venerdì 9 maggio 2025

La liturgia tradizionale riempie le chiese, eppure i prelati continuano ad opporvisi



Immagine generata con l’intelligenza artificiale (ChatGPT – DALL·E),
modificata con Canva Pro




di Michael Haynes

Mentre le statistiche vaticane documentano un ulteriore calo del numero di sacerdoti cattolici e seminaristi, molti responsabili della Chiesa sembrano decisi a fare qualsiasi cosa fuorché tornare alle pratiche tradizionali — nonostante gli istituti tradizionali continuino a registrare una crescita costante di vocazioni e partecipazione.

Le ultime statistiche ufficiali rilasciate dal Vaticano sulla Chiesa cattolica non sono affatto rassicuranti. È vero che il numero complessivo dei cattolici è aumentato, ma allo stesso tempo il numero di sacerdoti e seminaristi ha continuato a diminuire. In effetti, il calo del numero di seminaristi prosegue senza interruzione dal 2012.

Nel 2023 ci sono solo 106.495 seminaristi in tutto il mondo, in calo rispetto ai 108.481 del 2022. Il numero più alto degli ultimi anni si registrò nel 2011, con 120.616 uomini in formazione per il sacerdozio.

A partire dal 2021, ogni anno ha segnato un nuovo minimo storico nel numero di seminaristi rispetto all’Anno Giubilare del 2000.

Anche il numero di sacerdoti è in calo, sebbene non in modo così drammatico — ma è solo questione di tempo. Un gran numero di parrocchie — e molti cattolici sapranno pensare a esempi vicini — è servito da sacerdoti anziani, ormai sui settanta o ottant’anni.

Man mano che questi sacerdoti si ritirano o tornano alla casa del Padre, molte parrocchie restano senza parroco, e i dati mostrano che non esiste un ricambio generazionale nei seminari. La Germania — nazione le cui notizie cattoliche sono da anni dominate dal “Cammino Sinodale” altamente eterodosso — è un esempio lampante di questo declino. Statistiche clamorose mostrano che nel 2024 si è toccato un nuovo minimo storico di ordinazioni nelle 27 diocesi tedesche: solo 29 sacerdoti in totale.

Il trend decrescente della Germania è in atto dal 1962, anno in cui si registrarono 557 ordinazioni. Da allora, a parte pochi anni con lievi aumenti, quel numero ha continuato a diminuire fino al nuovo minimo di 29, con alcune diocesi che non hanno avuto neanche un’ordinazione.

Un aumento degno di nota nelle ordinazioni si è verificato in Germania verso la fine degli anni Ottanta, quando i giovani entrati in seminario dopo l’elezione di Papa Giovanni Paolo II arrivarono all’altare. Ma dal 1992, anche quei numeri hanno subito un declino costante.

Nel 2023, i vescovi cattolici irlandesi hanno dato inizio a un anno di preghiera per le vocazioni, poiché l’antico seminario nazionale di Maynooth ospitava solo 21 seminaristi, a fronte delle centinaia per cui era stato costruito. Delle 26 diocesi in Irlanda, 10 non avevano alcun seminarista in formazione, secondo un rapporto di settembre 2022 pubblicato all’epoca dall’Irish Catholic.

L’involuzione delle vocazioni in Irlanda è stata notata da tempo dagli osservatori più attenti. Dal 1993, ben otto seminari diocesani hanno chiuso i battenti sull’isola, a causa dell’erosione costante della fede cattolica e delle vocazioni.

Per quanto riguarda dati più specifici degli Stati Uniti, il quadro è altrettanto allarmante. Uno studio recente ha mostrato che solo 16 delle oltre 150 diocesi americane hanno ordinato un numero sufficiente di sacerdoti per mantenere il livello attuale del clero. Considerando che il numero complessivo dei sacerdoti è già in declino da anni, mantenere lo “status quo” non è affatto un grande risultato.

Per tutte le altre diocesi americane, nemmeno questa parità è stata raggiunta. La situazione peggiorerà presto, come rilevato dallo studio, secondo cui le diocesi intervistate “riportano che circa il 40% dei loro sacerdoti attivi ha più di 60 anni”. Questa media varia ampiamente, con una diocesi che ha dichiarato che circa il 70% dei suoi sacerdoti ha superato i 60 anni.

Di fronte a questa crisi evidente e innegabile, un cattolico di buon senso potrebbe aspettarsi che i responsabili della Chiesa cerchino soluzioni valide, consapevoli dell’urgenza di correggere ciò che ha causato un crollo così drammatico delle vocazioni sacerdotali.

Eppure, così non sembra essere.

Solo pochi giorni fa, l’arcidiocesi di Chicago si è vantata del modernismo liturgico promosso dall’attuale cardinale Blase Cupich, ricordando come una delle sue prime priorità nel 2014 fu quella di introdurre le ministranti nella cattedrale. L’arcidiocesi, che conta poco meno di 2 milioni di cattolici, ha visto un numero costantemente basso di ordinazioni rispetto alla sua dimensione: quattro sacerdoti ordinati nel 2024 e cinque nel 2023 — un dato che diversi commentatori hanno prontamente evidenziato.

Gli storici della Chiesa hanno ampiamente documentato il crollo delle vocazioni sacerdotali e della frequenza alla Messa negli anni successivi al Concilio Vaticano II.

Negli Stati Uniti, mentre nel 1965 c’erano 58.000 sacerdoti, nel 2002 erano solo 45.000, nonostante la crescita della popolazione. Le ordinazioni, che nel 1965 furono 1.575, nel 2002 erano scese a sole 450.

Nel 1955, il 75% dei cattolici americani partecipava alla Messa settimanalmente; questa percentuale era scesa al 50% a metà degli anni Novanta, e ulteriormente ridotta al 39% tra il 2014 e il 2017.

Studiosi di diversi Paesi hanno documentato con competenza questo crollo esplosivo della fede. Numericamente parlando, la Chiesa è in uno stato disastroso.

Uno dei pochissimi segni di speranza per la Chiesa negli ultimi anni — in termini di vitalità — è rappresentato dalla Messa tradizionale, comunemente nota come Messa in latino. Il pellegrinaggio annuale della Messa in latino a Chartres, in Francia, ne è forse la testimonianza più visibile degli ultimi tempi. Frequentato principalmente da giovani sotto i 20 anni, il pellegrinaggio di tre giorni durante la Pentecoste ha continuato a crescere, battendo record di partecipazione negli ultimi anni. L’edizione del 2024 ha visto la presenza di 18.000 persone.

I gruppi sacerdotali legati alla Messa in latino hanno anch’essi registrato anno dopo anno nuovi record di ingressi nei loro seminari, nonostante — e secondo alcuni anche grazie a — le restrizioni imposte dal Papa alla Messa tradizionale.

Giovani sacerdoti tradizionali hanno raccontato che, quando predicano la dottrina cattolica nella sua interezza, sono i liberali deviati a protestare — gli stessi che già, implicitamente, rifiutano gran parte dell’insegnamento cattolico. Eppure, le giovani famiglie desiderose di vivere veramente la loro fede non si lamentano quando il sacerdote proclama la verità dal pulpito.

I giovani attratti da queste comunità e società legate alla Messa in latino tendono a sfidare le norme culturali: sono desiderosi di abbracciare uno stile di vita disciplinato e una formazione rigorosa in ogni aspetto necessario alla vita sacerdotale. Ma, cosa ancor più importante, sono proprio questi sacerdoti ad attrarre attorno a sé un gran numero di famiglie numerose, mentre le abitudini liturgiche eterodosse e svuotate di molte parrocchie moderne continuano a far perdere fedeli — dimostrando visibilmente dove si trova il futuro pratico della Chiesa.

Nonostante ciò, come è ampiamente documentato, i vertici della Chiesa sembrano determinati a fare qualsiasi cosa fuorché promuovere la Messa tradizionale, e dunque ad aprire la strada a molte vocazioni e a giovani famiglie nella Chiesa.

Spiegando perché ha introdotto restrizioni così ampie alla Messa tradizionale, Papa Francesco ha affermato che “non è sano che la liturgia diventi ideologia”. In un’altra occasione ha definito la devozione alla Messa in latino una “malattia nostalgica”.

Eppure, numerosi studiosi, teologi, liturgisti e storici hanno evidenziato come i cambiamenti liturgici e pastorali successivi al Vaticano II abbiano portato a un crollo massiccio della fede cattolica. Papa Francesco, però, ha recentemente ribadito che la Chiesa deve proseguire su quella stessa linea. “Abbiamo ancora bisogno di attuare pienamente il Concilio Vaticano II”, ha scritto nelle sue memorie, Hope.

Il cardinale Gerhard Müller ha celebrato la Messa conclusiva del pellegrinaggio di Chartres 2024 e ha riferito che “un alto rappresentante del Dicastero per il Culto Divino” ha espresso disappunto nell’apprendere l’enorme numero di giovani presenti al pellegrinaggio tradizionale. Il cardinale ha raccontato che il funzionario “ha obiettato che ciò non era affatto motivo di gioia, poiché la Santa Messa era celebrata secondo l’antico rito latino straordinario”.

“La Chiesa è in crisi e le famiglie accorrono a questo pellegrinaggio”, ha osservato l’anno scorso Jean des Tauriers, presidente uscente del Pellegrinaggio di Chartres. “Si avvicinano al rito tradizionale proprio a causa della crisi nella Chiesa, e per trasmettere semplicemente la fede ai loro figli.”

Molti sacerdoti delle parrocchie legate alla Messa in latino lo hanno confermato negli anni successivi al COVID: le loro comunità sono raddoppiate o triplicate, man mano che i fedeli cercavano disperatamente un luogo dove poter ancora assistere alla Messa. Per alcuni, fu proprio il fatto che lì si celebrasse la Messa a colpirli; per altri, fu decisiva la possibilità di ricevere la Comunione in modo riverente, sulla lingua, mentre altrove questo gesto veniva vietato.

Le prove, in ogni epoca, dimostrano che le persone sono attratte dalla tradizione, dalla verità, dalla bellezza e dalla riverenza. E questo lo si sta vedendo ancora una volta, con il ritorno lento ma deciso della Messa tradizionale, a fronte del declino delle liturgie e delle parrocchie eterodosse e conformiste.

Michael Haynes è un giornalista inglese con sede a Roma, membro della Sala Stampa della Santa Sede. Scrive principalmente per LifeSiteNews e PerMariam.



Fonte: Tfp.org, 29 Aprile 2025. Traduzione a cura di Tradizione Famiglia Proprietà – Italia.




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