sabato 27 febbraio 2016
Resistere all'autodemolizione della Chiesa, denuciare l'ambiguità
Circolo Plinio Correa de Oliveira
“Confusione” è la parola più utilizzata in autorevoli commenti per trarre un bilancio del periodo che abbraccia il prima, il durante e il dopo dei due Sinodi sulla famiglia. Infatti, questo periodo tanto denso nelle discussioni quanto nebuloso nella percezione dell’opinione pubblica, fu inaugurato dall’ormai celebre discorso pronunciato dal cardinale Walter Kasper nel Concistoro del febbraio 2014, che subito rimbalzò sui titoli dei più grandi media del mondo, alimentando in seguito una continua e crescente disputa, ad intra e ad extra dell’aula sinodale, fra quelle che il sacerdote gesuita Antonio Spadaro ha definito «due diverse visioni del rapporto tra la Chiesa e la Storia».
“Disorientamento” è stato, del resto, il termine usato dagli oltre 850 mila fedeli che hanno firmato una Supplica Filiale a Papa Francesco sul futuro della Famiglia chiedendogli di dire una parola di chiarezza sulla situazione creatasi dopo il pronunciamento del cardinale Kasper.
“Disorientamento” e “confusione” sono, infatti, parole chiave per descrivere quanto sta accadendo nelle menti e nelle coscienze dei cristiani per quanto riguarda l’insegnamento e la prassi della Chiesa sulla morale naturale e cristiana nei confronti della famiglia, tema centrale per la nostra rivista e per la nostra associazione. Questo disorientamento va dimostrando giorno dopo giorno di essere nient’altro che la continuità, terribilmente aggravata, di quel fenomeno già descritto da Giovanni Paolo II agli albori del suo pontificato, quando stilava il bilancio degli anni precedenti: «Bisogna ammettere realisticamente e con profonda e sofferta sensibilità che i cristiani oggi in gran parte si sentono smarriti, confusi, perplessi e perfino delusi, si sono sparse a piene mani idee contrastanti con la Verità rivelata e da sempre insegnata, creando dubbi, confusioni, ribellioni».
Un’analisi lucida e coraggiosa
A questo “smarrimento” dei fedeli viene in soccorso la lucida e coraggiosa analisi che mons. Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Santa Maria di Astana, ci offre della Relatio Finalis del Sinodo. Nello studio dal titolo «Una porta posteriore per una pratica neo mosaica», mons. Schneider, pur riconoscendo che nella suddetta Relatio si riscontrano delle verità chiaramente e bellamente affermate, riferendosi ai numeri 84-86 del Capitolo III (sulla molto discussa questione dei “divorziati risposati”), asserisce che il testo rappresenta in questi punti un «serio allontanamento» dal comandamento divino di dire “sì, sì, no, no” (Mt 5, 37), optando invece per «tattiche offuscanti» che usano espressioni ambigue come “una più piena partecipazione alla vita della Chiesa” oppure “discernimento” e “integrazione”.
Il risultato è che con «queste tattiche offuscanti la Relatio Finalis di fatto mette delle bombe a tempo e apre una porta posteriore all’ammissione dei divorziati risposati alla Sacra Comunione, causando così la profanazione dei due grandi sacramenti del Matrimonio e dell’Eucaristia e contribuendo, almeno in modo indiretto, alla diffusione della piaga del divorzio». Per mons. Schneider questi passaggi della Relatio sono stati stesi con una «abile e sofisticata ambiguità».
Gli innovatori si rallegrano
Non sarebbe, dunque, per nulla priva di fondamento la conclusione che ne traggono alcuni dei più celebri nomi che si sono spesi apertamente in favore di una riforma della posizione della Chiesa per quanto riguarda l’adulterio e il concubinato. Scrive mons. Schneider che «i cardinali Kasper e Nichols e l’arcivescovo Forte, per esempio, affermano che secondo la Relatio Finalis si può presumere che in una certa maniera si è aperta una porta per la Comunione ai divorziati risposati», aggiungendo che esiste un buon numero di «vescovi, sacerdoti e fedeli che si rallegrano per questa porta aperta che si trova nel Rapporto Finale. Invece di guidare i fedeli con un insegnamento chiaro e univoco, la Relatio Finalis causa una situazione di oscuramento, confusione, soggettivismo e un particolarismo dottrinale e disciplinare che non è cattolico, in una materia essenzialmente connessa al deposito della fede trasmesso dagli Apostoli».
“Siate quelli che mettono in pratica la parola” (Gc 1, 22)
Il presule kazako segnala inoltre la grave incoerenza che rappresenta l’aver omesso che un vero accompagnamento pastorale e misericordioso non può non far vedere a queste coppie di essere in una stato di “scandalo pubblico”, dal quale solo si esce con l’umiltà di riconoscere lo stato peccaminoso. Anzi il numero 84 chiede “una ammissione dei divorziati risposati a uffici liturgici, pastorali ed educativi”, mentre in realtà con la loro vita danno «una pubblica anti-testimonianza contro l’indissolubilità del matrimonio e contribuiscono alla cultura del divorzio». Tutto questo contraddice in modo netto, secondo lo studio del vescovo, l’insegnamento della Lettera di san Giacomo: “Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi” (Gc 1, 22). «Di fatto, questi (paragrafi) dicono a loro (i divorziati risposati) che il loro peccato di adulterio non è peccato e neppure adulterio o, almeno, che non è peccato grave e che non c’è un pericolo spirituale nel loro stato di vita».
Mons. Schneider, valente patrologo, esalta la grande attualità di parole come quelle pronunciate da un san Basilio o un sant’Ireneo. In una lettera al Papa Damaso, san Basilio scrive “Le leggi della Chiesa sono nella confusione (…) ognuno cammina d’accordo ai desideri del proprio cuore. Gli uomini di autorità temono di parlare giacché coloro che hanno ricevuto il potere per interesse umano sono schiavi di quelli ai quali devono la propria carriera (…). Nel frattempo i miscredenti ridono, gli uomini di fede debole traballano, le fede diviene incerta, le anime sono imbevute dell’ignoranza a causa di coloro che adulterando le parole imitano la verità (Ep. 92,2)”.
Una parola ferma e di speranza
Conclude mons. Schneider: «Tutti i periodi di confusione nella storia della Chiesa sono allo stesso tempo un’occasione per ricevere molte grazie di forza e di coraggio e una opportunità per dimostrare il proprio amore a Cristo, Verità Incarnata. Ad Egli tutti i battezzati, tutti i sacerdoti e vescovi hanno promesso inviolabile fedeltà, ognuno secondo il proprio stato: con i voti battesimali, con le promesse sacerdotali, con la solenne promessa della ordinazione episcopale»; quest’ultima impegna infatti a conservare “puro e intatto il deposito della fede conforme alla tradizione che sempre e ovunque è stata preservata dalla Chiesa”. «L’ambiguità che si riscontra nella sezione riguardante i divorziati risposati nella Relatio Finalis contraddice il suddetto voto episcopale solenne. Ciò nonostante, tutti nella Chiesa, dai semplici fedeli a coloro che detengono il Magistero, dovrebbero dire:
“Non possumus!” Non accetterò un discorso offuscato né un’abilmente mascherata via di fuga per la profanazione dei sacramenti del Matrimonio e della Eucaristia. Allo stesso modo non accetterò una beffa del Sesto Comandamento di Dio. Preferisco essere ridicolizzato e perseguitato che accettare testi ambigui e metodi insinceri. Preferisco la cristallina “immagine di Cristo la Verità che quella della volpe ornata con gemme” (sant’Ireneo) perché “so infatti a chi ho creduto”, “Scio, cui credidi” (2 Tm,1, 12)».
(Rivista Tradizione, Famiglia, Proprietà - Dic. 2015 - Titolo originale "Confusione")
fonte messainlatino.it
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento