di Matteo Matzuzzi | 27 Ottobre 2014
"All’interno del problema che voi toccate nel fare le domande, c’è una cosa molto triste, molto dolorosa… Penso che la famiglia cristiana, la famiglia, il matrimonio, non sia mai stato tanto attaccato come in questo momento. Attaccati direttamente o attaccato di fatto. Può essere che mi sbagli… Gli studiosi della Chiesa, ce lo potranno dire. Ma che la famiglia sia colpita, che la famiglia venga colpita e che la famiglia venga imbastardita, come - va bene - è un modo di associazione… Si può chiamare famiglia tutto, no? Quante famiglie sono ferite, quanti matrimoni rotti, quanto relativismo nella concezione del Sacramento del Matrimonio. In questo momento, da un punto di vista sociologico e dal punto di vista dei valori umani, come appunto del Sacramento cattolico, del Sacramento cristiano, c’è una crisi della famiglia, crisi perché la bastonano da tutte le parti e che lasciano molto ferita! Quindi è chiaro che non c’è altra scelta da fare.
Quindi la tua domanda: “Che possiamo fare?”. “Si possiamo fare un bel discorso, delle dichiarazioni di principio… Questo bisogna farlo, certo! Con le idee chiare: “Guardate, quello che stanno proponendo non è un matrimonio! E’ una associazione. Ma non è matrimonio! E’ necessario, a volte, dire le cose molto chiare e questo dobbiamo dirlo! La pastorale aiuta, ma solamente in questo è necessario che sia “corpo a corpo”. Quindi accompagnare. E questo significa anche perdere il tempo. Il più grande maestro del perdere il tempo è Gesù! Ha perso il tempo accompagnando, per far maturare la coscienza, per curare le ferite, per insegnare… Accompagnare è fare un cammino insieme. Evidentemente è stato svalutato il Sacramento del Matrimonio e dal Sacramento si sta passando al rito: la riduzione del Sacramento ad un rito! Quindi si fa del Sacramento un fatto sociale: sì religioso, certo devono essere battezzati, ma il forte è il rito…
Quante volte ho incontrato nella vita pastorale, gente che convive: “Perché non vi sposate?; “No! Bisogna fare la festa, non abbiamo soldi…”. Il sociale copre la cosa fondamentale, che è l’unione con Dio. In Buenos Aires mi ricordo che ad un parroco venne l’idea di celebrare il matrimonio a qualsiasi ora: perché normalmente si fa il giovedì, il venerdì il matrimonio civile e il sabato il matrimonio sacramentale… Chiaro che non si poteva far fronte ad entrambi i momenti: c’era, per esempio, un festeggiamento nel primo… E molti, molti religiosi, per favorire questo: all’ora che vogliono… Terminata la cerimonia civile, passavano per la parrocchia per il matrimonio ecclesiastico…
E’ un esempio di facilitare. Facilitare la preparazione, perché non si può preparare fidanzati al matrimonio con due incontri, con due conferenze… Questo è un peccato di omissione da parte nostra, dei sacerdoti e dei laici che normalmente siamo interessati a salvare la famiglia. La preparazione al matrimonio deve essere più lenta, bisogna accompagnare i fidanzati a questo “corpo a corpo” e prepararli, facendoli comprendere quello che stanno facendo. Molti non sanno quello che fanno! Si sposano senza sapere cosa significhino le cose che promettono: “Sì, sì! Tutto va bene!”. Ma non hanno presa coscienza che è “per sempre”… Questo metterlo in alto. Questa cultura del provvisorio, che stiamo vivendo non solo nella famiglia, ma anche tra i sacerdoti… Mi diceva un vescovo che gli si presentò un ragazzo eccellente che gli disse: “Vorrei essere un sacerdote, ma solo per 10 anni. E poi vorrei….”. E’ la cultura del provvisorio. E’ a tempo! Il “per sempre” è come se si dimenticasse! E’ necessario recuperare molte cose nelle famiglie ferite di oggi. Molte cose! Ma non bisogna scandalizzarsi di ciò che avviene in famiglia, di niente… Drammi familiari, distruzione delle famiglie, i bambini… Nel Sinodo, un vescovo si è fatto questa domanda: “Sono coscienti i sacerdoti di quello che soffre un bambino quando i genitori si separano?”. Sono le prime vittime! Come accompagnare i bambini, come aiutarli affinché i genitori che si separano non usino come ostaggi i bambini!
Quante psicologie pseudo patologica, persone che distruggono con la lingua gli altri, viene dall’essere stati educati da un papà che parlava male della mamma e da una mamma che parlava male del padre. Sono cose alle cui bisogna avvicinarsi, in ciascuna famiglia, e accompagnarle. Che abbiano coscienza di quello che fanno. Ci sono situazioni diverse oggi, no? Non si sposano, prendono la loro casa, hanno il loro fidanzato, la loro fidanzata ma non si sposano… Una mamma mi chiedeva: “Padre, cosa posso fare perché mio figlio che ha 32 anni si sposi?”; “Prima di tutto che abbia una fidanzata, signora!”; “Sì, sì! Ha una fidanzata, però non si sposa!”; “Allora, signora, se ha una fidanzata e non si sposa, non gli stiri mai la camicia! Vedrà che così si sposa!”. Quanti non si sposano; quanti convivono completamente, o - come ho visto nella mia stessa famiglia - convivenze part-time, da lunedì a venerdì con la mia fidanzata e da venerdì a domenica con la mia famiglia… Sono nuove forme, totalmente distruttive e limitative della grandezza dell’amore del matrimonio. Ci sono tante convivenze, separazione e divorzi: per questo la chiave di come aiutare è “corpo a corpo”, accompagnando e non facendo proselitismo, perché questo non porta ad alcuno risultato. Accompagnare con pazienza, pazienza; una parola oggi, una domani… Vi suggerisco questo".
IL FOGLIO
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