lunedì 28 luglio 2014

Se tutto è santo niente è male?






Un lettore domanda:


Qui [nel blog Traditio Liturgica] parliamo di "sacro", un termine e un concetto che vengono condannati e disprezzati come paganesimo da preti e da teologi. Sono ignorante e non saprei dove informarmi, quindi le chiedo: perchè questo odio verso il sacro? Perchè ritenuto un concetto non-cristiano? Che differenza tra sacro e santo, questo sì accettato? Grazie.

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Gentile signore,
le rispondo con questo post.



1) Sacro-profano e santo


Le “balle” che la Chiesa ha introdotto concetti pagani, introducendo i concetti di “sacro-profano”, le sentivo già alcuni decenni fa' e provengono, in buona sostanza, da alcune menti balzane cattoliche degli anni '70. A loro volta, queste strane idee provengono da un certo mondo protestante liberale.


Ora, ad esaminare la questione in modo un poco attento, si nota che i fautori di queste “balle” contestano l'uso di "sacro-profano" in quanto terminologie “non bibliche”. Ci si dovrebbe dunque attenere a concetti unicamente biblici, per essere autentici cristiani!


Strano modo di argomentare, dal momento che il Cristianesimo, passando nella storia, ha assunto – spesso felicemente, raramente in modo meno felice – termini dalla cultura circostante. Nel passato sono stati utilizzati dei termini pagani per la dogmatica cristiana (“persona”, “sostanza”, ecc.), termini rigorosamente non biblici. Questo fatto continua ancora oggi ed è inevitabile! Vogliamo fossilizzare, dunque, il Cristianesimo ad una mitica età dell'oro?


Ecco come i fautori del "progresso" si contraddicono palesemente: dove non vogliono invocano la purezza biblica per combattere termini divenuti tradizionali, dove vogliono invocano l'inculturazione per introdurre termini non biblici criticabili.


Tornando al nostro argomento, nei primi secoli il Cristianesimo ha utilizzato il vocabolario della filosofia pagana ma purificandolo dal paganesimo. Gli stessi concetti di “sacro-profano”, per quanto provenienti dal mondo pagano, in ambito cristiano non possono che avere un significato differente.


Il termine biblico “santo” si riferisce a Dio, a quanto egli compie; chi è toccato da Lui si definisce “l'uomo santo”; un Suo inviato si definisce “angelo santo”.


Il concetto non biblico di “sacro-profano”, se letto correttamente, fa diretto riferimento all'azione del male introdotto nel mondo da chi volta le spalle a Dio.


È “sacro”, infatti, quanto l'uomo con il suo comportamento dedica a Dio e pone sotto la sua luce. È “profano” quanto l'uomo protegge o scherma dalla luce di Dio. Infatti non è solo l'individuo a sottrarsi a Dio ma può sottrarre a Dio, in un certo senso, ogni realtà che lo circonda. L'espansione dell'odio e la sofferenza che ne nasce a causa degli uomini toccano tutto il cosmo, esattamente come l'espansione della filantropia divina da un cuore umano santificato.



Chi vive in una casa con le finestre ben tappate e la porta chiusa può ben dire che il sole va ovunque e che la luce penetra in ogni dove. Lo può dire come semplice asserzione ma la realtà dei fatti è ben differente: egli vive in una casa al buio e tutte le sue cose sono al buio con lui!

Questo esempio chiarifica il significato di "sacro" e "profano" in senso cristiano.

Riassumendo:
il termine "santo" è senz'altro un termine biblico.
"Sacro-profano" non è una terminologia biblica ma è stata utilizzata dalla Chiesa per indicare che nel mondo l'uomo ha la capacità di porre alcune cose nell'influsso divino con il suo comportamento (vedasi l'edificio ecclesiastico) e di porre altre cose più o meno distanti da Dio, sempre attraverso il suo comportamento, proiettando su di esse gli effetti negativi del suo peccato (ecco il significato di "profano").

Se si inizia a dire "questi non sono termini biblici quindi non usiamoli" facciamo come chi butta a mare l'esperienza positiva della Chiesa perché si ritiene più "furbo". Allora dovremo buttare a mare tutti i termini non biblici della dogmatica cristiana come "Persona" e "sostanza"... E infatti ci sono teologi che stanno pensando pure a questo!! Coerentemente, d'altronde!

Il Dio santo può illuminare ovunque e sostenere il cosmo con la sua azione e provvidenza ma l'uomo con il suo comportamento può gettare un cono d'ombra attorno a sé. Questo è chiaro!

La chiesa, come edificio ecclesiastico, iconizza questa divisione in modo evidente e netto perché la chiesa-edificio tradizionale insegna al fedele che ci sono ambiti della vita in cui l'uomo si allontana da Dio (divenendo “profano”) e ambiti della vita in cui l'uomo vive vicino a Dio (divenendo “sacro”).

La chiesa medioevale aveva chiare queste cose: infatti l'edificio era adibito alla preghiera e al culto, non ad attività che potessero portare lontano dall'attenzione a Dio, come divertirsi mondanamente o danzare, cose che viceversa oggi si fanno pure in chiesa.

La danza può essere occasione per godere della vita in senso mondano (profano) per cui non ha senso farla nella chiesa, edificio “icona” in cui lo sguardo interiore umano deve essere sempre fisso "ad superna" (sacro).

Perciò l'edificio ecclesiastico un tempo era consacrato ossia reso sacro, cioè adibito ad un uso unicamente per Dio. Perciò era detto “casa di Dio”, poiché l'uomo stesso era invitato a divenire come quell'edificio, casa di Dio.

2) E veniamo all'altra questione: perché un certo clero e certi teologi odiano i termini "sacro-profano"?

Conosco oramai da qualche decennio il clero a cui lei fa riferimento e so cosa dico: costoro che tanto si sollazzano e deridono con senso di superiorità il termine "sacro" tendono a non essere più... clero!



Essi nell'anima si riducono a semplici laici che dicono la messa. Anzi, per un certo verso, sono peggio dei laici poiché questi ultimi normalmente non danno lezioni strampalate se non altro per non parere ridicoli!

Questo clero dice: "Dio è santo e tutto quello che viene da Dio è santo. Non ci sono dunque esclusioni nel mondo e non possiamo accettare la divisione dicotomica tra un sacro (ambito decretato dagli uomini) e un profano (ambito decretato pure dagli uomini). Tutto è santo perché esce dalle mani sante di Dio".


Costoro non capiscono una cosa elementare: nel mondo è entrato il peccato, ossia un cono d'ombra con cui Dio viene allontanato dagli uomini e tale cono è sempre efficace anche se non avrà l'ultima parola.
Costoro dimenticano che negli stessi vangeli esiste un'altra "divisione dicotomica": mondo-Dio. In san Paolo ne esiste un'altra ancora: carne-spirito. Queste divisioni, a loro modo, ci ricordano quella di "sacro-profano".
Come la mettiamo?

Perché questo tipo di clero tende a non accettare questo insegnamento tradizionale? Temo che ci sia una sola semplice risposta: perché per costoro “di fatto” non esiste il peccato inteso in senso tradizionale. La prova ce la offre il fenomeno molto accentuato (rispetto ad un tempo) di un clero che tende a godersi il mondo invece di starsene in ginocchio, come poteva fare un curato d'Ars...

Dimenticando la distinzione pratica tra peccato e grazia, non si può che deridere la distinzione profano-sacro. Allora ci si scusa, ci si autocanonizza e si canonizza chiunque, come se Dio fosse un pagliaccio che tutto accetta e tutto accoglie.

Si contrappone al "sacro-profano" la coppia "santo-peccato" e si da al termine "peccato" un contorno sempre meno definito fino a farlo divenire "la scelta di chi non ama" che vuol dire tutto e niente al contempo.
Di fatto, però, il termine peccato, in senso tradizionale, non è più accolto e questo pure da molto clero. Di qui l'odio istintivo per chi lo ricorda anche indirettamente!

Mi spiace di sembrare duro, ma queste sono autentiche eresie. Qui non è una questione di dettagli: dietro al rifiuto di una terminologia (adducendo speciose motivazioni "bibliche") pare sottendersi di fatto il rifiuto dell'impatto pratico del peccato finendo ad ammettere l'inesistenza del peccato in senso tradizionale (se tutto è santo niente è male!). Ne consegue che l'uomo com'è, qualsiasi cosa fa', va bene, basta che obbedisca alla sua coscienza (come diceva Bergoglio nel suo famoso colloquio con Scalfari). Ed ecco che tutto si spiega!

Poi è sovranamente buffo che dei sacerdoti (la radice di questo termine viene da sacro) siano contro il sacro! È proprio come essere contro se stessi!
Solo dei "sacerdoti-non-sacerdoti" possono fare questo, dal momento che un sacerdote autentico non lo farebbe mai!

D'altronde, nel mondo cattolico fino a 50 anni fa', si pensava al sacerdote come all'uomo dell'altare, quindi del sacro, del "dedicato a Dio", del "sottratto alle cose mondane".

Oggi, guarda caso!, non è più così e infatti i "preti-non-preti" deridono la distinzione "sacro-profano", deridendo in tal modo tutto il passato plurisecolare della Chiesa che la utilizzava e deridendo le stesse Chiese ortodosse di oggi che usano la medesima terminologia!

L'altare, segno di Cristo, del sacro al quale si riferisce il sacerdote, è sostituito da una tavola che spesso non ha neppure la pietra consacratacon le reliquie dei martiri, il sacerdote non si "attacca" più a questo simbolo ma si rivolge sempre più al "popolo" antistante. Non è più il sacerdos sull'altare ma il presidente dell'assemblea!
Questa realtà tende ad essere una nuova religione e, in quanto tale, non può che coerentemente odiare il proprio padre e la propria madre che parlavano in termini di "sacro e profano".

Questo tipo di teologi e di clero fanno come coloro che pensano di arrivare alla cipolla autentica sfogliando tutti gli strati di una cipolla: non rimarrà loro nulla in mano!

Concludendo, mi permetto di darle un consiglio, se lo accetta: li eviti e frequenti gente più seria!





Traditio Liturgica



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