* La mia intervista a Vittorio Messori, pubblicata oggi 15 luglio su Libero, potete leggerla cliccando sulla foto in alto. Qui sotto, invece, pubblico la versione integrale dell’intervista a Messori, dove riporto alcuni particolari storici che naturalmente un Quotidiano per ragioni di spazio (e già ho occupato l’intera pagina 19, più un richiamo in prima) e anche “giornalistiche” deve omettere… Li inserisco qui perché possono ritornare molto utili al cattolico che dovessero trovarsi a essere interrogato sulle ragioni storiche e teologiche del celibato sacerdotale.
Intervista per Libero Quotidiano
di Antonio Margheriti Mastino
a
Vittorio Messori
L’ennesima controversa “intervista” rilasciata da papa Francesco a Eugenio Scalfari, pubblicata su Repubblica del 13 luglio, ha scatenato un putiferio e le reiterate e ormai rituali smentite del Vaticano. In questo colloquio il Papa avrebbe, fra le altre cose, sostenuto che «il celibato fu stabilito nel X secolo, cioè 900 anni dopo la morte di nostro Signore», quasi a volerlo sminuire e declassare a mero strumento disciplinare piuttosto che teologico. E infatti avrebbe aggiunto: «La Chiesa cattolica orientale ha facoltà fin d’ora che i suoi presbiteri si sposino». Questo per quel che concerne il passato. Quanto al futuro prossimo, Francesco avrebbe sostenuto che «il problema certamente esiste ma non è di grande entità. Ci vuole tempo ma le soluzioni ci sono e le troverò». Le cose stanno veramente come avrebbe detto il Papa a Scalfari? Siamo andati a chiederlo al grande scrittore cattolico Vittorio Messori.
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Messori, ha letto l’intervista rilasciata da papa Francesco a Eugenio Scalfari, su Repubblica del 13 Luglio?
Naturalmente. Stante la selva di smentite, delle quali è oggetto, resta da capire quanto è farina del sacco di Scalfari e quanto di Bergoglio. In questioni clericali non è la prima volta che Scalfari mostra molta immaginazione: l’anno scorso dopo l’intervista al papa quello stesso giornalista sostenne che il gesuita Bergoglio, era il papa che «qualche giorno fa, ha finalmente beatificato il suo fondatore, sant’Ignazio di Loyola», sbagliando di soli quattro secoli. E questo la dice lunga sulla sua conoscenza della storia della Chiesa.
Il Santo Padre in quell’intervista, a detta di Scalfari, avrebbe relativizzato la vexata quaestio del celibato ecclesiastico, ossessione di tutti i clericali “liberal”, che portano l’esempio di rabbini, pope ortodossi, pastori protestanti che possono sposarsi. Francesco ha risposto che il celibato fu stabilito solo nel X secolo, «cioè 900 anni dopo la morte di nostro Signore».
No, guardi, non vorrei davvero dar lezione a un pontefice, ci mancherebbe! Ma ho esaminato storicamente il problema anni fa, pubblicando al proposito una decina di pagine fitte di dati in un mio libro, “Emporio Cattolico“. Le cose non stanno così, l’astensione dal matrimonio risale addirittura ai primi tempi apostolici.
Pietro, il principe degli Apostoli, primo papa, era sposato.
Ma da prima che conoscesse Gesù. Non sappiamo dopo… In realtà, bisognerebbe usare il termine più ampio di continenza: da osservare non solo rinunciando al matrimonio, ma anche non usando del matrimonio se già ci si è sposati. In effetti, nella Chiesa antica, la maggioranza del clero era composta di uomini maturi che, col consenso della moglie, accedevano agli Ordini sacri, lasciando la famiglia, alle cui necessità materiali provvedeva la comunità dei credenti.
Abbandonare la famiglia per accedere ai sacri ordini le sembra così cristiano?
Va inquadrato in quelle parole dove Gesù promette «il centuplo su questa terra e nell’aldilà la vita eterna» a coloro che, per amor suo e del Regno, «hanno abbandonato casa, genitori, fratelli, moglie, figli».
Insomma, il sacerdozio è una rinuncia radicale, in vista di una ricompensa più grande, che non è di questa terra. Anche grandi predicatori del Medioevo, pensiamo a Bernardino da Siena, insistevano sulla superiorità dello stato celibatario rispetto a quello matrimoniale, anche per i laici. E, sopra tutto, c’era il sacerdozio sacramentale.
Del resto, riflettiamo forse poco su un dato: Gesù, sommo sacerdote, non prese mai moglie. Lo ricordò lo stesso Benedetto XVI nella Sacramentum Caritatis: «Il fatto che Cristo stesso, sacerdote in eterno, abbia vissuto la sua missione fino al sacrificio della croce nello stato di verginità costituisce il punto di riferimento sicuro per cogliere il senso della tradizione della Chiesa latina a questo proposito».
Eppure molti, persino l’attuale “Vescovo di Roma”, sono convinti che il celibato sacerdotale sia stato solo un fatto contingente, senza alcuna ragione, diciamo, teologica, ma solo disciplinare.
È una storia vecchia. Anche dopo la Riforma protestante, dopo la Rivoluzione Francese, così dopo il Vaticano II con la rivoluzione sessuale del ’68, ci furono abbandoni in massa da parte del clero, per sposarsi. Si contestava il celibato legato al sacerdozio perché giudicato non come una conseguenza fondata e legittima della prospettiva evangelica, bensì come derivato di una decisione ecclesiastica, per giunta tardiva e limitata all’Occidente.
Ma guardi che lo stesso Francesco avrebbe detto a Scalfari che «la Chiesa cattolica orientale ha facoltà fin d’ora che i suoi presbiteri si sposino»
Anche questa è una storia vecchissima; le cose non stanno proprio così. Il cardinale Alfons M. Stickler, un coltissimo salesiano già bibliotecario di Santa Romana Chiesa, nel suo denso saggio Il celibato ecclesiastico. La sua storia e i suoi fondamenti teologici, comincia proprio dalla Chiesa Orientale la sua meticolosa ricostruzione e da sempre, ci racconta, si è rimproverata la Chiesa Occidentale di essere stata meno liberale e ben più rigida di quella Orientale in questioni celibatarie…
Dicono anche che proprio la Chiesa d’Oriente avrebbe mantenuto la originale disciplina primitiva, ammettendo la deroga al celibato sacerdotale. Ergo, la Chiesa latina per un questione di autenticità e di opportunità, dovrebbe adeguarvisi; non per aggiornarsi, ma anzi per riallacciarsi alla Tradizione autentica.
Nelle Chiese d’Oriente solo i preti e diaconi possono usare del matrimonio, purché sia il primo ed unico e sia stato contratto prima dell’ordinazione. I monaci e i vescovi sono tenuti alla continenza assoluta.
Da sempre questo?
Tutti i documenti che ha raccolto Stickler mostrano che per molti secoli anche in quelle comunità cristiane fu indiscussa l’astensione praticata in Occidente e che le eccezioni che vengono sbandierate dai “liberal” risalgono in realtà a fonti apocrife. Fu nel 691, al Concilio Trullano, che si stabilì quanto ancora oggi è in vigore per gli ortodossi. Ma fu una esplicita resa a una situazione di fatto, agli abusi, vissuti come scandalosi, perché negavano nei fatti l’origine apostolica della continenza. E fu possibile allargare i cordoni, tra le proteste di molti vescovi, solo per l’intervento dell’imperatore di Bisanzio vero pontefice a Costantinopoli.
Che conclusioni ne traiamo?
È dunque accertato che la disciplina dei cristiani orientali era, nei primi secoli, omogenea a quella degli occidentali: la Chiesa, in questo indivisa, esigeva dai suoi ministri verginità, celibato, continenza. Ma un simile obbligo, tanto contrastante con l’istinto naturale e dunque così difficile da osservare, esigeva un’autorità, un’organizzazione, un controllo costante, un Magistero energico e centrale: tutte cose che difettavano alle Chiese d’Oriente, prive di un papato.
Con che precedenti storici si cercò di giustificare il celibato facoltativo per i preti orientali, accertato che comunque il celibato anche fra di loro era considerato di origine apostolica?
In effetti ci si trovò a glissare sugli oneri che dal chierico esigeva il Nuovo Testamento e si fece un salto indietro, al Vecchio Testamento, sulla falsariga dei sacerdoti del Tempio, tenuti alla continenza solo nel periodo del loro turno di servizio. Osserva Stickler: «Questa disposizione significava un ritorno alla prassi dei sacerdoti del giudaismo, tenuti all’astinenza solo quando era il loro turno per il servizio nel tempio di Gerusalemme. Prassi che la Chiesa antica aveva sempre rifiutato, con chiare ragioni». E prassi, aggiungiamo, basata sul fatto che allora il servizio all’altare era, in Oriente, limitato alla domenica.
Il cardinale Stickler nel suo studio dimostrava, con tanto di fonti, oltre che l’origine apostolica del celibato ecclesiastico anche quello questione castità.
Non furono mai considerati un’innovazione, bensì un dato di fatto ereditato dalla Tradizione primitiva. Tutto discusso e approvato anche dai successivi concili. In quello di Cartagine nel 390, in piena comunione con tutte le altre Chiese locali, si approvò all’unanimità la seguente dichiarazione: «Conviene che tutti coloro che servono ai divini sacramenti (vescovi, sacerdoti, diaconi) siano continenti in tutto, affinché custodiscano ciò che hanno insegnato gli apostoli e ciò che tutto il passato ha conservato». Dunque, ci si riferisce esplicitamente a una Tradizione indiscussa, che viene semplicemente confermata. E i Padri dell’Occidente – Ambrogio, Girolamo, Agostino – sono concordi su verginità o celibato o continenza non solo per i sacerdoti ma anche per i diaconi.
Quindi nell’era costantiniana la continenza dei chierici viene codificata….
Siamo più precisi. Verso l’epoca costantiniana lo jus diventa lex, ma quest’ultima non sancisce cose nuove, bensì mette per iscritto una Tradizione. Infatti Stickler aggiunse: «Chi volesse affermare il contrario, non solo peccherebbe contro un metodo storico cogente ma taccerebbe di bugiardi tutti i testi unanimi che abbiamo ascoltato, poiché di ignoranza della Tradizione non li si potrebbero accusare».
Il Papa è “bugiardo” o “ignorante”?
Andiamoci piano, anche se qui siamo di fronte solo a un colloquio privato, non certo a un testo magisteriale: non si sa nemmeno che cosa abbia detto il papa. Sappiamo che cosa ha detto Scalfari, o meglio: cosa ha capito, affibbiandolo poi al papa. Non dimentichi l’aneddoto su sant’Ignazio…
Abbiamo detto che nell’Antico Testamento i sacerdoti e i leviti potevano usare del loro matrimonio una volta terminati i loro turni di servizio sacro nel Tempio. Sarebbe praticabile una cosa del genere, teologia a parte, ai sacerdoti cattolici?
Papa Siricio, nel 385, afferma solennemente che «i sacerdoti e i diaconi che anche dopo l’ordinazione praticano le loro mogli, agiscono contro una legge irrinunciabile che lega i chierici maggiori sin dall’inizio della Chiesa». Papa Siricio ricorda che i sacerdoti del Nuovo Testamento devono prestare il loro servizio ogni giorno e, pertanto, dal momento della loro ordinazione sacra devono vivere in una continua e perfetta continenza.
Ci rifletta: il pastore protestante, terminato il suo sermone settimanale, ha quasi terminato il suo compito. Così il rabbino. Possiamo dire la stessa cosa dei preti cattolici? Il compito del prete non finisce con la messa della domenica. È una missione, la loro, senza soste, 7 giorni su 7, in teoria a disposizione dei fedeli e di Dio 24 ore su 24. È praticamente impensabile un prete cattolico sposato… sarebbe o un pessimo marito o un pessimo prete, o più sicuramente pessimo marito, padre e prete. Senza contare le dinastie sacerdotali, le caste familiari che ne nascerebbero.
Datando il celibato a mille anni fa, papa Francesco sembra rifarsi a un cavallo di battaglia della propaganda manipolata dei vecchi luterani e calvinisti, che collocavano il celibato e la castità clericale al 1139, col secondo Concilio del Laterano.
In realtà si stabilì proprio allora che eventuali matrimoni contratti da componenti del clero non erano soltanto illeciti ma anche invalidi. Dunque nulli, mai avvenuti. Questa grave sanzione sta a testimoniare proprio che quell’obbligo era una disciplina radicata, sempre esistita.
Nell’intervista a Scalfari il papa ha fatto presente anche la sua stima per la comunità Valdese… notoriamente favorevole a matrimoni di tutti i tipi, gay compresi… nonché vescovesse, magari lesbiche militanti.
Guardi, a proposito dei Valdesi. È emblematico il fatto che, preoccupati soprattutto di restare fedeli alla Chiesa delle origini, abbiano stabilito il celibato per i loro pastori, i “barba” (gli zii, come li chiamavano), e vi abbiano rinunciato a malincuore e tra polemiche solo nel XVI secolo, per aderire alla Riforma calvinista.
Il Papa a Scalfari ha assicurato che il problema del celibato dei preti «certamente esiste ma non è di grande entità. Ci vuole tempo ma le soluzioni ci sono e le troverò».
Temo che questi “problemi” e queste “soluzioni” esistano solo nella testa di laicisti e radicali novantenni come Scalfari, non in quella della maggioranza dei preti e dei cattolici. Men che meno del Papa.
Qualcuno dice che il matrimonio per i preti li terrebbe lontani dagli abusi sessuali…
Sì, ne discusse approfonditamente un tempo la conferenza episcopale statunitense. Con dati che sarebbero sconcertanti, non fossero ovvi: la quasi totalità degli abusi sessuali accertati, commessi da consacrati, è stata consumata non su bambini prepuberi, ma su adolescenti. Tutti quanti maschi. Ciò sta a significare tre cose: che il problema non è la pedofilia, ma l’efebofilia; che questa è il diretto prodotto della pederastia; dunque, trattandosi di pederasti non vedo cosa avrebbero potuto farsene di una moglie. Il problema non è il celibato; il problema è quello spirito liberal che imperò negli anni ’80 tra il clero, e che spalancò le porte dei seminari agli omosessuali più o meno espliciti. I risultati si videro nei due decenni successivi: scandali, abusi e pedofilia, tutti a sfondo omoerotico. È una dato di fatto, non un pregiudizio .
Perché Scalfari, ateo incrollabile, sembra essere così ossessionato non solo dai temi escatologici, dall’aldilà, ma anche dai papi? Da Francesco, per la precisione: ne è entusiasta, sembra non poterne più fare a meno di parlarci, intervistarlo, scriverne. Questo antico anticlericale parla solo di cattolicesimo e di papato, ormai.
Un altro è Corrado Augias. Li osservo con curiosità, sorrido, ma non ne sono sorpreso. Arrivati alle soglie del Mistero o fanno come l’Augias, l’allievo dei Maristi sino alla maturità, che cercano teologi “adulti” che li tranquillizzino, dicendogli che o non c’è niente o tutti si salvano; oppure alla Scalfari: meno male, ecco un papa che ha abolito la nozione stessa di peccato. Pensi la contraddizione: si entusiasmano per la “misericordia”, dimenticando che questa presuppone, appunto, il peccato. Se non c’è questo, che bisogno c’è di misericordia?
Un’ansia di rassicurazione che a me non fa certo rabbia ma compassione. Non voglio sembrare edificante ma va pur detto: c’è da pregare per loro.
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