mercoledì 2 luglio 2014

Diario Vaticano / "Seguo quello che i cardinali hanno chiesto"












I vincoli del preconclave sul governo di Francesco. Gli accordi legati all'elezione di un papa sono illeciti e invalidi. Ma in pratica ci si va molto vicino

di Sandro Magister


CITTÀ DEL VATICANO, 1 luglio 2014 – "Parimenti, vieto ai cardinali di fare, prima dell'elezione, capitolazioni, ossia di prendere impegni di comune accordo, obbligandosi ad attuarli nel caso che uno di loro sia elevato al pontificato. Anche queste promesse, qualora in realtà fossero fatte, sia pure sotto giuramento, le dichiaro nulle e invalide".

Questo stabilisce la costituzione apostolica "Universi dominici gregis" che regola l’elezione del papa, emanata da san Giovanni Paolo II nel 1996 e tuttora in vigore.

Storicamente vengono definiti "capitolazioni" o "capitolati elettorali" gli accordi tra i cardinali riuniti in conclave mirati a vincolare il futuro pontefice ad alcuni atti che potrebbero risultare restrittivi della sua libertà d'azione.

Il primo capitolato entrato nella storia sembra essere stato quello del 1352 nel conclave avignonese che vide l’elezione di Innocenzo VI, il quale però, una volta eletto, lo dichiarò invalido.

E in effetti più volte i papi, dopo l'elezione, rinnegarono i patti stipulati con gli ex colleghi cardinali.

Patti che a volte impegnavano l'eletto a prendere provvedimenti per l’effettivo bene della Chiesa, ma in altri casi rispondevano invece a interessi personali o di gruppo. Tanto che alla fine si decise che dovessero essere formalmente proibiti.

La proibizione entrò in opera con le regole per i conclavi promulgate da un altro papa santo, Pio X, nella costituzione apostolica "Vacante Sede Apostolica" del 1904 che così recitava:

"Ugualmente proibiamo che i cardinali, prima che procedano all'elezione, stipulino capitolazioni ovvero stabiliscano qualche cosa di comune consenso, all'osservanza dei quali s'impegnano se sono assunti al pontificato. Tali cose, se 'de facto' succedessero, pure con annesso giuramento, le dichiariamo nulle e irrite".

Questa disposizione – che non prevede però nessuna pena per chi la trasgredisca, ferma restando la piena libertà del nuovo papa rispetto a questi accordi – è stata ribadita da tutti i successivi documenti sul conclave, fino a quello, come abbiamo visto, emanato da papa Karol Wojtyla.

Gli eventuali capitolati pattuiti prima o durante un conclave sono quindi non solo formalmente proibiti in quanto illeciti, ma anche praticamente inefficaci, perché comunque l'eletto non è tenuto a rispettarli, quand'anche li abbia concordati.

Nelle cronache di questi ultimi decenni si ricorda però che nel conclave dell'ottobre del 1958 alcuni porporati della curia romana si sarebbero assicurati che, in caso di elezione, il patriarca di Venezia Angelo Roncalli avrebbe scelto quale segretario di Stato monsignor Domenico Tardini. Ed effettivamente così avvenne la sera stessa dell'elezione di Giovanni XXIII.

Nel successivo conclave del 1963 i cardinali centroeuropei si sarebbero decisi a candidare il cardinale di Milano Giovanni Battista Montini con un "capitolato elettorale" che includeva la continuazione del Concilio Vaticano II.

Nel 1978 si raccontò invece che il cardinale Giuseppe Siri, se eletto papa, avrebbe dovuto comunque prendere in considerazione la proposta di garantire la carica di segretario di Stato al concorrente cardinal Giovanni Benelli. Mentre – sempre si raccontò – il patriarca di Venezia Albino Luciani sarebbe stato eletto papa, come effettivamente avvenne, con la concomitante certezza che non avrebbe nominato segretario di Stato il temuto Benelli.

Nel conclave che ha eletto Jorge Mario Bergoglio non risulta vi siano stati patti formali o giurati tra i cardinali.

Cionondimeno più volte papa Francesco si è professato vincolato da alcune indicazioni fornite dai cardinali nel corso delle riunioni di preconclave.

Lo ha ribadito di recente, in modo più articolato del solito, nell’intervista data a Franca Giansoldati su "Il Messaggero" del 29 giugno.

In essa ha detto:

"Sul programma [di governo ecclesiastico] seguo quello che i cardinali hanno chiesto durante le congregazioni generali prima del conclave. Vado in quella direzione. Il consiglio degli otto cardinali, un organismo esterno, nasce da lì. Era stato chiesto perché aiutasse a riformare la curia. Cosa peraltro non facile perché si fa un passo, ma poi emerge che bisogna fare questo o quello, e se prima c'era un dicastero poi diventano quattro. Le mie decisioni sono il frutto delle riunioni preconclave. Nessuna cosa l'ho fatta da solo".

Alla domanda se in questo avesse seguito un "approccio democratico", il papa ha inoltre risposto:

"Sono state decisioni dei cardinali. Non so se un approccio democratico, direi più sinodale, anche se la parola per i cardinali non è appropriata".

Questo quanto detto da papa Bergoglio. Stando alle forme, non vi sarà stato un capitolato o una capitolazione che dir si voglia. Ma nella sostanza vi si è andati vicini.

Il consiglio degli otto cardinali che Francesco ha creato in ossequio a questo mandato è riunito proprio in questi giorni in Vaticano.



http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350839


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