martedì 15 luglio 2014

Gli amici della Chiesa in tempi di crisi




Cristina Siccardi

A differenza di Gesù, che rimase solo nell’Orto del Getsemani, la sua Sposa, la Chiesa, quando soffre la Passione, può sempre contare su un gruppo di fedelissimi, uniti fra loro dal vincolo indivisibile dell’amore per Lei. Al tempo dell’eresia ariana, che ebbe origine nel IV secolo, che divenne religione ufficiale dell’impero romano durante il regno di Costanzo II e resistette fino al VII secolo, gli amici dei coraggiosi santi Atanasio di Alessandria, Eusebio di Vercelli, Ilario di Poitiers fecero scudo intorno all’autentica Chiesa.

Al tempo degli scismi che contrapposero Papi ad antipapi e che maturarono sotto l’impero di Federico Barbarossa nel XII secolo e fra il XIV e XV secolo, ovvero quando Avignone sembrò sostituire la sede di Pietro, numerosi amici si radunarono intorno a due guide illuminate dallo Spirito Santo: santa Ildegarda di Bingen e santa Caterina da Siena.

Dopo il Concilio di Trento, un nugolo di amici si aggregò alla sequela di tre giganti della Controriforma, amici fra di loro: san Carlo Borromeo, sant’Ignazio di Loyola, san Filippo Neri.

Dopo la tragica guerra dichiarata dall’Illuminismo e dalla Rivoluzione Francese alla Chiesa, sorse un’energica risposta di ricristianizzazione e arrivarono altri amici, forti e decisi, che si unirono in quell’organizzazione culturale che va sotto il nome di Amicizia Cristiana, fondata dallo svizzero Nikolaus Albert von Diessbach, un militare al servizio di Casa Savoia che, dopo la conversione, entrò nella Compagnia di Gesù e come il suo fondatore volle «militare per Iddio sotto il vessillo della Croce», come scrive il professor de Mattei nel suo libro Idealità e dottrine delle amicizie (Bibliotheca Romana, Roma 1981, p. 43).

Scrisse Diessbach nella sua opera apologetica Le Chrétien Catholique (1771): «Io sono cristiano e cattolico. Vissi, lessi, meditai. Voglio scrivere per avere la soddisfazione di sviluppare a me stesso e ad altrui le tracce dei sentimenti che nati e prodotti dall’uso della vita, dalla lettura e dalla riflessione, contribuirono grandemente a rendermi cristiano e cattolico» (p. 44). Egli individuò nella stampa l’arma dei nemici della Chiesa, così come aveva fatto papa Clemente XIII con l’enciclicaChristianae Reipublicae Salus del 1766. Ritiratosi in un’abbazia cistercense, raccolse attorno a sé alcuni collaboratori fidati. Proprio da questi amici ebbe origine la Pia Associazione per la Stampa, che localizzò le sue sedi a Torino e Friburgo, e contò, grazie ad amicizie disseminate qua e là, su diversi punti vendita in ben 31 città italiane.

Fu così che fra il 1779 e il 1780 venne fondata nella capitale subalpina l’Amicizia Cristiana, destinata ad unire gli amici della Chiesa cattolica, iniziativa che, seppur segreta, ebbe ampia risonanza in tutta Europa e portò ottimi frutti. L’eredità di padre Diessbach venne raccolta dal venerabile Pio Brunone Lanteri, fondatore degli Oblati di Maria, il quale, contro i seminatori della menzogna e dell’eresia, fece sorgere l’Amicizia Cattolica (1817). Con lui altri amici, devoti del Sacro Cuore di Gesù, sostennero la Chiesa e lo fecero leggendo e studiando testi dal timbro inconfutabile: sant’Ignazio di Loyola, sant’Alfonso Maria de’ Liguori, san Francesco di Sales, santa Teresa d’Avila…

L’Amicizia Cattolica sarà l’humus nel quale si formeranno anime come quella di don Luigi Guala, fondatore del Convitto ecclesiastico, che darà vita alla docenza di san Giuseppe Cafasso, riformatore del clero e maestro, fra tanti altri santi sacerdoti, di don Bosco. Tutti questi uomini vissero l’amicizia come la intende sant’Agostino: «Quando ci si vuol bene, e tra chi parla e chi ascolta c’è una comunione profonda, si vive quasi gli uni negli altri, e chi ascolta si identifica in chi parla e chi parla in chi ascolta».

Oggi la Chiesa, dal Concilio Vaticano II in poi, sta vivendo una profonda crisi, causata dall’illusoria utopia di rendere conciliabile ciò che non lo è: Chiesa e mondo.
La Tradizione, ancora una volta, ha prodotto e produce nuovi suoi amici che nell’odierno dibattito culturale diffonde, con la «buona stampa» e il «buon Internet» le idee cattoliche di sempre. Chi possiede il vero timore di Dio non inganna il prossimo: non esiste amicizia più solida e più alta, nella sua eternità, di quella sperimentata da coloro che non guardano l’amico per interesse proprio, ma per interesse della Fede e della Carità.






(Fonte: CORRISPONDENZA ROMANA.it



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