martedì 7 ottobre 2014

La Chiesa, la fede e le “aperture”



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Giuliano Guzzo

L’avvio del Sinodo straordinario sulla famiglia è stato preceduto, come ben sa chiunque abbia seguito anche parzialmente il dibattito delle ultime settimane, da accese discussioni ed interventi appassionati da parte degli stessi Cardinali, interventi in qualche caso sfociati in veri e propri botta e risposta sulla stampa. Al di là di considerazioni circa l’opportunità di più di qualcuno di detti interventi, che hanno di fatto animato un Sinodo “mediatico” antecedente quello in corso in questi giorni, e senza addentrarci al cuore delle questioni più dibattute – inprimis la possibilità di concedere la Comunione ai divorziati risposati -, alcune brevi riflessioni, in particolare per quanto riguarda il rapporto fra fede, condotta morale e famiglia, possono forse fornire elementi utili per confronti su argomenti che spesso, purtroppo, non solo non sono affrontati con la necessaria prudenza, ma vengono liquidati a colpi di slogan.

La prima considerazione verte sulla difficoltà generale, non solo in famiglia, di essere cristiani. Oggi appare particolarmente difficile – sostengono molti – vivere «come dice la Chiesa». Ora, a parte il fatto che la Chiesa non «dice» proprio nulla ma, semplicemente, si sforza di testimoniare, rendere vivi e ripetere gli insegnamenti di Gesù Cristo, c’è da dire che non solo l’essere cristiani mai stato semplice, ma la difficoltà appare connaturata alla storia stessa Cristianesimo. Erano discepoli coloro che, anziché rispondere all’invito di Gesù, si assopirono – «Non siete stati capaci di vegliare con me una sola ora?» (Matteo 26,41) – e fu nientemeno che Pietro, lui che Gesù aveva avuto il privilegio di conoscerlo da vicino, a rinnegarlo tre volte dopo essersi impegnato alla fedeltà assoluta: «Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò» (Matteo 26, 35). Ne consegue che quando si nota la difficoltà, a volte, di seguire integralmenteGesù non si dice nulla di nuovo.

Una seconda considerazione merita d’essere svolta sul rapporto fra morale e fede. E’ opinione comune che con più “aperture” la Chiesa sarebbe più seguita e alle funzioni domenicali accorrerebbero più fedeli; ad una morale più “elastica” corrisponderebbe quindi più fede. Un pensiero diffuso, abbiamo detto, ma falso. Lo insegna il caso delle confessioni “liberal” quali quelle protestanti presenti nel Nord Europa, confessioni che le “aperture” tanto richieste dai mass media a Papa Francesco – da nuova etica dall’aborto alle unioni omosessuali – le hanno effettuate da tempo. Risultato: il numero dei fedeli è in caduta libera. E mentre questo accade, notano specialisti come Massimo Introvigne, le denominazioni conservatrici che propongono un’etica sessuale talvolta anche più rigida di quella cattolica crescono a ritmi imprevisti. Abbiamo perciò ottime ragioni – anche sorvolando sul fondamento divino ed intangibile dei precetti – per credere che, proponendo una morale più “elastica”, otterremo solo una fede più “elastica”.

Un ultimo fondamentale aspetto – tanto più alla luce del Sinodo – da considerare è il ruolo decisivo che riveste la fede nella vita di coppia. A questo proposito, la letteratura scientifica e specialmente sociologica ha tanto da dirci; infatti, non solo si è registrato come la fede religiosa sia associata alla stabilità coniugale (Journal of Family Psychology, 2001), ci sono pure elementi che indicano come la stessa partecipazione alle funzioni diminuisca il rischio di tradimenti (Journal of Marriage and Family, 2008) e come pregare per il proprio partner accresca la percezione della sacralità del rapporto di coppia riducendo conseguentemente pensieri e condotte infedeli (Journal of Personality and Social Psychology, 2010). Nella Chiesa come nelle famiglie, insomma, è anzitutto la fede a fare la differenza. In tal senso sarebbe opportuno che i cattolici, a prescindere dall’esito del Sinodo, tenessero a mente che, per quanto riguarda le difficoltà a formare e a tenere unita una famiglia, il centro di tutto rimane Lui. Che ha parlato chiaro: «Senza di me non potete fare nulla» (Giovanni 15,5).




giulianoguzzo.com




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