
Aldo Maria Valli, 22 ott 2025
In occasione della presentazione del rapporto sulla libertà religiosa di Aiuto alla Chiesa che soffre, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, ha affermato che la violenza in Nigeria “non è un conflitto religioso [tra musulmani e cristiani], ma piuttosto sociale, ad esempio, controversie tra pastori e agricoltori “. Ha aggiunto: “Dobbiamo riconoscere che anche molti musulmani in Nigeria sono vittime della stessa intolleranza. Si tratta di gruppi estremisti che non fanno distinzioni nel perseguimento dei loro obiettivi”.
Queste parole, ammantate di prudenza diplomatica, sono in realtà una ferita aperta per i cristiani nigeriani, che vedono diluito e relativizzato il martirio di migliaia di fedeli uccisi per la loro fede.
Boko Haram non è un “problema sociale”. Ridurre Boko Haram e i suoi delegati (lo Stato Islamico dell’Africa occidentale) a un mero fenomeno “sociale” di contadini contro pastori è una distorsione della realtà. Boko Haram è nato esplicitamente come movimento jihadista, legato prima ad al-Qaeda e poi all’Isis, con un obiettivo dichiarato: imporre la legge della Sharia e sradicare il cristianesimo dalla Nigeria settentrionale.
Non stiamo parlando di conflitti per il bestiame o per i pozzi d’acqua, ma di attentati suicidi nelle chiese durante la messa, di villaggi cristiani rasi al suolo, di seminaristi e suore rapiti e di ragazze costrette a convertirsi all’Islam sotto minaccia di morte. Come possiamo definirlo un problema “sociale”?
In risposta alle parole edulcorate di Parolin, i vescovi nigeriani hanno denunciato la sistematica persecuzione religiosa dei cristiani. Loro, che seppelliscono i fedeli uccisi, non parlano di conflitti tribali, ma di martirio.
Il Vaticano preferisce invece l’ambiguità diplomatica, come se nominare il carnefice – l’Islam radicale – fosse un ostacolo al dialogo interreligioso.
Non si tratta di incolpare l’Islam in generale, poiché milioni di musulmani sono anch’essi vittime dell’estremismo. Ma negare la motivazione religiosa di Boko Haram significa coprire il sangue dei martiri.
Cristo non è morto per un conflitto “sociale”, e nemmeno i cristiani nigeriani muoiono oggi per dispute territoriali: muoiono perché confessano il Nome di Gesù.
La diplomazia vaticana può strappare sorrisi nelle cancellerie, ma rischia di perdere la voce profetica che deve ricordare al mondo che in Nigeria esiste una vera Chiesa di martiri.
infovaticana
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