lunedì 3 marzo 2025

La mistica del XX secolo Wanda Boniszewska portò le stimmate per i sacerdoti


Wanda Boniszewska, suora polacca che ricevette le stimmate
 e visioni che la chiamavano a soffrire per la santificazione dei sacerdoti. 
La sua causa di beatificazione è ora aperta.




di John M. Grondelski, 3 marzo 2025

Wanda Boniszewska era una suora polacca, membro della Congregazione delle Suore dei Santi Angeli, morta il 2 marzo 2003. Il processo per la sua beatificazione è stato avviato dall’arcidiocesi di Varsavia nel 2020.

Era nata nel 1907 a Nowa Kamionka, un villaggio allora in Polonia, oggi in Bielorussia, vicino alla città di Navahrudak (Nowogródek). Nel 1925 è entrata nella Congregazione degli Angeli a Vilnius (Wilno), ora in Lituania e poi in Polonia.

Cosa la contraddistingue? Due cose.

Si dice che suor Wanda avesse visioni mistiche, che scriveva. Si dice anche che per un certo periodo della sua vita (almeno negli anni Trenta) abbia portato le stigmate, ovvero ferite alle mani, ai piedi e al costato e segni di flagellazione. Si manifestavano in modo irregolare, ma di solito il giovedì e il venerdì, in particolare durante la Quaresima.

Nelle sue visioni, suor Wanda comprendeva che la sua sofferenza e le sue ferite erano per la purificazione e la salvezza dei sacerdoti. Gli scritti parlano della necessità di una sofferenza espiatoria per i sacerdoti che hanno trattato il loro lavoro di salvare gli altri con troppa superficialità o che erano disperati. Scriveva regolarmente del desiderio di Nostro Signore che i sacerdoti realizzassero la loro sublime vocazione di alter Christus.

La seconda fase delle sofferenze di suor Wanda iniziò negli anni Quaranta. L’area in cui era nata fu confiscata alla Polonia dall’Unione Sovietica nell’ambito del Patto Ribbentrop-Molotov, quando la Russia era alleata della Germania nazista. L’anno successivo anche la Lituania (compresa Vilnius, che fino alla Seconda guerra mondiale faceva parte della Polonia) fu occupata dall’URSS secondo i termini del Patto.
Come suora e come polacca, suor Wanda fu considerata sospetta dalle autorità sovietiche e sottoposta a continue indagini. Nel 1950, fu arrestata e accusata di essere un’agente del Vaticano, condannata a 10 anni in un campo di lavoro negli Urali. Lasciò anche un resoconto scritto delle sue esperienze spirituali come prigioniera del Gulag russo.

La morte di Stalin nel 1956 produsse un limitato disgelo nella repressione sovietica e, dopo sei anni nel campo, suor Wanda fu rilasciata nelle vicinanze di Mosca. Essendo polacca, fu poi rimpatriata dai sovietici nel loro Stato satellite polacco. Ha vissuto il resto dei suoi anni in varie case della sua congregazione fino alla morte, avvenuta nel 2003 a Konstancin-Jeziorna, appena fuori Varsavia, dove è sepolta.

Il mio interesse a far conoscere suor Wanda al mondo intero deriva da una serie di esperienze.
Innanzitutto, ho l’impressione che il luogo in cui è nata, vicino all’odierna Navahrudak in Bielorussia, abbia prodotto una buona dose di santi del XX secolo. L’ho visitato nel 2003 e ho pregato sulla tomba delle “martiri di Nowogródek, 10 sorelle sepolte nella chiesa di San Michele. Al culmine dell’occupazione tedesca, mentre le persone venivano rastrellate e uccise, le suore si offrirono in preghiera per sostituire questi uomini. Poco dopo, un sabato sera di fine luglio 1943, vennero radunate dalla Gestapo locale per essere interrogate, poi portate la mattina dopo nella foresta, fucilate e sepolte in una fossa comune.

Due cose: Dopo la loro esecuzione, il ritmo della persecuzione si allentò. E una delle suore, suor Józefa Chrobot, potrebbe aver visto realizzata la sua promessa mistica. Ha rotto il suo fidanzamento e si è recata nell’odierna Bielorussia, dove si è unita a un ordine religioso perché ha sentito Dio dirle: “Il tuo amato ti aspetta lì e ti darà un vestito rosso come regalo di nozze”. Quando i corpi delle suore furono riesumati, fu chiaro che suor Józefa era caduta nella tomba in modo tale che il sangue di tutte le suore si era riversato su di lei. Il banchetto di nozze dell’Agnello è inaspettato.

In secondo luogo, ho conosciuto la storia di suor Wanda per puro caso. Una domenica dopo la sua morte, in una parrocchia che frequentavo raramente, ho preso un libro che raccontava la sua storia. Sono stata colpito dalla consapevolezza che una stigmatizzata moderna viveva a circa 10 miglia da me. Mi ha colpito anche vedere il nome dell’autore del libro, padre Jan Pryszmont.

Conoscevo padre Pryszmont intellettualmente, come teologo morale che avevo studiato. Da quello che avevo letto, sapevo che era un teologo serio e non sospettavo che fosse incline a voli di fantasia. Detto questo, non avevo mai conosciuto questo lato di lui, né sapevo che vivesse a circa cinque miglia da me. Sono andato a trovarlo. Parlammo e mi mostrò i dattiloscritti originali dei diari di suor Wanda, circa 600 pagine di manoscritti.

Alla fine mi sono reso conto – e ne sono tuttora convinto – della tempestività della vocazione di suor Wanda. La sua storia è arrivata alla mia attenzione non molto tempo dopo che la prima ondata di abusi sessuali da parte di sacerdoti – la crisi di Boston – ha colpito l’opinione pubblica americana. Da allora, la seconda ondata – lo scandalo McCarrick e il successivo stillicidio di predazione clericale e insabbiamento episcopale – sembra aver superato la sporcizia della prima. Mi convince che il tipo di sofferenza sacrificale ed espiatoria che suor Wanda (e, da quello che ho sentito, altre anime) ha sopportato per la santità clericale non possa essere stata una loro fissazione psicologica, ma provenga da un luogo ben diverso: come risposta del cielo all’attacco dell’inferno.

Così, mentre si avvia il processo di indagine su suor Wanda, suggerisco il valore di invocare la sua intercessione per aiutare a purificare la nostra Chiesa, per renderla nei suoi sacerdoti “una chiesa radiosa, senza macchia né ruga o altro difetto, ma santa e irreprensibile” (Efesini 5:27).



(L’articolo che il prof. John M. Grondelski ha inviato dagli Stati Uniti al blog è apparso in precedenza su National Catholic Register. La traduzione è a cura di Sabino Paciolla)





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