Cilena di origine ma argentina di adozione, Laura Vicuña visse “alla fine del mondo” tra il XIX e il XX secolo. Nata nel 1891 a Santiago del Cile, ebbe una sorella, ma rimase orfana di padre a soli due anni. Sua madre, Mercedes, si trasferì così con le sue figlie in Argentina, a Junin de los Andes, in cerca di fortuna. Riuscì a trovarla divenendo la compagna di un certo Manuel Mora, ricco proprietario terriero, noto per la sua crudeltà verso tutti, specie i dipendenti. Mercedes avrebbe voluto sposarlo, ma Manuel si rifiutò, per essere libero di mandar via quella donna quando lo avesse voluto. Questa situazione irregolare dispiaceva molto alla piccola Laura, che intanto aveva iniziato a frequentare il collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Tutto sembrava procedere in maniera più o meno regolare, quando, durante le vacanze di Natale del 1902, Manuel propose a Laura di ballare: gli oppose con un secco no. Una bambina aveva osato negarsi all’uomo più potente della zona! Sdegnato per quel rifiuto, Manuel gettò la figlia della sua compagna fuori di casa, in mezzo ai cani, e decise che non le avrebbe più pagato la retta per il collegio. Tuttavia le suore, informate dell’accaduto, la accolsero gratuitamente. Dopo quel triste episodio, nel 1903, Laura ricevette la Cresima e, con il permesso del suo confessore, si consacrò a Gesù con i voti privati di povertà, castità e obbedienza. Aveva solo 12 anni!
C’era però un pensiero che la assillava e le velava di tanto in tanto il volto di tristezza: la relazione irregolare che sua madre aveva con quell’uomo feroce. La piccola Laura non voleva che Mercedes vivesse nel peccato. Così, dopo l’offerta di Comunioni, Rosari, preghiere e sacrifici, confidò al suo padre spirituale di voler dare la propria vita per la salvezza eterna della mamma. Il confessore accettò quest’eroica proposta. E così fece anche Gesù. Da quel momento, infatti, Laura cadde malata: si trattava di tisi. La sua salute divenne sempre più fragile, tanto che si arrivò presto allo stadio terminale. Sentendo che stava per giungere la sua ultima ora, Laura chiamò a sé la mamma, confidandole di aver offerto la sua vita a Gesù per ottenere la grazia di veder finire quella convivenza more uxorio, che offendeva Dio e dannava l’anima. Mercedes, sconvolta e pervasa dal senso di colpa, scoppiò a piangere e promise solennemente, di fronte al sacerdote che stava al capezzale della figlia, che avrebbe troncato per sempre quella relazione peccaminosa. Laura si spense così con una grande pace nel cuore. Era il 22 gennaio 1904. Papa Giovanni Paolo II, nel 1988, proclamò beata questa fanciulla, che può essere considerata martire della purezza e dell’amore filiale.
Oggi, nel 2014, qualcuno vorrebbe consegnare la sua storia ad un passato ormai definitivamente superato, relegandola ad una semplice fotografia in bianco e nero. Il Sinodo straordinario sulla famiglia di questi giorni sembra intenzionato a rinnegare l’eroico e santo gesto di Laura Vicuña, e con esso anche l’insegnamento di San Giovanni Paolo II, che ha additato questa bambina come modello per tutti. Forse alcuni padri sinodali cercano di dirci che Laura non ha saputo essere misericordiosa e aperta? Avrebbe forse dovuto vedere il buono che c’era nella convivenza di sua madre, senza fare tante storie? Tra qualche giorno avremo la risposta a tali domande…
Libertà e persona 14/10/14
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