IL DOCUMENTO FINALE DEL SINODO
ECCLESIA
Nico Spuntoni, 27-10-2019
I 185 padri sinodali aventi diritto hanno votato il documento finale del Sinodo speciale dei Vescovi per la Regione Panamazzonica. Il testo non è vincolante ma sarà offerto a papa Francesco in vista della preparazione dell'apposita esortazione post-sinodale. Nel documento finale è entrata la proposta di istituire un rito amazzonico. Passa anche una "teologia dal volto amazzonico". Ha trovato posto il diaconato permanente anche per le donne. E nell'ambito dei nuovi ministeri, viene proposta nel documento anche la possibilità per i laici di esercitare la cura pastorale, in assenza di un sacerdote nella comunità. Su nessuno dei punti proposti, comunque, c'è l'unanimità. Opposizioni forti di minoranze di padri sinodali soprattutto sul rito amazzonico e sulla "teologia dal volto amazzonico". E intanto la Pachamama, ripescata dal Tevere, torna in chiesa.
I 185 padri sinodali aventi diritto hanno votato il documento finale del Sinodo speciale dei Vescovi per la Regione Panamazzonica. Il testo non è vincolante ma sarà offerto a papa Francesco in vista della preparazione dell'apposita esortazione post-sinodale. Un'esortazione che, ha chiarito il pontefice durante l'ultima sessione dell'assemblea, potrebbe essere pubblicata entro la fine dell'anno. Quali sono le indicazioni che i padri sinodali hanno offerto al Santo Padre con la votazione di ieri?
Intanto, nel documento finale è entrata la proposta di istituire un rito amazzonico. Sarà compito di un nuovo organismo ecclesiale regionale – altra novità sancita dal testo finale e sulla cui creazione viene riconosciuto un ruolo ufficiale a Repam - far nascere una commissione che "secondo usi e costumi delle popolazioni ancestrali" sarà chiamata all'"elaborazione di un rito amazzonico, che esprime il patrimonio liturgico, teologico, disciplinare e spirituale amazzonico". Il passaggio fa esplicito riferimento a quanto stabilito dalla Lumen Gentium sulle Chiese orientali ("Per divina Provvidenza è avvenuto che varie Chiese, in vari luoghi stabilite dagli apostoli e dai loro successori, durante i secoli si sono costituite in vari raggruppamenti, organicamente congiunti, i quali, salva restando l'unità della fede e l'unica costituzione divina della Chiesa universale, godono di una propria disciplina, di un proprio uso liturgico, di un proprio patrimonio teologico e spirituale").
Un concetto rafforzato dalle righe successive, dove viene affermato che "ciò si aggiungerebbe ai riti già presenti nella Chiesa, arricchendo il lavoro di evangelizzazione, la capacità di identificare la fede in una cultura propria e il senso di decentralizzazione e collegialità della cattolicità della Chiesa". Nel documento si fa menzione anche della possibilità di "studiare e proporre come arricchire i riti ecclesiali con il modo in cui questi popoli si preoccupano del loro territorio e si relazionano con le loro acque". Questo paragrafo, il numero 119, è stato uno di quelli che ha raccolto più voti contrari: 29 contro i 140 positivi. In generale, è il capitolo dedicato ai riti per i popoli indigeni ad aver incassato il maggior numero di "non placet". A 22 padri sinodali non è piaciuto l'appello a dare "una risposta veramente cattolica alla richiesta delle comunità amazzoniche di adattare la liturgia valorizzando la visione del mondo, le tradizioni, i simboli e i riti originari che includono dimensioni trascendenti, comunitarie ed ecologiche" (paragrafo 116).
Così come non c'è stata unanimità sulla liturgia, non c'è stata neppure sul tema dell'inculturazione della teologia: a 17 padri sinodali non è piaciuto il paragrafo 54 sulla teologia dal volto amazzonico nel quale si riconosce che il "mondo indigeno con i suoi miti, narrativa, riti, canzoni, danza ed espressioni spirituali arricchisce l'incontro interculturale" e si specifica che "l'evangelizzazione della Chiesa non è un processo di distruzione, ma di consolidamento e rafforzamento di questi valori; un contributo alla crescita dei 'germi del verbo' presenti nelle culture".
All'uscita dall'aula dei lavori, monsignor Erwin Krautler, il vescovo austriaco precursore di questo Sinodo e grande supporter dell'ordinazione di preti sposati e diaconato femminile, si è detto contento per il risultato. Non poteva essere altrimenti: tutte le proposte più 'ardite' da lui sostenute con gran forza hanno trovato spazio nel documento finale. Al paragrafo 103, partendo dall'importanza del ruolo delle religiose nella regione più volte emersa durante queste tre settimane, si è fatta menzione della ripetuta richiesta del diaconato permanente anche per le donne sollevata durante le consultazioni. A queste righe è seguito il rimando diretto al "risultato parziale" conseguito dalla Commissione di Studio sul Diaconato delle donne istituita da papa Francesco nel 2016 e che aveva concluso i suoi lavori nel dicembre del 2018. All'epoca, commentando le conclusioni della Commissione, Bergoglio aveva detto che il risultato non era un granché ed aveva affermato di non poter fare "un decreto sacramentale senza un fondamento teologico, storico". Oggi, al termine dei lavori del Sinodo, il pontefice ha annunciato che convocherà di nuovo la Commissione chiamata a studiare sulla possibilità invocata da diversi padri sinodali durante queste tre settimane.
Nell'ambito dei nuovi ministeri, anticipato da paragrafi dedicati all'importanza della missione dei laici e alla necessità di dare a loro il compito di delineare il volto amazzonico della Chiesa, non è mancato un passaggio sull'altra grande questione del Sinodo, quella relativa ai cosiddetti 'viri probati'. I padri sinodali hanno votato la possibilità che “il vescovo, per un determinato periodo di tempo, data l'assenza dei sacerdoti nelle comunità, potrebbe delegare l'esercizio della cura pastorale a una persona non investita del carattere sacerdotale, che sia membro della comunità”. Per evitare i “personalismi”, si è richiesto inoltre che la carica sia a rotazione. Ben 41 pareri contrari al paragrafo numero 111 in cui - tirando in ballo le note difficoltà di molte delle "comunità ecclesiali del territorio amazzonico" ad accedere all'Eucaristia per lunghi periodi - viene proposto di "stabilire criteri e disposizioni da parte dell'autorità competente (...) per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana predicando la Parola e celebrando i Sacramenti nelle aree più remote della regione amazzonica". L'espressione "viri probati" non compare, un po' a sorpresa, nel documento ma la sensazione è che il contenuto di questo paragrafo possa rappresentare in futuro uno spiraglio per avallare la loro istituzione. Sintomatica della volontà di alcuni dei padri sinodali di fare dell'Amazzonia un banco di prova di una battaglia più generale è la chiosa finale, in cui si lascia agli atti che "alcuni si sono espressi a favore di un approccio universale all'argomento"
Nel suo discorso finale, papa Francesco si è mostrato consapevole del fatto che questo testo potrebbe provocare critiche tra quelle che egli ha definito “elite cattoliche” e che – secondo lui – andranno a rintracciare “le cosette e si dimenticheranno del grande” nel documento finale. Oggi a San Pietro il pontefice celebrerà la messa di chiusura dell'assemblea speciale. “Si vedrà”, come ha detto Bergoglio nel suo intervento di venerdì pomeriggio, se le ormai famosissime pachamama ripescate nel Tevere dai carabinieri saranno esposte in Basilica durante la cerimonia. Intanto, sempre ieri, a pochi metri dall'aula in cui i padri sinodali votavano a maggioranza il documento finale, una delle statue è ritornata a "casa", collocata in bella vista – e circondata di candele - al centro della navata della chiesa di Santa Maria in Traspontina.
Intanto, nel documento finale è entrata la proposta di istituire un rito amazzonico. Sarà compito di un nuovo organismo ecclesiale regionale – altra novità sancita dal testo finale e sulla cui creazione viene riconosciuto un ruolo ufficiale a Repam - far nascere una commissione che "secondo usi e costumi delle popolazioni ancestrali" sarà chiamata all'"elaborazione di un rito amazzonico, che esprime il patrimonio liturgico, teologico, disciplinare e spirituale amazzonico". Il passaggio fa esplicito riferimento a quanto stabilito dalla Lumen Gentium sulle Chiese orientali ("Per divina Provvidenza è avvenuto che varie Chiese, in vari luoghi stabilite dagli apostoli e dai loro successori, durante i secoli si sono costituite in vari raggruppamenti, organicamente congiunti, i quali, salva restando l'unità della fede e l'unica costituzione divina della Chiesa universale, godono di una propria disciplina, di un proprio uso liturgico, di un proprio patrimonio teologico e spirituale").
Un concetto rafforzato dalle righe successive, dove viene affermato che "ciò si aggiungerebbe ai riti già presenti nella Chiesa, arricchendo il lavoro di evangelizzazione, la capacità di identificare la fede in una cultura propria e il senso di decentralizzazione e collegialità della cattolicità della Chiesa". Nel documento si fa menzione anche della possibilità di "studiare e proporre come arricchire i riti ecclesiali con il modo in cui questi popoli si preoccupano del loro territorio e si relazionano con le loro acque". Questo paragrafo, il numero 119, è stato uno di quelli che ha raccolto più voti contrari: 29 contro i 140 positivi. In generale, è il capitolo dedicato ai riti per i popoli indigeni ad aver incassato il maggior numero di "non placet". A 22 padri sinodali non è piaciuto l'appello a dare "una risposta veramente cattolica alla richiesta delle comunità amazzoniche di adattare la liturgia valorizzando la visione del mondo, le tradizioni, i simboli e i riti originari che includono dimensioni trascendenti, comunitarie ed ecologiche" (paragrafo 116).
Così come non c'è stata unanimità sulla liturgia, non c'è stata neppure sul tema dell'inculturazione della teologia: a 17 padri sinodali non è piaciuto il paragrafo 54 sulla teologia dal volto amazzonico nel quale si riconosce che il "mondo indigeno con i suoi miti, narrativa, riti, canzoni, danza ed espressioni spirituali arricchisce l'incontro interculturale" e si specifica che "l'evangelizzazione della Chiesa non è un processo di distruzione, ma di consolidamento e rafforzamento di questi valori; un contributo alla crescita dei 'germi del verbo' presenti nelle culture".
All'uscita dall'aula dei lavori, monsignor Erwin Krautler, il vescovo austriaco precursore di questo Sinodo e grande supporter dell'ordinazione di preti sposati e diaconato femminile, si è detto contento per il risultato. Non poteva essere altrimenti: tutte le proposte più 'ardite' da lui sostenute con gran forza hanno trovato spazio nel documento finale. Al paragrafo 103, partendo dall'importanza del ruolo delle religiose nella regione più volte emersa durante queste tre settimane, si è fatta menzione della ripetuta richiesta del diaconato permanente anche per le donne sollevata durante le consultazioni. A queste righe è seguito il rimando diretto al "risultato parziale" conseguito dalla Commissione di Studio sul Diaconato delle donne istituita da papa Francesco nel 2016 e che aveva concluso i suoi lavori nel dicembre del 2018. All'epoca, commentando le conclusioni della Commissione, Bergoglio aveva detto che il risultato non era un granché ed aveva affermato di non poter fare "un decreto sacramentale senza un fondamento teologico, storico". Oggi, al termine dei lavori del Sinodo, il pontefice ha annunciato che convocherà di nuovo la Commissione chiamata a studiare sulla possibilità invocata da diversi padri sinodali durante queste tre settimane.
Nell'ambito dei nuovi ministeri, anticipato da paragrafi dedicati all'importanza della missione dei laici e alla necessità di dare a loro il compito di delineare il volto amazzonico della Chiesa, non è mancato un passaggio sull'altra grande questione del Sinodo, quella relativa ai cosiddetti 'viri probati'. I padri sinodali hanno votato la possibilità che “il vescovo, per un determinato periodo di tempo, data l'assenza dei sacerdoti nelle comunità, potrebbe delegare l'esercizio della cura pastorale a una persona non investita del carattere sacerdotale, che sia membro della comunità”. Per evitare i “personalismi”, si è richiesto inoltre che la carica sia a rotazione. Ben 41 pareri contrari al paragrafo numero 111 in cui - tirando in ballo le note difficoltà di molte delle "comunità ecclesiali del territorio amazzonico" ad accedere all'Eucaristia per lunghi periodi - viene proposto di "stabilire criteri e disposizioni da parte dell'autorità competente (...) per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, che abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia legittimamente costituita e stabile, per sostenere la vita della comunità cristiana predicando la Parola e celebrando i Sacramenti nelle aree più remote della regione amazzonica". L'espressione "viri probati" non compare, un po' a sorpresa, nel documento ma la sensazione è che il contenuto di questo paragrafo possa rappresentare in futuro uno spiraglio per avallare la loro istituzione. Sintomatica della volontà di alcuni dei padri sinodali di fare dell'Amazzonia un banco di prova di una battaglia più generale è la chiosa finale, in cui si lascia agli atti che "alcuni si sono espressi a favore di un approccio universale all'argomento"
Nel suo discorso finale, papa Francesco si è mostrato consapevole del fatto che questo testo potrebbe provocare critiche tra quelle che egli ha definito “elite cattoliche” e che – secondo lui – andranno a rintracciare “le cosette e si dimenticheranno del grande” nel documento finale. Oggi a San Pietro il pontefice celebrerà la messa di chiusura dell'assemblea speciale. “Si vedrà”, come ha detto Bergoglio nel suo intervento di venerdì pomeriggio, se le ormai famosissime pachamama ripescate nel Tevere dai carabinieri saranno esposte in Basilica durante la cerimonia. Intanto, sempre ieri, a pochi metri dall'aula in cui i padri sinodali votavano a maggioranza il documento finale, una delle statue è ritornata a "casa", collocata in bella vista – e circondata di candele - al centro della navata della chiesa di Santa Maria in Traspontina.
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