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In Québec tre omosessuali adottano una bambina e pretendono di essere tutti e tre genitori. Una sentenza che abbatte i limiti della filiazione riconosce le famiglie poliamorose, lasciando i piccoli in balìa dei desideri degli adulti.
Di Caterina Giojelli, 12 Ottobre 2025
Un trio di uomini gay in Québec ha adottato una bambina. Tre uomini che rivendicano uguali diritti genitoriali per ciascuno, e che, grazie alla sentenza di un giudice sperano di vedere finalmente esaudita la loro rivendicazione. Un ribaltamento radicale della nozione di “genitore” che si è già tradotto in realtà concreta, con una bambina al centro. Anzi, più bambini.
Ad aprile, un giudice della corte superiore del Québec ha infatti sentenziato che limitare il numero dei genitori a uno o due è incostituzionale. Che fissare un massimo di due legami di filiazione trasmette l’idea che solo le famiglie considerate “normali”, con due genitori al massimo, siano valide e degne di riconoscimento legale. Ha sostenuto che questa regola perpetui svantaggi per le famiglie non tradizionali. In pratica ha cancellato 44 articoli del Codice civile ritenuti discriminatori verso le famiglie composte da più di due genitori, stabilendo che il governo ha un anno di tempo per modificare il Codice senza discriminare i diversi modelli familiari. Secondo il Mail dietro l’operazione di riconoscimento delle famiglie “multigenitoriali” ci sarebbe l’attivista Mona Greenbaum, alla guida della LGBT+ Family Coalition, le cui campagne risultano ampiamente finanziate dai contribuenti: il governo coprirebbe infatti due terzi del budget dell’organizzazione e il suo stipendio a sei cifre.
«La legge si è evoluta, i bambini devono poter avere più di due genitori»
Attenzione: non stiamo parlando – come ha chiarito l’avvocato Marc-André Landry, che ha rappresentato una delle famiglie coinvolte nel caso al vaglio del giudice -, di patrigni, matrigne o famiglie che si formano dopo la nascita del bambino. Ma di «più adulti coinvolti in una relazione “prima” del concepimento del bambino», di un «“progetto genitoriale” in atto prima della creazione del bambino». «Non si tratta di genitori acquisiti o altre potenziali realtà, si tratta piuttosto di tre persone che si siedono e dicono: “Dovremmo avere un figlio insieme”. Nessuno dovrebbe essere trattato in modo diverso a causa del proprio stato familiare».
Nel caso specifico, le tre famiglie coinvolte erano: una “coppia a tre”, ovvero tre adulti, cioè un uomo e due donne, dal cui triangolo sono nati quattro figli. Una coppia lesbica che desiderava che il donatore di sperma venisse riconosciuto come figura paterna (il padre, sic). Una donna che soffriva di infertilità e aveva permesso al marito di avere un figlio con un’amica, la quale ha chiesto poi di continuare a essere riconosciuta come madre (sic). «La legge si è evoluta, e le famiglie omosessuali esistono, sono accettate, e in realtà non rappresentano più un problema in Canada», sostiene l’avvocato, paragonando il riconoscimento delle famiglie multigenitoriali e poliamorose a quello dei gay negli anni 80 e 90. «Qui è la stessa cosa. La legge deve evolversi per adattarsi alla realtà di tutti i cittadini canadesi e di quei bambini che non hanno scelto di nascere in famiglie con più genitori. Devono avere la stessa protezione, gli stessi diritti di qualsiasi altro bambino, secondo la legge».
La legge del “fatto compiuto”
Non sentite la stessa musica della maternità surrogata? Prima si fabbrica il fatto compiuto – il bambino nasce – e poi si chiede al diritto di adeguare, riconoscere, normalizzare il fatto. Il bambino come grimaldello, come passepartout. Non conta come è arrivato al mondo; conta solo che c’è, e dunque bisogna piegare le norme per accontentare gli adulti.
Il copione si ripete puntuale anche in Canada. Tre uomini hanno adottato una bambina grazie alla DPJ, la direzione della protezione dell’infanzia. Il Québec ha presentato ricorso contro la decisione e questo irrita molto il trio che vorrebbe beneficiare della sentenza e portare da due a tre il numero di genitori riconosciuti nella loro situazione come già accade in altre province canadesi, tra cui l’Ontario e la Columbia Britannica: «Pensiamo che in ogni caso la questione potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema. Ma siamo rattristati dal fatto di non essere sostenuti dal nostro governo, che dovrebbe essere un governo aperto e desideroso di aiutare ogni singola famiglia».
I tre “papà” gay del Canada e l’azzeramento della biologia
Il caso recente (reso noto da La Presse e CTV) non è un esperimento futuribile: è il frutto inevitabile dell’interpretazione giuridica che pone il “desiderio di relazione” al di sopra di tutto. Questi tre uomini – che si dichiarano famiglia – chiedono che ciascuno abbia piena responsabilità legale, cura, successione, decisioni mediche. Chi sostiene queste rivoluzioni giuridiche si copre dietro retoriche di uguaglianza, di diritti negati, di discriminazione di «non-traditional families» che subiscono uno svantaggio. Ma raramente si affrontano le contraddizioni del “laboratorio famiglia”.
Uno. Se in una famiglia poliamorosa si rompe la relazione (tradimento, litigio, separazione), quale schema giuridico gestirà il conflitto fra tre o più “genitori”? Quale criterio sarà usato per decidere chi ha diritto all’affidamento, alle visite, all’esclusività? Due: quali conseguenze porta l’azzeramento della “biologia” come vincolo? La sentenza e le sue virgolette vogliono far credere che la biologia oggi sia neutra: “filiazione” non è più legata al vincolo biologico, bensì al patto sociale che gli adulti fanno prima della concezione. Tradotto: un bambino non è più “figlio”, diventa, in qualche misura, “prodotto del volere”. E quando la legge si scolla dalla realtà biologica, la filiazione diventa arbitrio.
I diritti dei bambini come ostacolo ai desideri degli adulti
Tre: fin quando si possono moltiplicare delle rivendicazioni? Se oggi tre genitori, domani quattro, cinque; se si riconosce il “desiderio” come criterio legittimo, non vi è principio che limiti il numero. E se un adulto afferma un desiderio particolarmente bizzarro (più genitori, relazioni complesse, reti multiple), il diritto sarà obbligato a seguire? Quattro: dove finisce il primato del desiderio sull’interesse del bambino? Il diritto esiste per proteggere i soggetti deboli, non per servire i desideri forti degli adulti. Quando l’ordine giuridico si mette al servizio dell’ordine affettivo, dimentica che il bambino non è una creazione degli adulti, ma un soggetto con diritti propri. E chi difende quei diritti quando diventano ostacolo ai piani degli adulti?
La sentenza di aprile compie un altro passo verso l’ordine del diritto rovesciato – dove il desiderio adulto crea la norma, e il bambino si piega alla norma. Il caso del trio che adotta una bambina è la manifestazione pratica di quella volontà: plasmare il mondo giuridico affinché il loro schema affettivo e sessuale venga “riconosciuto”.
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