All'apertura del Sinodo nei giardini vaticani si celebrano imbarazzanti riti tribali alla "madre terra" sotto gli occhi del Papa. Intanto fuori i fedeli si interrogano sconcertati tra convegni, preghiere pubbliche e testimonianze controcorrente sull'Amazzonia.
di Marco Tosatti, 08-10-2019
Gli ultimi giorni della settimana passata sono stati densi di iniziative – e di preoccupazione – per non pochi cattolici. Domenica si apriva ufficialmente il Sinodo sull’Amazzonia, il cui Documento preparatorio, l’Instrumentum Laboris, ha provocato tante dichiarazioni, prese di posizione e avvertimenti da parte di teologi, cardinali – anche vicini al Pontefice regnante e studiosi – per alcune affermazioni giudicate addirittura eretiche, o apostatiche.
Il clima di inquietudine non si è certo placato di fronte alla cerimonia del 4 ottobre, in cui nei giardini vaticani, alla presenza del Pontefice si è svolta una celebrazione – che potete vedere qui – per certi versi imbarazzante; fra l’altro, al centro della cerimonia, nel “mandala”, un tappeto posato sull’erba, e sul quale erano poggiate statue e oggetti, faceva bella mostra anche un pupazzo maschile con il membro (sproporzionato rispetto alla figura intera) orgogliosamente eretto…
La preoccupazione dei cattolici di tutto il mondo per questo appuntamento, e per la situazione della Chiesa in generale, ha trovato espressione in una serie di appuntamenti e convegni, e in un momento molto particolare, la Preghiera pubblica per la Chiesa. Che si è svolta sabato pomeriggio al Largo Giovanni XXIII, al fondo di via della Conciliazione, con vista su San Pietro, e a cui hanno partecipato circa settecento persone giunte da tutta Italia. Un momento particolare, perché era stato organizzato da “cristiani della strada”, senza nessuna organizzazione alle spalle. E che oltre alla partecipazione in loco è stato seguito “spiritualmente” – da quanto è apparso sui social – da molte persone lontane. Era una preghiera per la Chiesa in passione; e questo concetto è stato affermato con chiarezza e vigore anche venerdì pomeriggio, in una tavola rotonda a Roma (trasmessa in streaming in tutto il mondo e con la platea che ha superato le 5.000 presenze), dal titolo: “La nostra Chiesa: riformata o deformata?”.
Erano presenti grossi nomi del cattolicesimo anglosassone (la conferenza, e le risposte erano tutte in inglese), fra cui John Henry Westen, fondatore di LifeSiteNews, Michael Matt, Michael Voris, Taylor Marshall, Roberto De Mattei, Jeanne Smits, José Antonio Ureta e chi scrive queste righe. Durante gli interventi i partecipanti hanno sottolineato diversi punti di criticità: dal documento di Abu Dhabi, che sembra porre tutte le religioni sullo stesso piano (“volute” da Dio) alla proposta dell’ordinazione femminile, all’attacco al celibato dei preti, alle infiltrazioni per distruggere la Chiesa dall’interno, e naturalmente alle proposte non cristiane presenti nel documento preparatorio del Sinodo.
E alla sparizione dei missionari tradizionali e degli ordini religiosi. John Henry Westen ha affermato sintetizzando, che essere preoccupati, e dirlo “non vuol dire che non si vuole bene a papa Francesco. In realtà non sarebbe amore glissare su tutte queste preoccupazioni monumentali e tacere su di esse, perché danneggiano lui più di tutti. Dovrà rispondere a Cristo nel Giudizio come tutti noi dovremo”. Sul documento di Abu Dhabi, che invece di essere corretto è stato diffuso da tutte le istituzioni cattoliche, è stato detto che la frase “La pluralità e diversità delle religioni, del colore, del genere e della razza e linguaggio sono volute da Dio nella Sua saggezza” è esplosiva: “Le implicazioni della frase sono evidenti: se Dio ha voluto… che esistano parecchie religioni , se ne può dedurre che tutte le religioni sono volontà divina e quindi ciascuno è libero di scegliere la religione che più gli si attaglia”.
Sabato si è invece svolto il convegno – centrato sull’Amazzonia e sul suo Sinodo – organizzato dall'Istituto Plinio Corrêa de Oliveira (IPCO). Fra i tanti interventi di valore ne ricordiamo, in sintesi estrema, due. Che smentiscono i luoghi comuni purtroppo ben presenti nel documento preparatorio del Sinodo, e nella mentalità di molti degli organizzatori. Il primo è quello di un indio, Jonas Marcolino Macuxi. I Macuxi sono un’etnia amazzonica, e Joans ha raccontato che fino a dodici anni di età cacciava e pescava. I suoi genitori erano analfabeti. Ha studiato matematica e si è laureato in diritto. È oggi uno degli esponenti della Società di difesa degli indigeni uniti del Roraima settentrionale. I macuxi nella Raposa Serra do Sol sono circa 12.000. Jonas dice che “il 70% è contro la delimitazione della riserva (…). Siamo integrati, dal 1988 abbiamo l’energia elettrica, automobili, bus e viviamo in villaggi produttivi. La maggioranza assoluta degli indios dell’Amazzonia brasiliana chiede di progredire. Il problema è che ci sono alcuni che vorrebbero farci tornare ancora all’età della pietra”.
E Luiz Carlos Baldicero Molion, metereologo brasiliano, professore e ricercatore all’Universidad Federal de Alagoas, ha detto in buona sostanza che non esistono mutazioni climatiche o riscaldamento globale prodotti dall’uomo ma variazioni naturali del clima. Esistono argomenti fisici concreti che suggeriscono che il riscaldamento globale tra il 1916 e il 1945 è stato causato dall’attività solare (la maggiore degli ultimi 400 anni). Oppure che il riscaldamento del 1976-2005, attribuito a attività umane, è invece stato causato dalla riduzione della copertura nuvolosa del 5% e dalla grande frequenza di eventi come El Niño. Per i prossimi anni è presente una tendenza al raffreddamento (aumenta la copertura nuvolosa) dell’Oceano Pacifico, che è il fattore più importante per il clima globale. In Europa nei prossimi anni ci saranno inverni più lunghi. Molion ha poi negato quel luogo comune secondo cui l’Amazzonia è polmone verde del mondo. Secondo Molion l’Amazzonia non è essenziale per la distribuzione delle piogge in altre regioni lontane dall’America del Sud, perché l’Amazzonia non è fonte di umidità per l’atmosfera. La foresta consuma più ossigeno di quanto ne produca. La foresta non produce acqua, in realtà, ma ricicla l’acqua caduta in piogge precedenti.
Certo, è da verificare quante di queste verità – e dubbi – potranno farsi strada in un Sinodo così ideologicamente prefabbricato e precostituito. Probabilmente molto poche, e l’esperienza dei sinodi precedenti ci dice che quello che accade dietro le alte mura vaticane influenza ben poco i risultati futuri dell’evento, stabiliti prima ancora che i lavori abbiano inizio.
Il clima di inquietudine non si è certo placato di fronte alla cerimonia del 4 ottobre, in cui nei giardini vaticani, alla presenza del Pontefice si è svolta una celebrazione – che potete vedere qui – per certi versi imbarazzante; fra l’altro, al centro della cerimonia, nel “mandala”, un tappeto posato sull’erba, e sul quale erano poggiate statue e oggetti, faceva bella mostra anche un pupazzo maschile con il membro (sproporzionato rispetto alla figura intera) orgogliosamente eretto…
La preoccupazione dei cattolici di tutto il mondo per questo appuntamento, e per la situazione della Chiesa in generale, ha trovato espressione in una serie di appuntamenti e convegni, e in un momento molto particolare, la Preghiera pubblica per la Chiesa. Che si è svolta sabato pomeriggio al Largo Giovanni XXIII, al fondo di via della Conciliazione, con vista su San Pietro, e a cui hanno partecipato circa settecento persone giunte da tutta Italia. Un momento particolare, perché era stato organizzato da “cristiani della strada”, senza nessuna organizzazione alle spalle. E che oltre alla partecipazione in loco è stato seguito “spiritualmente” – da quanto è apparso sui social – da molte persone lontane. Era una preghiera per la Chiesa in passione; e questo concetto è stato affermato con chiarezza e vigore anche venerdì pomeriggio, in una tavola rotonda a Roma (trasmessa in streaming in tutto il mondo e con la platea che ha superato le 5.000 presenze), dal titolo: “La nostra Chiesa: riformata o deformata?”.
Erano presenti grossi nomi del cattolicesimo anglosassone (la conferenza, e le risposte erano tutte in inglese), fra cui John Henry Westen, fondatore di LifeSiteNews, Michael Matt, Michael Voris, Taylor Marshall, Roberto De Mattei, Jeanne Smits, José Antonio Ureta e chi scrive queste righe. Durante gli interventi i partecipanti hanno sottolineato diversi punti di criticità: dal documento di Abu Dhabi, che sembra porre tutte le religioni sullo stesso piano (“volute” da Dio) alla proposta dell’ordinazione femminile, all’attacco al celibato dei preti, alle infiltrazioni per distruggere la Chiesa dall’interno, e naturalmente alle proposte non cristiane presenti nel documento preparatorio del Sinodo.
E alla sparizione dei missionari tradizionali e degli ordini religiosi. John Henry Westen ha affermato sintetizzando, che essere preoccupati, e dirlo “non vuol dire che non si vuole bene a papa Francesco. In realtà non sarebbe amore glissare su tutte queste preoccupazioni monumentali e tacere su di esse, perché danneggiano lui più di tutti. Dovrà rispondere a Cristo nel Giudizio come tutti noi dovremo”. Sul documento di Abu Dhabi, che invece di essere corretto è stato diffuso da tutte le istituzioni cattoliche, è stato detto che la frase “La pluralità e diversità delle religioni, del colore, del genere e della razza e linguaggio sono volute da Dio nella Sua saggezza” è esplosiva: “Le implicazioni della frase sono evidenti: se Dio ha voluto… che esistano parecchie religioni , se ne può dedurre che tutte le religioni sono volontà divina e quindi ciascuno è libero di scegliere la religione che più gli si attaglia”.
Sabato si è invece svolto il convegno – centrato sull’Amazzonia e sul suo Sinodo – organizzato dall'Istituto Plinio Corrêa de Oliveira (IPCO). Fra i tanti interventi di valore ne ricordiamo, in sintesi estrema, due. Che smentiscono i luoghi comuni purtroppo ben presenti nel documento preparatorio del Sinodo, e nella mentalità di molti degli organizzatori. Il primo è quello di un indio, Jonas Marcolino Macuxi. I Macuxi sono un’etnia amazzonica, e Joans ha raccontato che fino a dodici anni di età cacciava e pescava. I suoi genitori erano analfabeti. Ha studiato matematica e si è laureato in diritto. È oggi uno degli esponenti della Società di difesa degli indigeni uniti del Roraima settentrionale. I macuxi nella Raposa Serra do Sol sono circa 12.000. Jonas dice che “il 70% è contro la delimitazione della riserva (…). Siamo integrati, dal 1988 abbiamo l’energia elettrica, automobili, bus e viviamo in villaggi produttivi. La maggioranza assoluta degli indios dell’Amazzonia brasiliana chiede di progredire. Il problema è che ci sono alcuni che vorrebbero farci tornare ancora all’età della pietra”.
E Luiz Carlos Baldicero Molion, metereologo brasiliano, professore e ricercatore all’Universidad Federal de Alagoas, ha detto in buona sostanza che non esistono mutazioni climatiche o riscaldamento globale prodotti dall’uomo ma variazioni naturali del clima. Esistono argomenti fisici concreti che suggeriscono che il riscaldamento globale tra il 1916 e il 1945 è stato causato dall’attività solare (la maggiore degli ultimi 400 anni). Oppure che il riscaldamento del 1976-2005, attribuito a attività umane, è invece stato causato dalla riduzione della copertura nuvolosa del 5% e dalla grande frequenza di eventi come El Niño. Per i prossimi anni è presente una tendenza al raffreddamento (aumenta la copertura nuvolosa) dell’Oceano Pacifico, che è il fattore più importante per il clima globale. In Europa nei prossimi anni ci saranno inverni più lunghi. Molion ha poi negato quel luogo comune secondo cui l’Amazzonia è polmone verde del mondo. Secondo Molion l’Amazzonia non è essenziale per la distribuzione delle piogge in altre regioni lontane dall’America del Sud, perché l’Amazzonia non è fonte di umidità per l’atmosfera. La foresta consuma più ossigeno di quanto ne produca. La foresta non produce acqua, in realtà, ma ricicla l’acqua caduta in piogge precedenti.
Certo, è da verificare quante di queste verità – e dubbi – potranno farsi strada in un Sinodo così ideologicamente prefabbricato e precostituito. Probabilmente molto poche, e l’esperienza dei sinodi precedenti ci dice che quello che accade dietro le alte mura vaticane influenza ben poco i risultati futuri dell’evento, stabiliti prima ancora che i lavori abbiano inizio.
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