. In Francia, dopo il covid, il rapporto della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa, il motu proprio
Traditionis custodes, mai l’autorità dei Vescovi è stata così svalutata dal loro buon clero, che li vede non più padri ma servili ripetitori di decisioni ostili.
C’è anche una ragione molto più importante per il fallimento di
Traditionis custodes. Si tratta del ruolo che i laici stanno svolgendo e svolgeranno in questa vicenda, come fin dalla promulgazione della Nuova Messa. Il paradosso è che è stato il Concilio Vaticano II a dichiarare che i laici sono la forza trainante della Chiesa [esiste il
sensus fidelium -ndT]. Ebbene, sì, lo sono, ma non nel modo in cui avrebbero voluto i Padri più progressisti del Vaticano II, che pensavano a cattolici laici impegnati e clericalizzati.
Erano convinti che questi laici sarebbero diventati la punta di diamante delle innovazioni più selvagge, mentre temevano che una buona parte del clero sarebbe stata più difficile da manipolare.
I chierici, molto segnati da un conformismo corporativo, distaccato dalla realtà, si sono in gran parte immersi nella nebbia delle novità; quanto ai laici «impegnati», sono gradualmente scomparsi nel nulla; sono rimasti quelli che hanno continuato ad andare a Messa la domenica e che si sono dimostrati padri e madri prudenti. Nel senso di «buoni padri», come dicono gli avvocati, per descrivere coloro che conservano e amministrano con prudenza i loro beni. Si tratta di quei padri e quelle madri che si sono preoccupati di trasmettere la loro fede ai figli, che li vogliono nutrire con cose buone e non con veleno o cibo contaminato. Sono stati questi bravi padri e madri a dare per primi l’allarme sugli eccessi ecclesiastici e teologici che non capivano e non capiscono tuttora, a cercare buoni Catechismi e buone Messe.
Lo si spiega come appena detto, perché hanno la responsabilità di famiglie da proteggere, ma anche perché essi vivono nel mondo reale e non in quello virtuale dei chierici dal linguaggio conformista. Vivere nel mondo reale significa essere obbligati a capire le cose e le situazioni, e ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni.
Tutto ciò è sorto da un’opinione cattolica «conservatrice» nel senso migliore del termine.
Paix Liturgique ha citato più volte nelle sue lettere gli incredibili risultati dei sondaggi pubblicati nel 1976 dal quotidiano
Le Progrès, il giornale di Lione (lettere 698, 699 e 701) che mostrano la prima prova certa di ciò che pensavano realmente i laici cattolici francesi in quel momento terribile in cui lo spirito del Concilio Vaticano II era dilagante.
Ecco alcuni dati del sondaggio: il 52 per cento dei Cattolici praticanti si è detto «preoccupato»; il 48 per cento dei Cattolici praticanti pensava (nel 1976!!!) che la Chiesa si fosse spinta troppo oltre nelle sue riforme – cosa penserebbero oggi!!! –, il 42 per cento dei Cattolici praticanti pensava che le riforme avessero avuto l’effetto di allontanare la Chiesa dalla sua dottrina originaria; e infine, al culmine del caso Lefebvre (ricordiamo che siamo nel 1976), il 26 per cento dei Cattolici praticanti approvava le posizioni di mons. Marcel François Lefebvre sull’applicazione delle decisioni del Concilio Vaticano II… La cosa straordinaria era l’autismo della Chiesa di Francia, che non cercava di capire e continuava a distruggere e sradicare.
È davvero impressionante! E le chiese si sono svuotate dal 1965 in poi. Masse di laici hanno smesso di praticare e di seguire i loro Parroci, perché si sentivano trascinati da un vento di follia. Inoltre, nel grande vento di «libertà religiosa» che soffiava da Roma, i figli dei praticanti smisero di praticare e a loro volta diedero vita a non praticanti. È così che siamo passati dalla maggioranza della popolazione francese praticante prima del Concilio Vaticano II a meno del 2 per cento di oggi.
Si tratta di una valutazione del fallimento… Come tutti i sociologi della religione, che osservano, con molto compiacimento, che la religione è morta in Francia. Allo stesso tempo, i sondaggi commissionati dall’associazione
Paix Liturgique tra il 2000 e il 2019 in Francia e nel mondo hanno sempre dimostrato che la maggioranza dei fedeli cattolici rimasti nella chiesa non condivide le idee della rivoluzione clericale e, per dirla in poche parole, diffida dei preti.
Diffida. Infatti i Vescovi sono stati svalutati nella mente dei loro giovani chierici, ma lo stesso vale per i chierici che sono svalutati nella mente dei laici che vogliono conservare la fede. Questi chierici devono capire che i laici di oggi diffidano di orientamenti incomprensibili e talvolta blasfemi e che, d’ora in poi, prima di seguire i venti di follia che soffiano nella Chiesa da mezzo secolo, vogliono capire. Tutte le sciocchezze che si dicono oggi sulla sinodalità a cui la Chiesa si è impegnata non aiutano! [
vedi]
Altre indicazioni su questa situazione: oltre al calo della pratica religiosa, c'è il vertiginoso calo della partecipazione finanziaria dei laici alla vita della Chiesa. Niente più culto (buono), niente più contributo volontario dei fedeli per la Chiesa…
È per questo che molti di loro si avvicinano alle cappelle tradizionali. Le famiglie con bambini vogliono dare loro il meglio, non il dubbio, l’incomprensibile o il cattivo. Inoltre, queste cappelle sono cresciute notevolmente dopo il covid, quando, per ordine dei Vescovi, le Parrocchie ordinarie non fornivano più il culto e i sacramenti.
Si potrebbe pensare che in generale, non vogliano obbedire alle nuove regole ma la situazione è più complessa: prima di tutto, vogliono capire cosa significano veramente queste novità prima di aderirvi, e se non ritengono che esse siano buone, non le seguiranno né con i piedi né… con il portafoglio!
Si deve essere coerenti! Non si può pretendere che i laici riflettano, che li si consideri protagonisti della Chiesa di domani, e poi costringerli a sottomettersi a ogni legge iniqua.
Strana situazione… in cui, secondo i principi della sinodalità, tutti i laici hanno gli stessi diritti dei chierici, che ormai non esercitano altro che una semplice «diaconia», ma allo stesso tempo non possono avere opinioni diverse da quelle degli
apparatčiki [burocrati sovietici assoggettati al partito - ndT.], il tutto in un sistema sempre più centralizzato. In teoria, le pratiche sinodali dovrebbero permettere ai laici di esprimersi, ma sappiamo per esperienza che i sistemi sinodali, dal Concilio Vaticano II in poi, sono stati quasi esclusivamente sistemi di manipolazione dei gruppi. Insomma, siamo sempre più favorevoli a dare importanza ai laici… alla sola condizione che questi siano d’accordo con i commissari dei soviet!
Ma la realtà ci raggiungerà, soprattutto perché è la realtà della Chiesa, che ha parole di vita eterna. I Vescovi «buoni» non resteranno sempre in silenzio e verranno in aiuto delle pecore senza pastori, sacerdoti e laici, che custodiscono il Catechismo e la Santa Messa cattolica.
Per tornare al motu proprio
Traditionis custodes… «Quale padre tra voi, se il figlio […] gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe?» chiede Cristo (Lc 11, 11). Il Papa di ieri ha dato loro il pane che chiedevano. Aspetteranno pazientemente che il Papa di domani dia loro il pane, e non come un’elemosina, ma come ciò a cui hanno diritto in tutta libertà come figli di Dio. Nel frattempo, pregano, aspettano e fanno tutto il possibile per aiutare i sacerdoti, i religiosi e le religiose che soffrono.