sabato 5 luglio 2014

Un ex frate dell'Immacolata scrive una lettera aperta al Papa





FRANCESCANI DELL'IMMACOLATA
Davide Canavesi, già fra Ambrogio, ha lasciato il seminario dei Francescani commissariati nel 2013

DAVIDE CANAVESI


A Sua Santità Papa Francesco,

sono un ex-frate francescano dell’Immacolata da poco uscito dall’Istituto. Lo scopo di queste righe non è quello di rinfocolare ulteriormente le polemiche, né di volermi mettere al di sopra degli organi ecclesiastici ma questa lettera vuole essere una semplice testimonianza sul Seminario Teologico Immacolata Mediatrice (Stim) e un piccolo ma sentito ringraziamento per tutti i miei formatori e i padri fondatori. Lo Stim, che negli ultimi anni formava più di 50 chierici, è stato distrutto, come è noto, per motivi ancora non precisati. Lo Stim era un seminario-convento di oltre 50 frati studenti da tutte le parti del mondo, di età e cultura differenti, che insieme ai formatori e ai pochi fratelli religiosi, costituivano una comunità dall’intensa vita di preghiera, dalla vita di studio approfondito e dall’impegno apostolico fervente, il tutto in grande spirito di fraternità!



Che cos’era la vita allo Stim? Preghiera, studio, lavoro, apostolato: non perdere nemmeno un minuto ed essere posto nelle condizioni di non perdere tempo, perché ogni minuto per un consacrato all’Immacolata è della Madonna. Breviario e S. Messa antica (voluti dagli studenti e non imposti loro) non per un’adesione ideologica all’antico ma per la ricostruzione di una vita religiosa come vita di preghiera. Narrano le fonti riguardo al serafico Padre che “suo porto sicuro era la preghiera […] di notte si recava, solo, nelle chiese abbandonate e sperdute a pregare”. Che cosa c’è dunque di strano che in mezzo alla notte i frati si sveglino e recitino il Breviario? Eppure proprio per questo i formatori e padre Stefano in testa sono stati considerati dei pelagiani! Con quanto equilibrio poi i formatori aiutassero tutti coloro i quali avessero problemi a fare la preghiera notturna lo possono testimoniare in molti. Vuole sapere poi cosa insegnava il rettore, definito “deformatore” dei chierici, a coloro i quali non avevano difficoltà ad alzarsi: “Chiedi al Signore di caricarti di parte del peso di chi ha difficoltà e sgravare lui, perché è meglio una comunità che sia tutta fervente che pochi frati più ferventi”. Non è questa vera carità verso il prossimo, che non è il giustificare i difetti altrui ma aiutare a vincerli! Davanti ad una comunità di 50 giovani frati che vogliono pregare di notte, per quale motivo la preghiera notturna è stata abolita dai nuovi rettori? È vero che la preghiera notturna è stata introdotta in questi ultimi anni tra gli Ffi, ma non vedo come possa essere considerata una buona formazione quella che blocca il fervore dei giovani e soffoca la loro buona volontà. Davanti alla “prudenza umana” del nuovo corso Ffi sta però il “senza limiti” di san Massimiliano: se ogni giorno al risveglio promettiamo di “vivere, lavorare, soffrire, consumarsi e morire per Lei” lo dobbiamo veramente fare!



Un vero francescano non può vivere nella rilassatezza dei conventi di oggi senza arrossire. Se si pensa che nei nostri conventi non manca mai il cibo, che spesso si mangia molto di più e meglio che a casa propria, non ci si può che vergognare pensando alla vita francescana delle origini. Almeno compensiamo a questo con una vita intensa nel sacrificio che costa di più alla natura umana, quello della preghiera notturna, del tempo personale… era questo l’intento di padre Stefano nel dare una spinta verso l’alto alla nostra vita! In compenso è stato trattato come uno squilibrato, un giansenista, un calvinista e un lefebvriano! Se si ha tempo di vedere film inutili, cartoni animati o partite di calcio vuol dire che non si usa bene il tempo… siamo qui per salvare anime, che c’entra il calcio! Basterebbe ogni tanto spingere il pensiero ai nostri cari, agli amici che abbiamo lasciato nel mondo per accorgerci di quanto la gente fatichi. Basta pensare alle giovani madri che si dividono tra lavoro e famiglia; agli amici che dopo essersi laureati in mezzo ai sacrifici non riescono a trovare un lavoro che li faccia felici, mentre nei conventi siamo sottratti alla dura lotta per il lavoro; ai giovani genitori costretti a svegliarsi di notte al pianto del loro figlio e che la mattina devono essere comunque al lavoro puntuali, mentre noi siamo attenti a recuperare sempre il sonno perduto. Davanti a tutto ciò un religioso che rifiuta sacrifici come potrà dirsi veramente un religioso! Come posso chiedere a delle giovani spose di accettare tutti i figli che Dio vorrà dar loro, per quanto eroismo possa costare, se non accetto io per primo sofferenze e fatiche eroiche! Non dovrebbe essere desiderio di ogni vero francescano il condividere le sofferenze che ogni uomo sperimenta nella sua dura esistenza, anziché fare dei conventi delle oasi di benessere sottratte alla lotta della vita! Chi farà rivivere la vita di S. Maria degli Angeli o quella di Niepokalanow se non la nostra generazione? Ma se chi lo vuole fare viene accusato di tutte le eresie e gli scismi possibili e immaginabili che ne sarà della nostra povera e amata Santa Chiesa!



A un nuovo superiore ho esposto queste riflessioni e ho segnalato come in coscienza non potevo accettare una vita tutto a un tratto così ammorbidita. Non potevo davanti al ricordo del mio parroco che tutte le mattine, terminata la S. Messa, stramazzava su una sedia in sacrestia per la stanchezza dovuta a una grave malattia e nonostante ciò non lasciava mai il suo gregge senza il Santo Sacrificio; non potevo davanti alla vita sacrificata che conducono molti miei amici spesso subendo umiliazioni, da accettare a capo basso per non perdere il lavoro! Mi sono sentito rispondere che l’austerità non ha nulla a che vedere con la Consacrazione all’Immacolata e che, in definitiva, non bisogna “esagerare”. Diceva Ernest Hello che “se non esistesse la parola ‘esagerazione’, il mediocre la inventerebbe”! È vero, non si può negare, tutti noi seminaristi sentivamo con un po’ di sofferenza la necessità di sacrificarci sempre, ma è proprio questa l’unica strada per incominciare a fidarsi di Dio e non di se stessi.



Non posso poi omettere di dire che lo Stim pareva proprio il regno della carità fraterna e non può essere che così: dove ci si sforza di amare Dio non si può che scoprire che il secondo comandamento dell’amore è simile al primo (Mt 22, 39). Quanti buoni esempi ho ricevuto dai confratelli! Non posso dimenticare senza un po’ di commozione quel frate che si preoccupava della salute dei confratelli, e il confratello che partiva quando era ancora notte per questuare il cibo necessario alla comunità, e il frate con cui si faceva gara ad arrivare per primi al lavoro, perché l’altro fosse più libero nei suoi studi! “Alter alterius onera portate et sic adimplebitis legem Christi” (Gal 6, 2) dice san Paolo…. Se non lo avessi visto tacerei, ma ho visto con i miei occhi quanto valesse questo precetto! Ricordo una volta di essermi un po’ lamentato del fatto che nel poco tempo disponibile dovessi aiutare qualche confratello straniero a preparare gli esami. Vuole saper quale fu la risposta del superiore: “Lo devi fare, quella è la tua seconda Eucarestia. La mattina è Gesù che si sacrifica sull’altare per te, ora sei tu che devi sacrificare te stesso per un fratello in difficoltà”. Questa è la risposta di uno di quei “giansenisti” che il commissario ha pensato subito di allontanare!



Purtroppo il commissariamento non ha portato se non tensione e divisioni in Seminario: come si può stare sereni d’altronde quando la predicazione è utilizzata al fine di attaccare padre Stefano, alludendo a lui come giansenista, calvinista, ladro, ecc.; quando dai propri pastori si viene esposti ad accuse infondate (cripto-lefebvriani); quando, a chi tenta il dialogo, si replica di essere affetto da “dipendenza psicologica”; quando il cofondatore, padre Gabriele, viene mandato via dalla comunità senza nemmeno dare l’annuncio agli studenti e senza così poterlo salutare! Gli stessi che scrivono essere il seminario una sorgente di ribellione dovrebbero interrogarsi se non è stata anche colpa loro, con la loro durezza, a far sì che qualcuno, certamente sbagliando, abbia divulgato all’esterno informazioni. Che dire poi di quel superiore che parlando al seminario ha detto che non si preoccupava del fatto che molti volessero uscire dall’istituto, dato che “avevamo già preventivato che con il commissariamento avremmo perso 60-80 frati”. Peccato che i frati non sono soldatini di latta che un bambino capriccioso può abbattere con un calcio, ma sono persone umane, perlopiù giovani, alle quali è stata rovinata la vita, costretti ad andarsene per non tradire la propria coscienza e il proprio ideale!



Un’ultima parola proprio su di Voi, Santo Padre, considerato che il seminario è stato accusato da confratelli ed esterni di essere ribelle al Papa e, addirittura, di considerarVi un antipapa. Oltre alla stupidità dell’ultima affermazione, posso testimoniare di non aver mai sentito una critica offensiva nei Vostri confronti. Nonostante la sofferenza di vederci accusati da quella stessa Santa Chiesa che abbiamo imparato ad amare, abbiamo sempre sperato che la salvezza ci venisse proprio da Voi. Ricorderò sempre un confratello, accusato di essere un lefebvriano, dire con molto calore: “Voglio essere salvato dalle mani del Santo Padre, perché lui è mio padre e io sono suo figlio”. Il giorno del Vostro compleanno poi tutto il seminario è esploso in battiti di mani e grida! Chi fa accuse sulla ribellione del seminario al Papa non sa portare poi prove a sostegno, se non “relata refero”! Il precedente rettore all’inizio del nuovo anno accademico aveva deciso di abbreviare il pranzo per recitare una corona del S. Rosario con l’intenzione di preghiera per Voi: non era questa una maniera di rispondere alle richieste che continuamente rivolgete ai cristiani? I nuovi rettori, non appena arrivati, hanno abolito questo S. Rosario! Chi ama il Papa? Chi prega e accetta sacrifici per Lui oppure chi si riempie la bocca di parole del Sommo Pontefice e poi non fa nulla per Lui? In una catechesi avete chiesto ai sacerdoti di chiudere le loro giornate davanti al Tabernacolo, a impetrare la salvezza delle anime! Con un po’ di presunzione posso dire che questo non avevo bisogno d’impararlo da Voi, Santo Padre, perché ho sempre visto i miei formatori chiudere tutte le giornate in ginocchio di fronte al Tabernacolo a pregare per me e i miei confratelli perché il Signore ci concedesse di divenire buoni frati per la salvezza di tutte le anime!






Da quello che ho scritto capirete, Santo Padre, l’impossibilità di continuare serenamente in un istituto dove lo zelo e la virtù vengono calunniati, dove si è costretti ormai a camminare tra i “cadaveri” dei propri amati confratelli e, ancor peggio, sulle teste dei propri fondatori e dei formatori che ci hanno fatto del bene. Vi domando l’apostolica benedizione e di ricordarVi di me nella Santa Messa quotidiana, perché possa perseverare nella Fede e nel servizio del Signore sotto la guida dell’Immacolata.



Nel Cuore di Gesù e Maria,

Davide Canavesi (già fra Ambrogio)



Vatican Insider 


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