venerdì 12 agosto 2016

La lezione di Newman sulla “religione del mondo”. «Hanno sacrificato la Verità ai vantaggi»


Messa di beatificazione di Newman, celebrata da
papa Benedetto XVI nel settembre 2010
foto Ansa


Articolo tratto dall’Osservatore romano – Anche se i cristiani sono chiamati a vivere la loro missione nel mondo, non sono affatto del mondo. In molti sermoni John Henry Newman parla della tentazione di un cristianesimo mondano, un pericolo frequentemente tematizzato anche da Papa Francesco. «La mondanità spirituale, che si nasconde dietro apparenze di religiosità e persino di amore alla Chiesa», così scrive il Pontefice nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, «consiste nel cercare, al posto della gloria del Signore, la gloria umana ed il benessere personale» (n. 93).

Il 26 agosto 1832 — all’età di solo 31 anni e all’inizio del Movimento di Oxford — Newman tenne un sermone su «La religione del giorno». Con questo termine intende una religione fatta dagli uomini, assumendo elementi cristiani che sono al momento piacevoli e ignorando altri che appaiono poco utili o in contrasto con il pensiero dominante. Un tale cristianesimo à la carte, che Newman chiama anche «religione del mondo», contiene molti aspetti veri, ma non tutta la verità. Il nostro predicatore usa qui un linguaggio molto forte: «Sappiamo benissimo dalle più comuni esperienze della vita che una mezza verità è spesso la più grossolana e dannosa delle menzogne». Nella “religione del mondo”, nella mondanità spirituale si possono vedere, in ultima analisi, le tracce del Maligno che è il «padre della menzogna» (Giovanni, 8, 44).

Secondo Newman, una tale “religione del mondo” è esistita in ogni epoca della Chiesa, anche se ha preso forme diverse nel corso della storia. Nei primi secoli cristiani «il mondo costruì, con l’aiuto dei filosofi del giorno, una contro-religione, in parte simile al cristianesimo, ma in realtà sua acerrima nemica». Ovviamente con queste parole Newman accenna alla gnosi, che fu una terribile minaccia per il cristianesimo e che rinasce ai nostri giorni per esempio sotto la forma del cosiddetto “New Age”. Più tardi, Satana inventò un secondo idolo da opporre al vero Cristo, costruendo una “religione del terrore”: scelse allora «il lato più oscuro del Vangelo, il suo tremendo mistero, la sua terribile gloria, la sua inflessibile giustizia sovrana», ignorando che «Dio è anche amore», con la conseguenza che «la nobile fermezza e la benevola austerità dei cristiani autentici rimasero offuscate da fantasmi truci, duri di sguardi e dalla fronte altera».

Dopo questo breve sguardo storico, Newman afferma che nel suo secolo la “religione del giorno” ha assunto una forma diametralmente opposta: «Ha scelto del Vangelo il suo lato più sereno: l’annuncio della consolazione, i precetti di reciproco amore. Rimangono così relativamente dimenticati gli aspetti più oscuri e più profondi della condizione e delle prospettive dell’uomo. È la religione naturale in un’epoca civile, e Satana l’ha accortamente ornata e perfezionata fino a farne un idolo della verità. Via via che la ragione prospera, via via che il gusto si forma e si raffinano gli affetti e i sentimenti, sarà inevitabile che alla superficie della società si diffonda, del tutto indipendentemente dall’influenza della rivelazione, un costume generale di onestà e di benevolenza».

Un secolo più tardi, il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, morto in un campo di concentramento, metterà in guardia, con simili parole, contro la «grazia a buon prezzo», che chiama il nemico mortale della Chiesa: «La grazia a buon prezzo è la predica del perdono senza penitenza, è il battesimo senza ascesi della comunità, è la cena senza la confessione dei peccati, è l’assoluzione senza pentimento personale. La grazia a buon prezzo è grazia senza sequela, grazia senza croce, grazia senza Gesù Cristo, Figlio di Dio vivo e incarnato».

Come Newman mostra, in questa nuova “religione del mondo” le virtù naturali sono generalmente apprezzate, i modi sono cortesi, la bellezza e la delicatezza di pensiero sono ritenute attraenti, certi vizi vengono disapprovati. Ma Dio e tutto il mondo del soprannaturale non vengono più ritenuti importanti, il peccato viene banalizzato, la verità relativizzata. In breve: si tratta di una religione fatta dall’uomo che accetta alcuni principi mondani, ma «abbandona un intero lato del Vangelo, cioè il suo carattere austero — Bonhoeffer parlerà in questo contesto della “grazia cara” — e ritiene basti essere benevoli, cortesi, candidi, corretti nella condotta, delicati, e che non include il vero timor di Dio, nessun vero zelo per il Suo servizio, nessun odio profondo del peccato, non l’adesione fervida alla verità dottrinale, nessuna speciale sensibilità intorno ai singoli mezzi adatti a raggiungere i fini, purché siano buoni i fini, nessuna lealtà di sudditanza alla santa Chiesa apostolica di cui parla il credo, nessun senso dell’autorità della religione se non all’interno della mente: in una parola, una dottrina che non ha serietà, e perciò non è calda né fredda, ma (secondo la parola della Scrittura) è semplicemente tiepida».

Newman ritiene che questa “religione del mondo” sia ormai dominante, perché «non abbiamo agito spinti dall’amore della verità, bensì sotto l’influsso dei tempi». Non pochi fedeli hanno di fatto equiparato la venuta del regno di Cristo con il progresso della civiltà moderna: «Hanno sacrificato la Verità ai vantaggi». Ignorano che tutti gli uomini sono prigionieri del peccato e bisognosi della grazia di Dio per essere salvati e che Gesù ci invita a sforzarci quando parla, per esempio, della porta stretta e della via angusta (cfr. Matteo, 7, 14). Molti pensano che «non occorre spaventarci, che Dio è un Dio di misericordia, che basta emendarsi per cancellare le trasgressioni, che il mondo, tutto sommato, è ben disposto verso la religione, che non è bene eccedere nella serietà, che in tema di natura umana non si debbono avere idee ristrette. Ecco dunque il credo degli uomini che non hanno alcun pensiero profondo».

Newman sa che «la pace dello spirito, la tranquillità della coscienza e la letizia dell’espressione rappresentano un dono del Vangelo e il distintivo del cristiano», ma aggiunge che «i medesimi effetti possono derivare da cause ben diverse. Giona dormì durante la tempesta, e lo stesso fece Nostro Signore. Ma l’uno riposava in una sicurezza malvagia; l’Altro nella pace di Dio che supera ogni comprensione. Le due condizioni non sono passibili di confusione, sono perfettamente distinte come è diversa la calma dell’uomo di mondo da quella del cristiano». Oggi molti vivono come Giona che fuggì davanti a Dio, non riconobbe la sua colpa e si accontentò di una pace solo apparente. Una simile quiete e una tale pace, tuttavia, non hanno alcuna durata.

Newman indica, insomma, quale sia la giusta risposta alla sfida della “religione del mondo”: la sintesi dei diversi aspetti della fede cristiana, che è fondamentale per ogni approccio veramente cattolico. Decisiva è innanzitutto l’immagine di Dio che deve suscitare nel nostro cuore, sia amore sia riverenza: «Il timor di Dio è il principio della sapienza, fino a quando non vedrete Dio come un fuoco consumatore, e non vi avvicinerete a Lui con riverenza e con santo timore, per il motivo di essere peccatori, non potrete dire di essere nemmeno in vista della porta stretta. Il timore e l’amore devono andare insieme; seguitate a temere, seguitate ad amare fino all’ultimo giorno della vostra vita». Da questa profonda conoscenza di Dio segue il riconoscimento della propria peccaminosità e la fiducia nella misericordia di Dio: «Finché non conoscerete il peso delle vostre colpe, e non semplicemente con la fantasia, ma in pratica, non semplicemente per confessarle con una frase di formale contrizione ma quotidianamente e nel segreto del vostro cuore, non potrete accogliere l’offerta di misericordia che il Vangelo vi porge attraverso la morte di Cristo».

Questi atteggiamenti conducono i fedeli all’abbandono amoroso a Dio e all’impegno serio per il bene: «La vostra conoscenza delle colpe aumenterà con l’aumentare della visione della misericordia di Dio nel Cristo. È questa la vera condizione cristiana e la massima somiglianza alla calma del Cristo e al suo placido sonno durante la tempesta cui sia possibile giungere; non saranno la perfetta gioia e la perfetta certezza che appartengono al cielo, ma una profonda rassegnazione alla volontà di Dio, un abbandono di noi stessi, corpo e anima, a Lui; senza dubbio nella speranza di essere salvi, ma fissando gli occhi più su Lui che su noi stessi, vale a dire, agendo per la Sua gloria, cercando di compiacerlo, dedicandoci a Lui con virile ubbidienza e intensità di buone opere».

Il monito di Newman circa la “religione del mondo”, che adatta il Vangelo allo spirito del tempo e si esprime in un cristianesimo tiepido, superficiale e puramente orizzontale, ha tuttora un’attualità tremenda. Non a caso Benedetto XVI, nel suo famoso discorso del 25 settembre 2011 nel Konzerthaus di Freiburg, ha invitato la Chiesa a un distacco dal mondo.

Papa Francesco continua questo programma con decisione. «Quando camminiamo senza la Croce», ha ribadito nell’omelia durante la sua prima messa con i cardinali dopo l’elezione alla cattedra di Pietro, «quando edifichiamo senza la Croce e quando confessiamo un Cristo senza Croce, non siamo discepoli del Signore: siamo mondani, siamo vescovi, preti, cardinali, papi, ma non discepoli del Signore».



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