sabato 25 ottobre 2014

I tre messaggi di Benedetto, «monaco in clausura»




Benedetto XVI


Negli ultimi giorni per tre volte il Papa emerito è tornato a parlare per ricordare che «annunciamo Gesù Cristo non per procurare alla nostra comunità quanti più membri possibile; e tanto meno per il potere» ma «perché sentiamo di dover trasmettere quella gioia che ci è stata donata». E per manifestare la sua vicinanza ai pellegrini legati al rito antico



Andrea Tornielli

Tre messaggi, due specificamente destinati alla pubblicazione e un terzo più privato di sostegno ai fedeli del «Summorum Pontificum» legati al rito antico che in questi giorni a Roma celebrano il loro annuale pellegrinaggio. Joseph Ratzinger, il Papa emerito è tornato a far sentire la sua voce. In particolare per ricordare, con un ampio messaggio rivolto a docenti e studenti della Pontificia Università Urbaniana, che la Chiesa esiste per la missione e che il dialogo tra le religioni non la sostituisce.

Benedetto XVI ha scritto una lettera al delegato generale del pellegrinaggio del «Summorum Pontificum», ringraziandolo per l'invito a essere presente alle celebrazioni in rito antico - il pontificale in San Pietro viene celebrato dal cardinale Leo Raymond Burke - e dicendo: «Sono molto felice che l'Usus antiquus vive adesso in una piena pace della Chiesa, anche presso i giovani, appoggiato e celebrato da grandi cardinali. Spiritualmente  sarò con voi. Il mio stato di "monaco in clausura" non mi permette una presenza anche esteriore. Esco dalla mia clausura solo in casi particolari, invitato personalmente dal Papa».

Il Papa emerito aveva poi rivolto un messaggio di saluto al convegno internazionale «Il rispetto per la vita, cammino per la pace», promosso dalla Fondazione Ratzinger, che si è svolto presso la Pontificia Università Bolivariana di Medellín, in Colombia, ricordando che «l’impegno per la pace – così fondamentale in un mondo dilaniato dalla violenza – comincia col rispetto incondizionato della vita dell’uomo, creato secondo l’immagine di Dio e così dotato con una dignità assoluta».

Più articolato infine il messaggio che Benedetto XVI ha inviato all'Urbaniana in occasione della dedicazione al suo nome dell'aula magna ristrutturata. Il Papa emerito si è chiesto se davvero la missione sia ancora attuale, anche perché «oggi in molti, in effetti, sono dell’idea che le religioni dovrebbero rispettarsi a vicenda e, nel dialogo tra loro, divenire una comune forza di pace. In questo modo di pensare, il più delle volte si dà per presupposto che le diverse religioni siano varianti di un’unica e medesima realtà; che “religione” sia il genere comune, che assume forme differenti a secondo delle differenti culture, ma esprime comunque una medesima realtà. La questione della verità, quella che in origine mosse i cristiani più di tutto il resto, qui viene messa tra parentesi». Una concezione che « è letale per la fede. Infatti, la fede perde il suo carattere vincolante e la sua serietà, se tutto si riduce a simboli in fondo interscambiabili, capaci di rimandare solo da lontano all’inaccessibile mistero del divino».

«Per noi cristiani - ha scritto ancora Ratzinger - Gesù Cristo è il Logos di Dio, la luce che ci aiuta a distinguere tra la natura della religione e la sua distorsione. Nel nostro tempo diviene sempre più forte la voce di coloro che vogliono convincerci che la religione come tale è superata. Solo la ragione critica dovrebbe orientare l’agire dell’uomo».

In realtà «anche oggi, in un mondo profondamente mutato, rimane ragionevole il compito di comunicare agli altri il Vangelo di Gesù Cristo». E c’è anche un più semplice «per giustificare oggi questo compito. La gioia esige di essere comunicata. L’amore esige di essere comunicato. La verità esige di essere comunicata. Chi ha ricevuto una grande gioia, non può tenerla semplicemente per sé, deve trasmetterla. Lo stesso vale per il dono dell’amore, per il dono del riconoscimento della verità che si manifesta». «Annunciamo Gesù Cristo non per procurare alla nostra comunità quanti più membri possibile; e tanto meno per il potere. Parliamo di Lui perché sentiamo di dover trasmettere quella gioia che ci è stata donata». Parole che confermano ancora una volta la famosa espressione più volte citata da Papa Francesco: «La Chiesa cresce non per proselitismo ma per attrazione», e dunque non ha il problema dei numeri, non studia strategie marketing, ma testimonia la bellezza e la pienezza della vita cristiana senza preoccuparsi di conquistare spazi di potere.








Vatican Insider 25/10/14



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